«Esercitazione alla vita» nei ricordi di Elvia Nacinovich

Trent’anni fa l’interesse per lo spettacolo è stato a dir poco travolgente

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«Esercitazione alla vita» nei ricordi di Elvia Nacinovich

La vita culturale di Fiume verte sulla produzione teatrale del TNC “Ivan de Zajc”. All’inizio degli anni Novanta, per la precisione nel 1990, Georgij Paro, Darko Gašparović e Nedjeljko Fabrio hanno segnato in un certo senso la storia fiumana presentando uno spettacolo che la descriveva negli ultimi 150 anni attraverso le vicende di due famiglie.
All’epoca Fiume era alla ricerca di un’identità perduta o perlomeno sopita e in quanto tale l’interesse per lo spettacolo “Esercitazione alla vita” è stato a dir poco travolgente.
Ovviamente, un evento teatrale che descrive la nostra storia è inimmaginabile senza il contributo del Dramma Italiano, che è stato coinvolto interamente nella realizzazione della pièce. La primattrice del DI, Elvia Nacinovich, ha rispolverato i ricordi legati allo storico spettacolo e racconta come si è svolto l’allestimento.
Sono passati trent’anni dallo storico spettacolo ispirato al romanzo di Nedjeljko Fabrio, “Esercitazione alla vita”. Che ruolo ha avuto nella messa in scena originale?
“Già trent’anni, non mi sembra vero. D’altra parte quando ripenso a quei momenti mi rendo conto di quanto siano sbiaditi i contorni e quanti particolari siano del tutto svaniti. Non il mio personaggio, di quello mi ricordo benissimo. Interpretavo il ruolo intenso e toccante di Elettra, in un frammento dell’Orestea di Euripide. Un frammento che sembra rappresentare il destino di queste terre, in cui i torti subiti e inferti dalle varie parti tornano ad essere ciclicamente causa di nuovi conflitti”.
Allestimento in tempo di record
Quanto tempo ci è voluto per preparare uno spettacolo?
“Tenendo conto della mole del testo, della complessità dell’allestimento e del notevole numero degli esecutori (intorno ai centotrenta mi pare), lo spettacolo è stato allestito in tempo record. Meno di due mesi, se non ricordo male. Merito in larga parte di Georgij Paro, grande regista e grande signore. Di lui e del suo aiuto Miki serbo un bellissimo ricordo. Delle persone veramente speciali”.
Com’è stato realizzato il bilinguismo dell’“Esercitazione” degli anni Novanta?
“Trattandosi del lavoro di un autore croato, concepito e allestito per un pubblico in maggioranza croato, non credo fosse quella la palestra per ‘esercitare’ il bilinguismo”.
Atmosfera «bianconera»
Che cosa ricorda delle prove per lo spettacolo?
“Alle prove c’era un’atmosfera che definirei bianconera. Non per fede calcistica ma perché sul palcoscenico regnava una rigorosa serietà professionale, mentre dietro le quinte si respirava un’aria del tutto diversa. Si sentiva proprio la necessità dell’ironia, di raccontare una barzelletta, de butarla in valzer, insomma, per stemperare quel clima cupo e magari esorcizzare quel passato travagliato che andavamo mettendo in scena. Sono nate allora tante amicizie che durano ancora oggi”.
«La vera verità»
Com’era la situazione nel Dramma Italiano all’epoca?
“Alla domanda com’era la situazione nel DI all’epoca, preferirei non rispondere. C’è il rischio che la risposta venga interpretata come il solito lamentoso adagio dei vecchi: ‘Eh, ai miei tempi…’ La vera verità, (per usare un’espressione fiumana che adoro), è che il percorso del DI è sempre stato accidentato, sempre sull’orlo della crisi, sempre a rischio di chiusura, eppure, tra alti e bassi siamo ancora qui. Se poi si tiene presente che attualmente dalle sue file sono uscite non una ma entrambe le protagoniste del musical ‘Evita’, Leonora Surian Popov ed Elena Brumini, mi sembra di poter dire con orgoglio che il DI gode di ottima salute professionale. Sta a chi lo dirige il compito di amministrare al meglio questo capitale”.
Gli italiani nello spettacolo? Colonna portante o ‘invasori’ marginalizzati?
“Ebbene sì, hai ragione, la componente italiana, eufemisticamente parlando, non veniva presentata in una luce proprio edificante. Ti dirò che a proposito, noi attori del DI facemmo le nostre rimostranze prima ancora dell’inizio delle prove, senza sortire alcun effetto. Non ricordo nemmeno che cosa ci avessero risposto. Di fatto non venne cambiata una virgola. So che allora ho pensato che potevo almeno evitare di leggere il romanzo per risparmiarmi ulteriori frustrazioni. A distanza di anni ho provato a farmene una ragione. Si tratta, mi sono detta, di una visione romanzata della Storia, scritta da un uomo che avrà avuto da togliersi qualche sassolino dalla scarpa, o meglio parecchi macigni dal cuore. Ma la voglia di leggerlo ancora non mi è venuta”.
«Così è se vi pare…»
Alla fine degli anni Novanta si è tentato di riproporre lo spettacolo, senza successo. Perché, secondo lei, si è deciso di rimettere in scena “Esercitazione alla vita” proprio adesso, a 30 anni di distanza?
“Di Marin Blažević tutto si può dire tranne che gli manchi il fiuto. Se ha deciso di rimetterlo in scena vuol dire che ha captato i segnali che è il momento di farlo. Se così non fosse, troverà comunque il modo per convincere tutti che è così. Come sempre, quando si tratta di Marin, il sotto testo recita: ‘Così è se vi pare e se non vi pare vi convinco io!’”
Che cosa si aspetta da questo spettacolo? Quanto sarà attinente a quello originale o al romanzo di Fabrio?
“Attualmente mi sto preparando al ruolo più bello della mia vita: diventare nonna. Che cosa aspettarmi da uno spettacolo non rientra, è chiaro, nella lista delle mie priorità. Ma quando non si sa che cosa rispondere è sempre saggio affidarsi ai proverbi: ‘Se son rose fioriranno!’ mi sembra che calzi a pennello”.

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