Fuoco sotto le elezioni. Gli incidenti di Spalato, Trieste e Maresego

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Fuoco sotto le elezioni. Gli incidenti di Spalato, Trieste e Maresego

CAPODISTRIA | L’incidente del Balkan a Trieste messo in correlazione con quello di Spalato e di altre città dell’Adriatico orientale. Tutti focolai di dissenso e contrapposizione tra la fazione italiana e quella slava che esplosero a seguito del passaggio della Venezia Giulia e Dalmazia dall’Austria all’Italia. Sono questi gli argomenti, analizzati con rigore scientifico e filologico, e supportati da materiali inediti, dalla studiosa capodistriana Valentina Petaros Jeromela, nel volume “1918-1921. Fuoco sotto le elezioni. Gli incidenti di Spalato, Trieste e Maresego” (Luglio Editore, Trieste, 2018), da poco presentato al pubblico italiano. Occasione per la quale abbiamo contattato l’autrice per alcune domande legate alla genesi della pubblicazione.

“Nel 2003, sono andata per la prima volta nell’Archivio di Stato di Zara per inventariare il fondo del Comune, e durante uno dei tanti soggiorni di studio mi sono imbattuta nel nome dell’Ammiraglio Enrico Millo, un fine stratega e militare italiano, che dal 1918 al 1920 fu Governatore della Dalmazia – esordisce Velentina Petaros Jeromela –. In seguito, quando l’Ente che mi ha commissionato la ricerca ha ottenuto i finanziamenti, ho potuto iniziare a inventariare i fondi del Governatorato della Dalmazia e del Commissariato civile, conservati presso il medesimo archivio di Stato. Da lì sono nati i primi quattro articoli pubblicati sui “Quaderni” del Centro di ricerche storiche di Rovigno e in seguito raccolti in un unico volume dall’ANVGD di Genova. Contemporaneamente, ho continuato a raccogliere materiale inerente l’attività di Enrico Millo, personaggio attorno al quale si sviluppò tutta una serie di avvenimenti completamente sconosciuti, ma connessi tra loro da profonde similitudini. Si tratta di quelli legati all’incidente di Spalato, che portò ai fatti accaduti a Trieste e poi l’ultimo quello di Maresego, un villaggio slovenofono alle spalle di Capodistria”.

Qual è il significato del titolo “1918-1921. Fuoco sotto le elezioni. Gli incidenti di Spalato, Trieste e Maresego”?

“Il solo titolo, ‘Fuoco sotto le elezioni’, è inteso a evidenziare i tantissimi incidenti accorsi lungo i territori orientali e in quelli nuovamente annessi all’Italia, proprio durante le elezioni per scegliere i rappresentanti alla Camera dei Deputati. Nel titolo sono evidenziati quelli delle città di Spalato, Trieste e Maresego, in quanto, essendo passati alla storia, sono considerati ‘maggiori’ rispetto agli incidenti accorsi nelle altre città dell’Adriatico orientale”.

Quali furono gli incidenti di cui parla nel volume?

“Il primo incidente che prendo in esame è l’episodio di Spalato accaduto l’11 luglio 1920, con l’uccisione di due marinai italiani, che ha avuto come conseguenza l’incidente del Balkan di Trieste, avvenuto due giorni dopo, il 13 luglio. Dall’incidente maturarono poi altre attività propagandistiche dei comitati filo-jugoslavi presenti a Trieste, come l’Edinost che non era solo il giornale ma un vero e proprio partito politico e le attività del biennio rosso, che a loro volta favorirono le circostanze in cui si ebbe lo scontro a Maresego, dove tre ragazzi aderenti al Blocco Nazionale che portavano le schede elettorali, furono uccisi. Sono tutte vicende che ripercorro introducendo nuovi elementi, come l’autopsia dei marinai morti nell’incidente di Spalato e l’atto d’accusa della Procura di Stato con le indagini dei carabinieri per quanto concerne l’incidente di Maresego. I documenti consultati evidenziano come le pallottole che ferirono a morte i due militari a Spalato furono sparate da due militari jugoslavi dall’alto verso il basso. Mentre quelle dei marinai italiani furono sparate dal basso verso l’alto e solo di rimbalzo colpirono a morte una persona. A sparare, dalla riva verso gli italiani, furono dei militari serbi che si erano uniti ai corpi militari americani coordinati dall’ammiraglio statunitense Andrews, titolare poi anche dell’inchiesta sull’incidente. Inoltre, il 25 giugno, vi fu un’altra aggressione sempre ai danni di militari italiani; in quest’occasione fu indotta dal nazionalista serbo Lovrić, poeta e nazionalista jugoslavo che la stampa locale faceva­ contrapporre, moralmente, a D’Annunzio. Questo D’Annunzio serbo, che si trovava a Spalato per una conferenza, incitò la folla presente e l’indirizzò sulle rive, dove altri militari furono aggrediti, ma in quest’occasione furono difesi dalla Polizia di Stato jugoslava. Altri scontri si sono avuti nei giorni e nei mesi antecedenti ai fatti di Maresego e tutti insieme favorirono e stimolarono l’odio tra le fazioni; la campagna elettorale s’inasprì moltissimo.
Il 10 febbraio del 1921 la tipografia dell’Edinost fu devastata; l’8 marzo dieci fascisti arrivarono in camion a Isola d’Istria e appiccarono il fuoco nei locali, dove aveva sede la Camera del lavoro; in aprile vi fu un altro scontro a Villa Decani, dove sedici fascisti incendiarono i locali dove aveva sede il Circolo comunista. Di contro al piano terreno della Casa di Cultura, dove aveva sede l’albergo Balkan, si è trovato un arsenale ed ecco perché tutto l’edificio bruciò quella sera del 1920! Mentre, nel 1921, si ebbero vari ritrovamenti consistenti di materiale esplosivo: i carabinieri di Trieste durante le perquisizioni nella periferia svolte nella notte che precedette le elezioni (14 maggio 1921) trovarono più di 200 bombe e dalle indagini risultò che furono depositate dall’organizzazione denominata “guardie rosse comuniste”. Ma non basta, sempre la stessa notte, un gruppo di 40 comunisti sparò contro un gruppo di fascisti e repubblicani, unitisi per le elezioni, mentre affiggevano manifesti elettorali per Capodistria”.

