È tutto da scoprire il Novecento a Trieste

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È tutto da scoprire il Novecento a Trieste

TRIESTE | Caso, fortuna… e chi lo sa! Capita di visitare la mostra sul “Novecento a Trieste” al quinto piano della Galleria d’Arte Moderna del Museo “Revoltella”, accompagnati da Susanna Gregorat, conservatore presso l’ente museale, ideatrice del percorso della mostra: l’ha studiata, analizzata e infine proposta al pubblico entrando fin nei pori di una realtà artistica stimolante e sempre piena di sorprese. Ci mette passione ed entusiasmo comunicandole a chi la segue. Le visite guidate, che sono su prenotazione il mercoledì, rappresentano un servizio in più all’interno di un allestimento che si meriterebbe le code al botteghino. Non soltanto, autori come Nathan o la Fini hanno ispirato anche degli spettacoli, in calendario nei prossimi mesi. Le sorprese e le emozioni sono continuamene in agguato.

La realtà triestina ed europea

Critici e curatori – che sperano di predisporre a breve il catalogo della mostra – l’hanno definita come un “dentro/fuori” in cui il dentro è rappresentato dalle fondamentali proposte di artisti triestini e giuliani, il “fuori” invece dalla superba collezione di artisti italiani, e non solo, patrimonio del Museo. In quest’ultima constatazione è racchiusa la preziosità dell’allestimento che conferma la lungimiranza, nel tempo, di vari personaggi che hanno voluto assicurare al fondo museale opere di grande valore, artistico e non soltanto, raccontano infatti la storia, la crescita sociale, civile, economica, politica e culturale, insomma un tutto tondo della realtà triestina ed europea.
Il titolo dell’esposizione apre infatti altre porte: “Monaco, Vienna – Trieste – Roma”, che richiama l’influenza di Monaco di Baviera e di Vienna su Trieste, negli anni in cui il capoluogo giuliano apparteneva all’Impero d’Austria-Ungheria, e l’interscambio – parallelo e successivo – tra gli artisti della città e del territorio e l’Italia.
Il percorso della Gregorat, mette subito in evidenza il legame di Trieste con Vienna e le altre città. Nella capitale dell’Impero le scuole avevano creato delle filiali nelle altre città. La scuola d’arte di Trieste era una di queste, importante, formativa, profonda, che ebbe modo si sfornare grandi talenti che nel tempo hanno lasciato il segno. L’esposizione ricorda spesso l’interazione scuola-maestro, oppure studio-realizzazione dell’opera, a sottolineare lo sviluppo dell’idea, dal concepimento, all’apoteosi.
“La mostra – spiega la Gregorat – si sviluppa su sette sezioni, a documentare questi flussi e queste influenze, dagli anni delle Secessioni a quelli del “ritorno all’ordine”, coprendo una storia che dagli albori del Novecento s’inoltra nel “secolo lungo”, sino a lambire il secondo conflitto mondiale.

Prestigiosi artisti triestini e giuliani

L’esposizione prende il via dalle opere realizzate nei primi anni del Novecento dai più prestigiosi e noti artisti triestini e giuliani. Ricorrono i nomi di Eugenio Scomparini che fu maestro per tanti e poi Glauco Cambon, Arturo Rietti, Adolfo Levier, Argio Orell, Vito Timmel, Guido Marussig, Antonio Camaur, Alfonso Canciani, Piero Lucano, Guido Grimani, Gino Parin, e ancora Carlo Sbisà, Arturo Nathan, Leonor Fini, Giorgio Carmelich, Vittorio Bolaffio, Edgardo Sambo, Marcello Mascherini”.
Ognuno di loro una vicenda da raccontare, che diventa narrazione, ma anche esposizione del rapporto col resto del mondo, nella realizzazione di quel percorso di consolidamento delle radici con l’attenzione a ciò che succede altrove.
“Sono dipinti, sculture e grafica fortemente condizionati dal clima secessionista d’Oltralpe monacense e viennese – spiega ancora –. Sperimentato, in molti casi, attraverso la formazione veneziana e il clima internazionale delle Biennali, ma soprattutto frutto della formazione alle Accademie di Belle Arti di Monaco di Baviera e di Vienna”.

