Donfrancesco e la storia fiumana raccontata in stile futurista

Intervista con l’autore del volume «Sulla cima del mondo» incentrato sull’Impresa dannunziana

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Donfrancesco e la storia fiumana raccontata in stile futurista

ROMA | Una ricostruzione romanzata ma pur sempre fedele dell’Impresa fiumana. Si presenta così il volume “Sulla cima del mondo. Il romanzo dei ribelli di Fiume” (Historica, 251 pagine, 18 euro), pubblicato recentemente, e che l’autore Orlando Donfrancesco ha già presentato a Torino, Roma e Milano riscontrando successo di pubblico e di critica. Una libera, ma pur sempre veritiera ricostruzione storica e documentaria di un momento clou del Novecento, che l’autore romano inscena grazie al personaggio del tenente Saverio Gualtieri, “reduce di guerra, che nell’autunno del 1919 fugge dall’Italia borghese per bruciare di vita nella Fiume libertaria di Gabriele d’Annunzio, la città dove tutto è possibile, dove si vive e si sogna la rivoluzione. Sarà proprio lui a raccontare in un brillante stile futurista quell’anno vissuto in un vortice di sesso, guerra, droga, spie, ideali, beffe e amori”.
Orlando Donfrancesco vive a Roma. Farmacista e scrittore di saggi, racconti e romanzi, ha pubblicato per Historica il cahier di viaggio “Cambogia, il gioiello ritrovato”, i romanzi “Sulla cima del mondo” e “Il sole a occidente”, ora tradotto in francese per le edizioni La Tour Verte. Per la casa editrice Novalis ha pubblicato il saggio scientifico “Paradisi artificiali”.

Come nasce questo suo secondo romanzo?

“Da narratore appassionato di storia, sono rimasto sempre affascinato dalla bellezza – non mi sovviene altro termine per definirla – dell’Impresa di Fiume. Ho sempre ritenuto che quel momento unico e irripetibile meritasse di essere narrato in tutta la sua intrigante complessità. Esistono molti saggi sull’Impresa di Fiume, ma pochissimi romanzi; il mio intento, che ha richiesto anni di lavoro, è stato quello di narrare l’intera parabola dell’Impresa, dal 12 settembre ’19 al Natale di sangue del ‘20, non solo a livello temporale – compito già di per sé complicato – ma anche a livello sociale, dando voce a chi l’ha vissuta dall’interno”.

Come si articola la storia?

“È il racconto narrato in prima persona del tenente degli Arditi, Saverio Gualtieri, venticinquenne, reduce di guerra, che fugge dalla gabbia del mondo piccolo-borghese romano per continuare a vivere intensamente e pericolosamente nella Fiume dannunziana. Il tenente Gualtieri, di simpatie futuriste e tendenze anarchiche, incarna il tipico legionario appartenente alla fazione delle ’teste calde’, le quali non si accontentavano di una semplice annessione al Regno d’Italia, ma vedevano in Fiume l’inizio di una società libertaria basata su bellezza e uguaglianza. Le sue vicende si svolgono a ritmo avvincente, tra amori, sesso, imprese guerresche, beffe, droga, ideali e amicizie, interagendo con quei grandi personaggi che furono, tra gli altri, Keller, Comisso, Carli, Somenzi, Furst, De Ambris e, ovviamente, Gabriele d’Annunzio”.

Quali ricerche ha svolto per la sua stesura?

“Il romanzo, ci tengo a dirlo, è il frutto di anni di ricerche appassionanti e ben documentate: ho studiato decine di saggi e trattati sull’Impresa, documenti, giornali dell’epoca, fotografie, ho visitato Fiume tre volte, mi sono avvalso del prezioso aiuto dell’Unione Italiana di Fiume, dell’Archivio Museo Storico di Fiume a Roma – di cui riporto la riproduzione di alcuni documenti gentilmente messi a disposizione, come le pagine de ‘La Vedetta d’Italia’ e de ‘La Testa di Ferro’ –, e della Biblioteca Borgo Cavour di Treviso, per le copie originali del giornale ‘Yoga’. Ciò mi ha permesso di costruire una griglia storica estremamente fedele, sulla quale ho fatto poi muovere i personaggi. Ogni evento del romanzo, sia esso uno spettacolo al Teatro Verdi o un discorso di D’Annunzio, un’impresa degli uscocchi o una cena all’Ornitorinco, è riportato nella sua data esatta e nelle sue esatte modalità, il che dona al romanzo anche un preciso valore documentario, con tutti i riferimenti in appendice”.

Che cosa cela il titolo dell’opera “Sulla cima del mondo”?

“Il titolo è tratto dal celebre ‘Manifesto futurista’ apparso su ‘Le Figaro’ nel 1909, ad opera di Marinetti e altri futuristi. Oltre a incarnare lo stato d’animo dei legionari e dei fiumani stessi, che in quel momento si sentivano veramente ‘sulla cima del mondo’, ricalca le parole pronunciate dallo stesso D’Annunzio nel discorso del 30 agosto 1920 al Teatro Fenice, peraltro riportato nel romanzo: ‘Tutti sentite di respirare sopra una cima della terra, e non volete discenderne per non menomarvi. Tutti vi sentite nuovi. Tutti vi sentite vivere col medesimo respiro in una vita reale e in una vita ideale’”.

Secondo lei, com’è vista oggi in Italia l’Impresa dannunziana?

“In maniera ancora molto confusa e approssimativa: il fatto che il fascismo se ne sia indebitamente appropriato per intero, l’ha relegata nella ‘pars destruens’ della storia italiana, lasciandola per decenni appannaggio dei gruppi nostalgici di ultradestra. Negli ultimi anni, tuttavia, grazie all’opera di insigni storici sulla scia di Renzo De Felice, primi fra tutti Claudia Salaris e Giordano Bruno Guerri, l’Impresa di Fiume inizia a essere considerata nella sua poliedricità, quale portatrice di una carica rivoluzionaria e anticipatrice sui tempi, che si sarebbe vista in Italia solo cinquant’anni più tardi, nel 1968. Proprio in questo senso si muove il mio romanzo, con la speranza che possa contribuire a porre finalmente nella giusta luce questa pagina importantissima della nostra storia”.
“Vorrei concludere – rileva infine Orlando Donfrancesco – con le parole pronunciate da Guerri durante una presentazione del suo recente saggio ‘Disobbedisco’: qualunque Paese al mondo che avesse avuto nella sua storia un’impresa come quella di Fiume, l’avrebbe celebrata per tutti gli anni a venire e avrebbe fatto del 12 settembre una festa nazionale. Noi, in Italia, invece…”.

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