Film che costringe a confrontarci con la storia

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Film che costringe a confrontarci con la storia

Come non essere d’accordo con il presidente dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, quando dopo la visione del film “Red Land – Rosso Istria” afferma che “i criminali rimango tali a prescindere a quale ideologia siamo asserviti e a quale popolo appartengano. La storia, tutta la storia delle nostre belle e martoriate terre, deve essere conosciuta e studiata in Slovenia, Croazia, Italia e altrove, al fine di prendere coscienza e conoscenza del male, per sviluppare gli anticorpi che lo possano combattere e per far crescere la cultura della convivenza, del dialogo interculturale, del rispetto delle altrui identità e dignità, della cross-fertilization”. Parole semplici ma non facili, di una verità profonda, che coglie nel segno.

Prendendo spunto dal martirio di Norma Cossetto, il film “Rosso Istria” (il titolo inglese guarda alla diffusione internazionale) che riprende il tema delle stragi e violenze dei partigiani jugoslavi di Tito contro gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia ha ottenuto un notevole consenso da parte del pubblico a Venezia. Diretta e interpretata da Maximilano Hernando Bruno, che ne firma anche la sceneggiatura insieme con Antonello Belluco, la pellicola è stata prodotta da Venicefilm in collaborazione con Rai Cinema, ANVGD – Associazione Nazionale Venezia Giulia a Dalmazia, Regione del Veneto – Fondo del Cinema e dell’Audiovisivo, Treviso Film Commission, Cultour Active, Paoli Easylong, Macine Keber, Chiggiato Trasporti, Venzo Art, Associazione culturale Ezzelio III, Luca Zoni, Alvise Valier, Leopoldo Bottero, Giuseppe Esposito, con il patrocinio dei Comuni di Padova, Venezia, Abano Terme, Galzignano Terme, Arquà Petrarca e San Polo di Piave.

Ribadire il messaggio storico

L’assessore all’Istruzione, alla Formazione, al Lavoro e Pari opportunità della Regione del Veneto, Elena Donazzan ha dichiarato di confidare molto in questo “straordinario prodotto cinematografico”, che veicola un messaggio storico ancora poco conosciuto in Italia e talvolta contestato, auspicandone la diffusione nelle scuole, nei canali nazionali, nelle sale cinematografiche. “L’impegno della Regione Veneto e del mio assessorato – ha ribadito l’assessore Donazzan – è di far conoscere la storia di questa giovane donna, medaglia d’oro, uccisa dall’odio comunista di Tito durante la pulizia etnica dell’Istria e della Dalmazia. La Regione Veneto ha molte ragioni per sostenere questo film, a partire dal forte legame di quelle terre con la storia della Serenissima, dai tanti profughi che trovarono accoglienza nelle nostre città e paesi, ma soprattutto per amore della verità e senso di giustizia”.

Senza censure e senza oblio

L’obiettivo è appunto recuperare una storia emblematica di tante altre storie censurate e obliate. Norma Cossetto, simbolo della violenza che si è abbattuta sulla popolazione dell’Istria, principalmente su quella italiana (ma non solo): arrestata per rappresaglia – arrivava da una famiglia benestante ed era la figlia del podestà di Visinada, per molti anni segretario del Fascio locale –, rifiutò di collaborare con quelli che sarebbero diventati i suoi aguzzini; fu seviziata, violentata e poi gettata in una foiba a Villa Surani. Quando il suo corpo venne riesumato – era rimasto in una posizione quasi da seduta – non furono rinvenute tracce di colpi d’arma da fuoco, ma un pezzo di legno conficcato nei genitali. La scena è narrata nel dettaglio in una delle sequenze finali. La giovane studentessa è l’ultima della fila di connazionali, che a due a due, legati col fil di ferro, vengono gettati nella voragine, di cui solo uno ucciso con la pistola.

Lottare e strumentalizzare

Coraggioso, forte e delicato – non insiste sui particolari più truculenti, anche se le scene raccapriccianti non mancano –, il film si concentra sì sul martirio di Norma, ma tocca anche tanti altri tasti e aspetti della vicenda: i soprusi del fascismo sulle popolazioni croate/slovene; il carattere mite della popolazione istriana – un colono croato ammetterà che loro con i padroni italiani stavano bene (e più volte Milan Rakovac, intellettuale istriano figlio di un eroe partigiano, rileverà in più occasioni che non ci sarebbe stata alcuna insurrezione popolare se solo i maggiorenti avessero imparato a dire buongiorno in croato); la provenienza “esterna” dei capi partigiani (il cattivissimo del film, Mate, è di Ragusa/Dubrovnik), giunti appositamente in Istria per incitare le genti slave alla rivolta; il duplice obiettivo della lotta delle armate titine (da una parte la lotta contro l’occupatore nazifascista, dall’altra fare i conti con gli italiani); il ruolo degli antifascisti italiani e l’amara delusione quando comprenderanno (certi) di essere stati strumentalizzati. Con grande finezza, gli autori hanno evitato l’identificazione dei combattenti della Resistenza con quanti hanno commesso le atrocità che scateneranno poi l’esodo degli italiani e l’effetto pulizia etnica: non c’è alcun riferimento al termine di “partigiani”, ma si fa cenno sempre e quasi esclusivamente ai “titini”; inoltre, il gruppo che mette sottosopra il paesino di Visinada agisce come una banda di balordi in preda ai fumi dell’alcol e agli istinti più bassi, ma appunto un’accozzaglia – una specie di “bastardi senza gloria” – sganciata dal resto del movimento, che doveva ancora arrivare (siamo nel 1943).

