È stato un appuntamento culturale significativo, teso all’approfondimento della cultura e di uno spaccato storico fiumano ancora poco conosciuti, quello tenutosi presso la suggestiva sala del Palazzo Boncompagni in piazza Municipio di Arpino (in provincia di Frosinone), avente come titolo “Fiume e l’Italia tra storia e letteratura”, organizzato dal Circolo Tulliano locale. Lo stesso, introdotto dal presidente di quest’ultimo, Andrea Garibaldi e dal vicesindaco della città natale di Cicerone, Massimo Sera, ha visto la partecipazione di rinomati relatori fiumani, quali le prof.sse del Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Fiume, Gianna Mazzieri-Sanković, Corinna Gerbaz Giuliano e Martina Sanković Ivančić, nonché del prof. Giovanni Stelli.
L’italianità del capoluogo quarnerino
Nel suo intervento di presentazione dell’incontro, Garibaldi ha rilevato che lo stesso è stato organizzato sulla scia delle sue due conferenze di storia relative all’argomento, riguardanti la prima l’Italia e l’italianità nel corso dei secoli, dal periodo preromanico a quello napoleonico e la seconda i regimi totalitari del fascismo, nazismo e comunismo, di cui Fiume ha subito i traumi. La sua storia, ha spiegato, è particolarissima in quanto caratterizzata dalla rivalità con Venezia (che la distingue da Zara, dalla Dalmazia e dall’Istria), dal rapporto peculiare con la dinastia asburgica e con l’Ungheria, entrambi inizialmente positivi e successivamente cambiati nel tempo, nonché da quello conflittuale sviluppatosi dalla fine del XVIII secolo con l’elemento croato all’interno dell’Impero asburgico, proseguito nel XIX secolo e trasformatosi in violenta ostilità a partire dal 1848, che vedrà l’effetto moltiplicatore delle ideologie totalitarie del Novecento, degenerato nell’esodo. Sulla falsariga delle sue parole, il vicesindaco ha rimarcato che lo spaccato relativo alla storia di Fiume fa capire quanto sia importante avere coscienza di tutte le nostre storie.
Uno scritto autorevole e sistematico
A seguire, Gianna Mazzieri-Sanković ha parlato della figura di Giovanni Stelli e della storia di Fiume soffermandosi, dopo una breve presentazione dell’autore e delle sue pubblicazioni, sul volume “Storia di Fiume. Dalle origini ai giorni nostri”, edito dalla Biblioteca dell’immagine (Pordenone, 2017), a sua detta punto di arrivo di tutti i suoi studi. In tale contesto, la studiosa ha riferito che l’opera cerca di ricostruire con rigore scientifico la complessa storia della città, usando fondi documentari e rigore metodologico assoluto e varcando quelli che potrebbero essere degli interessi particolari e soggettivi. La stessa, ha aggiunto, articolata in venti capitoli, è completa, organica e sistematica, nonché elabora, oltre alla storia, anche il percorso della civiltà fiumana, entrando nelle abitudini degli abitanti, raccontando della lingua usata, della cultura, dell’identità culturale di carattere italiano, senza trascurare anche gli aspetti salienti delle componenti culturali croata e ungherese.
“La chiave interpretativa della storia di Fiume viene data dallo stesso Giovanni Stelli come una specie di contraddizione tra la posizione geopolitica e l’identità di carattere italiano. La stessa fa capire il significato storico e l’orgoglio secolare di un’autonomia cittadina sempre tenacemente rivendicata dai fiumani”, ha ancora delucidato Mazzieri-Sanković, concludendo che “la lettura del libro fa capire che molto spesso la Storia ha giocato con le sorti di questa città e delle sue genti. Fiume ha recitato nel palcoscenico degli scenari impossibili. Ci sono segni di timida apertura, si cerca di mettere su carta un percorso difficile, una storia da non dimenticare e da trasmettere a chi un giorno, per capire come siamo e perché siamo proprio così, si leggerà le pagine della nostra identità”.
Recupero del pluralismo
“Storia di Fiume dalle origini ai giorni nostri” è il titolo dell’interessante contributo proposto da Stelli, il quale, riallacciandosi alle parole di Mazzieri-Sanković, ha rimarcato che “Fiume è un caso non unico ma esemplare di liquidazione dell’identità di una città, non avvenuta nel 1924 con l’annessione all’Italia, bensì con il Trattato di pace del 1946, quando dal capoluogo quarnerino andarono via quasi il 90 p.c. dei suoi abitanti italiani, per non tornare più, il che comportò tutta una serie di conseguenze, quali il cambiamento della toponomastica, della lingua parlata comunemente, delle insegne dei negozi. In tale senso, Fiume è un esempio della devastazione provocata dal totalitarismo del Novecento e nasconderlo significa nascondere la storia. Oggi gli italiani sono una minoranza, che si avvale di una serie di istituzioni, di comunità molto vivaci, dell’organo di stampa ‘La Voce del popolo’, il quale risale al periodo autonomista, quando era la testata del foglio di Riccardo Zanella”. Successivamente il presidente della Società di Studi Fiumani a Roma si è soffermato sul concetto di nazionalismo in quanto, a modo di Dante e Petrarca, idea di nazione culturale e sulla necessità del recupero delle specificità culturali e del pluralismo all’interno di una visione universalistica dell’Europa, mirando a valorizzare le differenze, che sono la nostra ricchezza più preziosa. Nell’ultima parte del suo intervento Stelli ha raccontato della grande figura di intellettuale di Michele Maylender.
Fatti sconosciuti
Nel prosieguo Corinna Gerbaz Giuliano e Gianna Mazzieri-Sanković hanno illustrato il volume scritto a quattro mani relativo a “La letteratura italiana a Fiume nel secondo Novecento: quel ‘tetto di radici’”, iniziando la presentazione in modo ‘provocatorio’, con la lettura di alcuni versi di autori italiani (rimasti ed esodati). Si tratta, hanno sottolineato, di una letteratura che sicuramente nessuno conosce e che non trova alcuna collocazione (né nelle antologie croate né in quelle italiane), di un patrimonio culturale che rischia l’oblio. A tale riguardo, Mazzieri-Sanković ha rilevato che il tomo è teso a far conoscere l’esistenza di una letteratura italiana che non coincide con i confini politici dell’Italia, la cui scelta relativa al titolo si rifà a versi tratti da una poesia di Osvaldo Ramous, la più grande figura del Novecento letterario italiano della perla del Quarnero.
Il «diversamente italiano»
In conclusione della conferenza, Martina Sanković Ivančić è intervenuta su “L’essere nati a Fiume e il sentire ‘diversamente italiano’ nei romanzi di Paolo Santarcangeli”, rimarcando che a fine Ottocento la città era descritta dai periodici con i concetti di “progresso”, “superstizione” e “cultura”. Nella stessa nacque Santarcangeli, pseudonimo di Pàl Schweitzer, che l’ha narrata quale viva, brulicante di attività economiche e letterarie, un crocevia di mondi e di popoli. Tuttavia, ha aggiunto, saranno proprio le sue pagine a testimoniare un punto di rottura con il passato, di cui l’aquila fiumana rappresentò un simbolo significativo. Inoltre, sulla scia delle succitate relatrici, la studiosa ha riferito dell’importanza di Fiume raccontata dallo scrittore, poeta e saggista nel romanzo “Il porto dell’aquila decapitata” e da Osvaldo Ramous nello scritto “Il cavallo di cartapesta”.
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