Generazione Z: la sfida del futuro tra ansia e incertezze

Ha debuttato al Teatro di Capodistria il musical «La nostra famiglia», frutto di una collaborazione transfrontaliera per la regia di Marjan Nećak. Lo spettacolo stratificato interroga e comunica valori profondi

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Generazione Z: la sfida del futuro tra ansia e incertezze
Gli attori con Marjan Nečak, Saša Eržen e Klemen Janežič. Foto: MARIANGELA PIZZIOLO

Dopo essere stati richiamati più volte sul palco dagli applausi del pubblico, gli attori sono corsi dietro alle quinte, dove sono esplosi in un urlo di gioia e soddisfazione. Perché la première de “La nostra famiglia/Naša familija”, andata in scena al Teatro di Capodistria, è stata un vero successo, che ha emozionato tanto gli spettatori quanto gli interpreti. Il musical, nato da un caos creativo e da una schizofrenia linguistica, è il frutto di una collaborazione transfrontaliera tra il Teatro Stabile Sloveno di Trieste, il Dramma Italiano del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume e il Teatro di Capodistria.

Sotto la guida del regista Marjan Nećak, con testi e canzoni di Saša Eržen e la coreografia di Klemen Janežič, “La nostra famiglia” ha unito le forze di un cast eterogeneo e talentuoso. Sono stati selezionati attori di spicco, come Leonora Surian, Andrea Tich, Serena Ferraiuolo ed Elena Brumini del Dramma Italiano, Rok Matek, Mak Tepšić e Blaž Popovski del Teatro di Capodistria, Pia Skvarča, Urša Kavčič e Danijel Malalan per il Teatro Stabile Sloveno.

Tracce di speranza
La trama ruota attorno a sette adolescenti orfani che vivono in una vecchia villa, sotto la guida dell’educatore familiare Marko. Dall’altra parte della città, vivono invece il ricco uomo d’affari Luka Dicaprio e sua moglie Laura. Quest’ultima rimane molto colpita dall’incontro con una degli adolescenti presso una clinica di ginecologia, che fa nascere in lei il desiderio di adottarla. Nel frattempo, i ragazzi devono affrontare la brutta notizia di un possibile sfratto, dovuta alla grave malattia del loro educatore. Scelgono di partecipare a un Talent show, la cui vittoria in denaro significherebbe poter salvare la loro casa. La loro canzone “Siamo il futuro” gli riserva però solo il secondo posto, troncando così il loro sogno. Un colpo di scena li attende al ritorno: qualcuno ha comprato la villa, assicurando che i ragazzi vi possano permanere.

La denuncia della società
I sette orfani rappresentano simbolicamente la Generazione Z, una generazione spesso descritta come afflitta da ansie, incertezze e da una percezione del futuro limitata. La loro condizione di “orfani” diventa una potente metafora di una fascia che si sente trascurata e non ascoltata dagli adulti, nonostante rappresenti il testimone più attento della transizione ecologica e sociale in corso. “Noi siamo la Gen Z e tu sei troppo cieco per vedere in che direzione sta andando il mondo. A noi serve una soluzione, a noi serve una rivoluzione” cantano i protagonisti, denunciando con giovane rabbia un sistema capitalista che li soffoca e li esclude.
Parallelamente, il personaggio di Laura Dicaprio incarna un bisogno antropologico fondamentale: quello della cura. Soddisfatta, ricca, realizzata, concentrata sul proprio aspetto e sul proprio benessere, arriva alla consapevolezza che la cura del sé non basti. Non le bastano la dieta di avocado ispirata a quella di Victoria Beckham e nemmeno la sua bella casa. Ha bisogno di prendersi cura di qualcuno che sia al di fuori del suo ego.

Un lavoro corale
Questo spettacolo, comunque, si presta a molte altre interpretazioni, come ha sottolineato il direttore del Dramma Italiano dello “Zajc” di Fiume, Giulio Settimo: “Il musical nasconde più livelli, comunicando qualcosa di diverso a ciascuno spettatore, sia un giovane di 12 anni o un adulto”. La collaborazione tra i tre teatri ha dato vita a uno spettacolo stratificato che interroga e comunica valori profondi. “La famiglia non è solo una questione di sangue e di tetto, ma può essere chiunque ti accetti per quello che sei. Chiunque ti circondi con le sue attenzioni, la sua gentilezza e la sua appartenenza per farti sentire a casa”, ha scritto il regista Marjan Nećak. Una famiglia plurilinguistica e intergenerazionale è sicuramente quella che si è creata tra il cast e i tecnici. Marjan Nećak è stato unanimemente lodato come un genio creativo, capace di leggere le potenzialità degli attori e di orchestrare un lavoro corale che ha fatto emergere il meglio di ciascuno, costruendo un gruppo affiatato e unito da una profonda amicizia. Inizialmente, il progetto doveva essere finanziato con fondi europei, ma quando si è compreso che questo avrebbe limitato la qualità del lavoro, i tre Teatri hanno deciso di aumentare la propria quota di finanziamento, garantendo così una produzione di alto livello. Lo spettacolo ha già in programma venti repliche, con debutti previsti il 5 novembre a Fiume e successivamente a Trieste.

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