Non esiste una formula standard per trasporre un testo letterario in un’opera cinematografica: ciascun progetto esige un approccio diverso. Si può riassumere così il colloquio con uno dei più apprezzati registi croati, Branko Schmidt, tenutosi ieri alla Biblioteca civica di Fiume nell’ambito della ottava edizione dell’History Film Festival. L’appuntamento con il regista, moderato dallo scrittore Nikola Petković, ha voluto offrire uno sguardo approfondito sull’arte dell’adattamento cinematografico anche attraverso la proiezione di spezzoni tratti da quattro film e una serie firmata da Schmidt e basati su opere letterarie.
Un approccio sempre diverso
Nell’introdurre l’autore, nato a Osijek nel 1957, Petković ha spiegato che attualmente Schmidt sta lavorando all’adattamento del pluripremiato romanzo “Listanje kupusa” di Igor Beleš (noto al pubblico fiumano, tra l’altro, anche come membro del gruppo letterario fiumano Ri Lit). Il regista si è detto felice di partecipare anche quest’anno all’HFF e ha sottolineato che ciascun testo letterario che viene adattato per una sceneggiatura richiede una “formula” diversa.
“L’esperienza che uno acquista lavorando a un adattamento non è necessariamente un vantaggio al prossimo progetto, in quanto quest’ultimo esigerà un approccio completamente diverso”, ha puntualizzato il regista, facendo l’esempio del suo lavoro all’adattamento del romanzo “Listanje kupusa”, al quale sta lavorando assieme a Beleš. “Recentemente avevamo candidato la sceneggiatura al concorso per l’assegnamento dei fondi indetto dal Centro audiovisivo croato (HAVC) e non siamo riusciti a superare la selezione. Per questo motivo, dovremo lavorare ancora per ottenere uno scritto che venga apprezzato dalla commissione”, ha spiegato Schmidt, rilevando che per certi film sono state necessarie anche duecento versioni della sceneggiatura, mentre per altri ne sono state scritte appena tre prima di arrivare a quella finale.
Molto difficile adattare capolavori
In questo contesto ha aggiunto pure che è molto più difficile adattare una pièce teatrale o un romanzo che sono dei capolavori, in quanto in questo caso è arduo “liberarsi” dalla potente “voce” dell’autore. Inoltre, un’opera di questo rango è di solito letta da un vasto pubblico che inevitabilmente nutre delle aspettative nei confronti dell’adattamento cinematografico e ciascun lettore ha una propria visione di ciò che dovrebbe trovarsi sullo schermo. “Più bravo lo scrittore, più presente è nella testa di chi adatta la sua opera – ha sottolineato Schmidt –. Per questo motivo, è necessario ‘smembrare’ completamente lo scritto, prendersi il tempo di ‘liberarsi’ dallo scrittore e mantenere l’essenza della sua opera. È molto più facile realizzare un adattamento di uno scrittore mediocre”, ha puntualizzato il regista.
È stato quindi presentato uno spezzone del film “Sokol ga nije volio” del 1988, il primo lungometraggio firmato da Schmidt, basato sull’opera teatrale firmata dal grande attore croato Fabijan Šovagović. Come spiegato da Schmidt, la pièce fu un grande successo teatrale negli anni Ottanta e andò in scena per sette anni. La storia si basa su una vicenda verificatasi nella famiglia di Šovagović alla fine della Seconda guerra mondiale e legata ai destini di coloro che nello Stato croato indipendente (NDH) scelsero di unirsi alle forze armate degli ustascia, oppure vennero costretti ad arruolarsi, e che vennero uccisi dai partigiani alla fine della guerra durante la lunga marcia di Bleiburg. Nonostante la pièce fosse stata vista da migliaia di persone in più di 700 rappresentazioni teatrali, la censura non ebbe nulla da ridire fino a quando la storia non divenne un’opera cinematografica, il che è una dimostrazione del potere del cinema. Come spiegato da Schmidt, nella serata della première del film a Vinkovci, sia Šovagović che egli stesso vennero scortati in questura e interrogati, accusati di essere dei simpatizzanti degli ustascia. Ebbero seri problemi con l’UDBA, ma il film non fu archiviato grazie all’intervento dell’ex professore di Schmidt, l’unico premio Oscar croato Dušan Vukotić (premiato per il cartone animato “Surogat” nel 1961), che in veste di capo della commissione artistica per la censura decise di non proibire la proiezione del film dicendo che “i tempi sono cambiati e di certe cose è necessario parlare”.
L’interessante colloquio, che ha visto anche interventi dal pubblico, è proseguito con le proiezioni di spezzoni di film “Metastaze”, “Ljudožder vegetarijanac” e “Đuka Begović”.
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