
Il creativo e originale sguardo del fotografo Lucio Vidotto, giornalista del nostro quotidiano, e i modellini di alcune icone indiscusse della storia automobilistica italiana sono i protagonisti della mostra fotografica personale “Realtà aumentata/realtà ridotta”, inaugurata sabato scorso presso il rinomato Eppinger Caffè a Trieste (visitabile fino al 31 ottobre). La stessa, realizzata con il contributo della Comunità degli Italiani di Fiume in collaborazione con l’Unione Italiana e l’Università Popolare di Trieste, è curata da Linda Simeone, direttrice de Le Vie delle Foto, che ha selezionato attentamente gli scatti esposti per guidare i visitatori in un viaggio emozionante e a tratti onirico attraverso le visioni dell’autore.
Nel suo intervento introduttivo, l’ideatrice della più famosa mostra fotografica collettiva internazionale triestina, ha rilevato che “da oltre dieci anni l’Eppinger Caffè organizza al primo piano un salottino culturale in cui viene dato spazio a fotografi, pittori, artisti per esprimere quelli che sono i loro progetti e la loro arte. In tale contesto, sono molto contenta ci sia qui Lucio, con il quale lo scorso anno ne abbiamo iniziato uno, raccontando la storia di Trieste durante l’unico e primo corso bilingue (in lingua italiana e croata) che tiene presso il sodalizio fiumano insieme all’amico e collega fotografo Željko Jerneić, la cui esposizione è stata ospitata a giugno al DoubleTree by Hilton Hotel. Finora ha già fatto altre sette mostre fotografiche personali, ha partecipato a una ventina di collettive e sono contenta che la prima esposizione all’estero sia allestita a Trieste”.

Foto: Ivo Vidotto
Veri e propri set
A seguire Simeone si è soffermata sui contenuti della mostra, specificando che, data la singolarità dei soggetti, la stessa è insolita e molto particolare. Infatti, ne sono protagonisti dei piccoli giocattoli fotografati in versione macro e il risultato è fantastico. Le foto sono tutte ambientate in luoghi specifici e caratterizzate dalla costruzione di vere e proprie scenografie, nelle quali in seguito sono stati inserite le macchinine. “Personalmente ne sono rimasta molto stupita, per cui ho insistito affinché l’esposizione venisse allestita qui e venga raccontata la storia di Lucio”, ha affermato in conclusione.
«Ho svegliato il fanciullo che è in me»
Sulla falsariga delle sue parole, Vidotto ha spiegato che “sin da bambino nutrivo l’idea di come visualizzare alcune scene immaginate. All’epoca non possedevo né le nozioni tecniche né l’attrezzatura per farlo, mentre ora che sono cresciuto e ci sono arrivato, ho svegliato il fanciullo che è in me. Per la loro realizzazione non mi sono avvalso dell’intelligenza artificiale, del Photoshop o simili, salvo piccole correzioni di luminosità o contrasto”. Successivamente il giornalista ha specificato che per progetti come questo sono fondamentali l’idea e le modalità della sua concretizzazione. Non da meno sono le scenografie, gli sfondi e un lavoro continuativo, riferendo che “ogni scatto della mostra ha richiesto uno studio ed è effettuabile con un po’ di esperienza, di nozioni tecniche e con un minimo di sensibilità estetica. Tra tutte, l’immagine più difficile da preparare è stata quella avente protagonista il modellino della Lancia, in quando desideravo fosse realistica e per riuscirci ho dovuto tenere conto di tanti elementi. In qualità di sfondo ho usato una strada anonima sull’isola di Veglia, il piano orizzontale su cui è posta la macchinina è la stampa di un’altra, mentre il fumo presente nell’immagine è stato prodotto da una sigaretta, diciamo senza nicotina. In tale senso, l’ottenimento dell’effetto, come pure quello relativo all’azione, sono dei piccoli accorgimenti tecnici, alcuni dei quali anche molto improvvisati”.
La realtà distorta
I giochi, i ricordi, la miriade di momenti e scene immaginate con le sue amate macchinine (e spesso osservate sulle confezioni delle stesse) sono stati dunque l’input dell’esposizione, che sfruttando la prospettiva forzata, realizzata con allestimenti scenici spesso improvvisati, intuiti e scenografie genuinamente homemade, ha creato una carrellata di scatti realistici e autentici, di forte impatto visivo, i quali accentuano le atmosfere surreali evocate dalle vetture in miniatura, lasciando emergere lo stile e l’immaginario di Vidotto. L’autore ha giocato con la scala incorporando i modellini nel mondo reale, facendoli scorrere sulle curve del corpo femminile, usando edifici, elementi architettonici e/o monumenti famosi fino alle action figure per creare effetti interessanti. Un percorso iniziato più di dieci anni fa, che tramite la fotografia e il suo obiettivo artistico invita lo spettatore a riflettere sulla distorsione della realtà e a considerare le molteplici sfaccettature della percezione visiva, rendendo l’esposizione un’occasione imperdibile per gli appassionati d’arte e non solo.
Nel contesto relativo alle macchinine Vidotto ha rimarcato che “quasi tutte le macchinine protagoniste sono state concepite come giocattoli, miniature dei veicoli in scala reale di allora, cioè degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Vi sono alcune repliche di vecchi modelli realizzate in tempi recenti come le due Lancia da Rally, la ‘Delta Integrale’ e la ‘Stratos’, entrambe delle icone di questo sport, nonché diversi Lesney Matchbox e Corgi, uscite dalle rispettive fabbriche britanniche negli anni Sessanta. C’è la Land Rover dei ‘Camel Trophy’ della Majorette prodotta in Francia, un’autocisterna Lancia dell’italiana Penny con le insegne della “potente benzina italiana” Agip Supercortemaggiore e altri gioiellini più o meno datati”.
In conclusione il fotografo ha espresso il suo apprezzamento per la scelta dell’ambiente relativo all’allestimento della mostra e per l’idea di Simeone riguardante la manifestazione Le Vie delle foto, a sua detta straordinaria.

Foto: Ivo Vidotto
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.