La visione femminile delle cose

Una sezione monografica è riservata all’arte pittorica e grafica di Federico Pollack, più noto a Trieste come Gino Parin, contraddistinta da uno stile del tutto originale e maturata in ambito europeo e britannico. Il percorso introduce poi il visitatore nella duplice sezione dedicata all’arte italiana degli anni Venti e Trenta, caratterizzata dal recupero della tradizione artistica italiana (il cosiddetto “ritorno all’ordine” di sarfattiana memoria). Qui s’ammirano i capolavori patrimonio del Museo: i dipinti di Felice Casorati, Carlo Carrà, Mario Sironi, Guido Cadorin e Felice Carena, in ambito nazionale. E, a livello territoriale, le autorevoli opere di Piero Marussig, Carlo Sbisà, Edgardo Sambo, Oscar Hermann Lamb, Edmondo Passauro, Mario Lannes, Eligio Finazzer Flori, Alfonso Canciani.
La sezione successiva indaga lo stretto rapporto umano e artistico instauratosi tra i triestini Arturo Nathan, Carlo Sbisà e Leonor Fini, non disgiunto dall’interazione, pur limitata nel tempo, con un grande artista avanguardista quale fu Giorgio Carmelich, prematuramente scomparso a soli ventidue anni. In questo panorama la Fini è un esempio di grande fascino, per la bellezza e l’originalità delle sue opere, per le sue rocambolesche vicende familiari, ma anche perché porta a galla, senza pudore, la visione femminile delle cose.
Segue la sezione dedicata alla figura del pittore goriziano Vittorio Bolaffio, artista dalla personalità tormentata, fortemente legato a Trieste e al triestino Umberto Saba, nel cui particolare lirismo si rispecchiò.

Sezione inedita

A concludere il percorso è l’inedita sezione riservata alla Secessione romana, rievocata dai dipinti di alcuni protagonisti di quella stagione particolare che, sviluppatasi tra il 1913 e il 1916, vide a confronto numerosi artisti di diversa provenienza geografica e formazione artistica, in una visione moderatamente avanguardistica, ma molto ben definita. Qui, opere di artisti italiani quali Armando Spadini, Plinio Nomellini, Giovanni Romagnoli, Felice Carena, Lorenzo Viani s’affiancano ad artisti territorialmente più vicini, quali Teodoro Wolf-Ferrari, Virgilio Guidi, lo scultore Ceconi di Montececon e, ancora, il triestino Edgardo Sambo che nel suo sorprendente dipinto “Macchie di sole” del 1911 riecheggiò mirabilmente quella fervida e ormai lontana esperienza del secessionismo italiano.
“Questa mostra – ha commentato Laura Carlini Fanfogna, direttore dei Civici Musei di Trieste – evidenzia, ancora una volta, la ricchezza delle Collezioni d’arte del “Revoltella”, Museo fondamentale per qualsiasi indagine sul Novecento italiano. Qui troviamo, com’è opportuno che sia, una documentazione puntuale e organica dell’arte giuliana. Ma qui si conservano e ammirano anche capolavori tra i maggiori del secolo, degli artisti italiani e non solo. Come quest’esposizione attentamente mette in luce”.

Reperti «dimenticati»

Come spesso succede, dalla ricerca delle opere custodite nel fondo del Museo, capita che emergano reperti “dimenticati”. Mentre al quinto piano della Galleria d’Arte Moderna del Museo Revoltella, s’ammirano le opere del Primo Novecento della galleria triestina, il percorso giustamente s’allunga anche alla nuova esposizione dei pannelli decorativi di Vito Timmel per il Cine Ideal – Italia, recentemente inaugurata, e che, allestita nello spazio espositivo della Galleria Carlo Scarpa, comprende anche gli interessanti progetti architettonici del Palazzo della Ras, in cui l’antico cinema era inglobato.
Le tavole erano state adagiate le une contro le altre, ben sistemate, ma che sfuggivano all’attenzione. Recuperati i quadri che le coprivano, hanno svelato la propria presenza. Sono state restaurate ed esposte. Una chicca, un motivo in più per visitare la mostra, che è anche un richiamo a non attraversare la città con gli occhi bassi… Un piccolo suggerimento: in galleria Protti si possono ammirare le opere di Carlo Sbisà sulle facciate degli edifici. È Trieste che si svela e si nasconde affascinando chi la guarda.

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