Tanti spunti di riflessione

Il film verrà proiettato per la prima volta a Roma il prossimo 6 novembre. Bella fotografia, cast convincente (colpisce la somiglianza tra l’interprete e la protagonista), forse un po’ lento in alcune parti (dura circa due ore e mezza), il film ha indubbie qualità artistiche ed emerge l’attenta preparazione anche storica che sta dietro alla sceneggiatura e alle riprese. Il regista, alla sua opera prima, ha dimostrato notevole sensibilità e volontà di approfondimento storico, restituendo un prodotto di grande impatto, anche sotto l’aspetto cinematografico. Un prodotto che si presta a più letture e che offre tanti spunti di riflessione. Siamo pronti, come società in generale, a fare i conti con i lati anche più oscuri, controversi e problematici della storia, chiamando le cose con i loro nome, svincolandoci da ogni pregiudizio, che è l’unico modo per superare il passato e guardare al futuro? Siamo pronti anche noi come “rimasti” a confrontarci con questa pagina e con i nostri errori e il persistere di certi miti e omissioni?

Un dolore da condividere

“Il regista, essendo lui stesso attore, è riuscito a trasmettere la temperatura interiore giusta per far capire e trasmettere questa vicenda. Una peculiarità del nostro mestiere, dell’essere artisti, è che diventiamo strumento per un qualcosa che resta nel tempo”, afferma Vincenzo Bocciarelli, attore che proviene dalla scuola di Giorgio Strehler, ai più noto per fiction come “Orgolio”, “Don Matteo 5” e “Pompei”, ma sul grande schermo anche in “Mission impossible” (2018). In “Rosso Istria” veste i panni di un ufficiale italiano, Mario Bellini. “Non conoscevo questa storia, ne ho parlato con i colleghi americani, che ne sono rimasti stupefatti. Credo sia un film necessario al cinema, alla cultura italiana in questo momento”. “Norma è una giovane che ama la vita, è il simbolo della speranza – rileva l’attrice che la impersona, Selene Gandini – che c’è nella gente del suo paese, nonostante ci fosse la guerra. Il film – aggiunge – parla di condivisione. Io credo che anche il dolore possa essere condiviso. Ricordare non significa riviverlo in maniera negativa, ma farne tesoro per il futuro perché non si ripeta”. Gandini viene da un’esperienza anche personale: la nonna, nata a Trieste ma vissuta a Gorizia e Cormons, fu costretta a scappare a Genova all’età di 16 anni perché sulla sua testa era stata messa una taglia. La sua colpa? Di notte aveva scritto sui muri “Viva l’Italia”.
È una pellicola che arriva diritta al cuore degli esuli istriani, fiumani e dalmati. “Personalmente, ho visto l’evoluzione della sceneggiatura dal 2011 a oggi, e c’è stata una grande discussione all’interno delle nostre associazioni – dice il presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati, Antonio Ballarin –. Ovviamente, la nostra gente sa cos’è successo, però muori due volte quando dopo le persecuzioni e l’esodo vieni in Italia e nessuno conosce questa storia. Il nostro impegno come FederEsuli è di abbattere piano piano questo muro della non conoscenza e lo stiamo facendo con progetti che si rivolgono al grande pubblico – e cita a esempio la mostra proposta al meeting di Comunione e liberazione a Rimini, qualche anno fa, visitata da 12mila persone – e in tal senso il film su Norma Cossetto è un veicolo importante. Crediamo però che questo film sia non un punto di arrivo bensì di partenza, come lo è stato ‘Magazzino 18’, per raccontare di persone che hanno sofferto. E noi – conclude Ballarin – a queste persone dobbiamo rendere un tributo”.
“La novità di questo film rispetto ad altre opere cinematografiche è che entra nell’Istria interna, coglie la sua anima composita e complessa, e riflette l’essenza vera del popolo istriano che ha sofferto due dittature feroci e la stragrande maggioranza della gente che viveva in quelle terre voleva soltanto vivere bene e in tranquillità, cosa che purtroppo non è stata possibile”, osserva Renzo Codarin, presidente dell’ANVGD. Un popolo sostanzialmente democristiano. Significative le frasi pronunciate dal professor Ambrosin (Franco Nero), interrogato dal capo dei titini. “Io non ho fatto del male, ho preso la tessera fascista perché dovevo lavorare – dice l’anziano cui si rivolgono per dei consigli tutti i giovani del paese, che trascorre le giornate sui libri e ascoltando la musica di Tartini –. Siamo tutti soltanto delle povere vittime di asini che governano pecore”.

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