Nel presentare questi fatti, come si articola il volume?

“L’indagine storica è divisa in quattro capitoli. Il primo riassume la situazione storica. Poi nel secondo sono analizzate le elezioni del 1921, come prime elezioni in Italia con le terre di nuova annessione; la Venezia Giulia (Trieste, Gorizia) e Pola con Zara. Nel terzo capitolo parlo di Sergio Dompieri, in altre parole l’avvocato delle tre vittime di Maresego, il quale era in contatto anche con il Governatore della Dalmazia, Enrico Millo. Il quarto e conclusivo capitolo è dedicato invece al rapporto americano sulla loro missione di pace in Dalmazia. Ovvero il punto di vista americano sull’intervento in Dalmazia nel periodo ’18- ’21”.

Il volume è il frutto di una ricerca d’archivio. Come ha svolto le indagini?

“La documentazione d’archivio spesso non restituisce l’immagine storica che si ha di un determinato evento o addirittura periodo storico. Ad esempio, la tensione politica in cui maturano gli eventi che portarono all’incidente di Spalato, con la morte di due militari italiani, viene analizzata nell’aspetto più ascetico: i rapporti militari. Ho voluto completare la ricostruzione di questo fatto luttuoso, sollevando i testi militari dall’eccesso di zelo, aggiungendo la cronaca dei giornali dell’epoca ma anche attraverso il confronto delle autorevoli testimonianze già edite. E comunque il mio metodo non è storico ma filologico: significa che metto i fatti in sequenza per capirne l’origine, così come vuole la ricostruzione delle ultime volontà dell’autore in filologia. Capita l’origine, o almeno identificato il testo più antico che testimonia l’evento che stiamo analizzando, aggiungo gli altri e così rinasce anche la storia degli eventi stessi. È un approccio scientifico in campo storico”.

Nel volume lei parla anche di un primo esodo. Di che cosa si tratta?

“Fu quello della popolazione italiana che decise di esodare dalla Dalmazia dopo la fine della Grande Guerra. Scelse di farlo in quanto con il passaggio dall’amministrazione austriaca a quella italiana comportava tutta una serie di difficoltà e ostacoli. Problemi cocenti erano infatti, la cittadinanza, la sovrapposizione legislativa e la coesistenza del diritto italiano e austriaco, la presenza di militari e di impiegati ex austriaci, croati e la loro posizione economica che andava parificata con quella degli impiegati italiani, i confini, i danni di guerra. Tutti fatti che comportavano anche un iter burocratico, come il passaggio di proprietà. In ogni modo non si prospettava un futuro positivo per gli italiani della Dalmazia. E quindi tante persone scelsero di abbandonare tutto, non solo gli immobili, ma anche beni economici nelle banche, conti correnti, documenti e tante altre cose”.

Quali sono le conclusioni cui è arrivata grazie alle ricerche?

“Le conclusioni maggiori, oltre alle ricostruzioni degli incidenti, sono legate all’ammiraglio Enrico Millo, quale Governatore della Dalmazia, dell’isola di Curzola e delle isole dalmate, sostituito nella carica di commissario civile dal prefetto Bonfanti Linares alla fine del 1920. Millo ha svolto il suo compito così come gli è stato assegnato e richiesto dal Governo italiano. Tenendo conto della preesistente struttura amministrativa austriaca della provincia, egli ha introdotto nei territori dalmati il sistema giuridico e amministrativo italiano, riformando la struttura della pubblica amministrazione. In altre parole, ha ricostruito il tessuto sociale della Dalmazia. Sono riuscita a trovare atti e prove su persone che ebbero ruoli importanti, personaggi che però né la storiografia contemporanea né quella classica sono riuscite a mettere in relazione. Dall’avvocato Dompieri, che fu il difensore nominato dai familiari dei ragazzi uccisi a Maresego al D’Annunzio jugoslavo, Lovrić, che incitò la folla a Spalato contro i marinai italiani. Gli scontri, i morti, le requisizioni di armi a Trieste la notte prima delle elezioni del 1921 sullo sfondo ‘dell’American Peace Mission’ in Dalmazia testimoniata dai rapporti degli agenti della CIA. Fino alla dettagliata ricostruzione del processo tenutosi a Trieste anni dopo l’uccisione degli attivisti italiani a Maresego attraverso una rivisitazione della legislazione penale che da austriaca stava diventando italiana”.

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