Giallo: molto più di un colore

Dai celebri libri tascabili a un genere cinematografico che conquista

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Giallo: molto più di un colore
Dario Argento davanti a uno dei pannelli della mostra a lui dedicata allestita a Torino. Foto: NICK ZONNA/IPA-AGENCY.NET/IPA

Il genere Giallo – che in Italia prende il nome dai romanzi popolari di genere poliziesco, pulp pubblicati agli inizi del XX secolo dalla Mondadori –, ha generato alcuni dei film più inventivi e audaci degli anni Settanta. La maggior parte dei romanzi tascabili aveva copertine opache con illustrazioni delimitate da un cerchio posto su uno sfondo di una tonalità brillante di giallo. Il marchio Giallo è diventato talmente iconico da rappresentare un genere che ha travalicato la letteratura per abbracciare opere cinematografiche, teatro e fatti di cronaca. Dai romanzi pulp italiani si è poi distinto nel mezzo cinematografico per serial killer, sangue e copiosa nudità femminile. Con la recente uscita nelle sale italiane dell’ultimo film di Dario Argento, “Occhiali neri”, mi pare sia questo un buon momento per crogiolarsi nella nostalgia e dare uno sguardo al genere che ha definito la carriera di Argento fin dall’inizio: il film Giallo, appunto.

Il lato cattivo nell’uomo
Il male nel Giallo anni ‘70 era di solito interpretato da uomini, si crogiolava nell’oggettivazione femminile e nella violenza contro le donne, anche se i migliori film del genere scavavano nella debolezza maschile, mettendo spesso in primo piano i personaggi femminili. Sempre negli anni ‘70 i misteri di omicidi del genere Giallo hanno rappresentato alcuni dei più audaci film europei grazie alla “sacra triade” di maestri come Dario Argento, Lucio Fulci e Mario Bava. Film come “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Torso (I corpi presentano tracce di violenza carnale)” e “Una lucertola con la pelle di donna”, sono stati capaci di mescolare sanguinolenze in stile Grand Guignol, trame barocche, tecnica cinematografica di ripresa ed effetti artigianali mozzafiato per la loro inventiva.

Locandine dei film di Dario Argento esposte nella Mole Antonelliana – Museo Nazionale del Cinema.
Foto: NICK ZONNA/IPA-AGENCY.NET/IPA

La «triade sacra» dei Maestri
Argento avrebbe definito il genere con la sua trilogia che comprende il citato “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Quattro mosche di velluto grigio” e “Il gatto a nove code”, dei thriller dalla trama serrata con scene di violenza rese con tutta l’abilità e la bellezza che ci si aspetta di vedere in una coreografia. Argento è un regista noto, ma coloro che sono rimasti delusi dai suoi film successivi, potrebbero trovare delle belle sorprese in questi primi lavori. La meravigliosa musica di Ennio Morricone dà certamente a questi film una marcia in più. E se Argento può essere uno dei più noti registi di film gialli, è Mario Bava ad aver fatto nascere e ampiamente accreditare il genere. Il thriller del 1963 “La ragazza che sapeva troppo” è un film con una trama che sarebbe diventata un format, una guida per i film successivi: una ragazza viene braccata da un killer pazzo dopo aver assistito accidentalmente a un crimine. Con “Sei donne per l’assassino”, del 1964, Bava raggiungerà il trionfo. Ogni film successivo sarebbe rimasto in debito con questo racconto di un assassino orribilmente sfregiato che dava la caccia a un gruppo di modelle. L’esplicito contrappunto stilistico di sesso e morte fu rivoluzionario; il cinema non sarebbe stato mai più lo stesso. L’altro grande Maestro, il prolifico Lucio Fulci, non ha mai rifiutato l’opportunità di guadagnare da una mania cinematografica e ha prodotto alcune delle sue opere più forti sotto la bandiera del Giallo. Uno dei miei preferiti è pura follia già nel titolo: “Non si sevizia un paperino” (1972). È una sorta di “whodunit” (da Who [has] done it?, nda) inquietante, un gioco complesso costruito su omicidi di bambini in cui l’identità dell’assassino rimane sconosciuta fino alla fine. La rappresentazione raccapricciante, insulare e superstiziosa della vita rurale italiana del film non conquistò i fan di Fulci in patria; le sue frecciate al vetriolo contro la Chiesa cattolica aggravarono la sua posizione tanto da vedersi inserito nella lista nera. Oltre la Censura e la critica negativa del celebre Morando Morandini, che in tempi più recenti ha rivalutato il suo giudizio, al regista arrivò pure una denuncia per lettera anonima dal Tribunale in cui venne chiamato a rispondere della scena in cui Barbara Bouchet posava nuda davanti a un bambino. Su come il regista ne uscì “scagionato” si potrebbe scrivere un ulteriore articolo, qui mi limito ad accennare che in sede di processo il regista dimostrò come il bambino di spalle era un nano imbalsamatore noto alle cronache con l’appellativo “Nano di Termini”. Fulci temeva anche una possibile causa legale da parte della Disney visto che la traduzione in inglese del titolo italiano sarebbe: “Don’t Torture Donald Duck…”. In seguito Fulci passerà ai film horror, dei quali fu iniziatore insieme al regista George Andrew Romero, noto al pubblico per film diventati seriali come quelli sui Zombi sui morti viventi.

Un buon compromesso
Il mondo del Giallo al cinema è molto più profondo e complesso di quanto io possa comunicare in uno spazio così breve. Una rapida ricerca su Internet rivelerà molti siti di cultori, tutti con le loro raccomandazioni, che vi porteranno ben al di fuori del sentiero battuto dell’asse Argento/Bava/Fulci. Come per me nella scoperta di film inglesi come “Censor”, o “Barberian sound studio”, che mantengono anche quella sorta di “goffaggine”, che non dovrebbe mancare in un Giallo, interessante senza per questo diventare arte elevata. Si possono trovare nuovi film Gialli variegati al Thriller, che scartano quanto potrebbe essere datato e mantengono non solo un’estetica elevata, ma anche l’attenzione al trauma, alla percezione e al genere nell’accezione di uno sguardo femminile. Ma con la loro violenza stilizzata, la trama densa, una verità che posso assolutamente garantire a qualsiasi neofita del Giallo è questa: anche se non piace, difficilmente risulta noioso. Ma quello che forse rende il Giallo ancora interessante è che non è né trash né arte, ma un buon compromesso.

Suspiria, un film cult.
Foto: NICK ZONNA/IPA-AGENCY.NET/IPA

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