«Di tutto un po’» con Vera Štimac. Una raccolta da leggere tutta d’un fiato

A lungo apprezzata docente di croato all’ex Liceo di Fiume, si rivela poetessa in dialetto ciakavo

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Per i tipi della sezione fiumana della Matica croata è uscita, fresca di stampa, “Sega po malo“ (Di tutto un po’), prima raccolta di poesie scritte in dialetto ciakavo da un’autrice che moltissimi connazionali fiumani conoscono, ma che pochissimi immaginavano si dedicasse anche alla scrittura in versi. Ne è autrice la professoressa Vera Štimac, che ha insegnato lingua croata (ma non solo) a generazioni e generazioni di ex liceali. Una Professoressa di quelle con la “P“ maiuscola, che per professionalità, pedagogia e signorilità d’atteggiamento nei confronti di chi ha avuto la fortuna di averla per docente, è stata una vera maestra, di lingua e di vita. Per la memoria d’acciaio che ancora oggi la contraddistingue e per l’inconfondibile stile nell’indossare gli eleganti classici tailleur per i quali ha evidentemente sempre avuto un debole, oseremmo definirla, nel senso benevolo del termine, una vera e propria lady di ferro. Ma se ai tempi in cui l’avevamo per insegnante all’ex Liceo, per rigore, severità, stile nel vestire, ma anche uno spiccato senso dell’humour velatamente ironico, ci faceva venire un po’ in mente l’allora in auge Margareth Thatcher e incuteva in noi un po’ di timore, oggi, a distanza di tantissimi anni, ci basta vederla sorridere per renderci conto di quanto in età adolescenziale eravamo immaturi.
Ed è con uno dei suoi splendidi sorrisi che Vera Štimac ci accoglie, dopo una nostra fugace telefonata per chiederle quest’intervista e fissare un appuntamento, nel suo accogliente appartamento sito nel rione di Braida.
Nata a Sušak, dove ha frequentato la scuola elementare e poi il Ginnasio, Vera Štimac ha studiato Lingua croata e Lingua italiana presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Zagabria. Ottenuta la laurea e rientrata a Fiume, ebbe un primo impiego di insegnante alla Scuola elementare di Viškovo, quindi alla Podmurvice, da dove passò in seguito, per restarci per tutta la sua carriera, a insegnare croato all’ex Liceo.
Madre di due figli, oggi nonna di quattro nipoti, dei quali va orgogliosissima, oltre a dedicarsi alla famiglia e alla carriera di insegnante, si è occupata di traduzioni dall’italiano al croato e ha scritto e continua a scrivere nel suo dialetto: il dialetto ciakavo.
“Sega po malo“ è la prima raccolta di versi dialettali che pubblica. Oltre un centinaio di bellissime poesie, per l’esattezza 119, alcune molto intime e commoventi, ispirate dai ricordi d’infanzia e di gioventù, altre particolarmente attuali e riflessive, incluso ad esempio l’attualissimo tema dell’epidemia (“Ki je zmislel tu koronu”, ovvero “Chi ha inventato ‘sto Corona), suddivise in cinque capitoli.
Professoressa, che piacere rivederci. Non la sapevamo autrice di poesie. Complimenti davvero.
– Ero un po’ scettica, ma poi mi hanno convinta – ci rivela sorridendo. – Si tratta di una cernita di poesie prevalentemente brevi, tutte scritte nel mio dialetto, scelte tra le centinaia e centinaia che di tanto in tanto, quando trovo ispirazione, annoto su foglietti, post it o qualsiasi altro pezzo di carta che in quel momento mi passa per le mani. È stato mio figlio, a lungo andare, a convincermi. Sono versi dialettali che ho letteralmente buttato giù in determinati momenti in cui sono stata indotta a farlo ispirata da un ricordo, triste o lieto, da un particolare evento, da un qualcosa che avevo semplicemente notato e che mi aveva colpita, facendomi profondamente riflettere – ci spiega.
E dopo averci fatto vedere con una punta d’orgoglio il suo piccolo studio, dove solitamente si ritira a leggere o a scrivere e dove notiamo immediatamente una ricchissima alta biblioteca e degli splendidi quadri d’autore appesi alle pareti, tra cui spicca un suo splendido ritratto giovanile in gessetto firmato dall’indimenticabile e noto pittore, scultore e professore d’arte fiumano Romolo Venucci, che negli anni trascorsi al Liceo le fu collega, ci fa accomodare nel suo accogliente soggiorno.
Come ha scritto il redattore del volume Mladen Urem nella postfazione del libro, pubblicato con il sostegno del Dipartimento per la cultura della Città di Fiume, le poesie di Vera Štimac “sono poesie non oberate da quelle pretese alle quali al giorno d’oggi veniamo troppo spesso esposti leggendo lirica contemporanea”. Sono semplicemente “esperienze di vita tramutate in testo, in un discorso poetico aperto, sereno, estremamente razionale e ricco di emozioni”.
– Te ne leggo alcune
E presa tra le mani la raccolta, ci recita una prima commovente lirica dedicata a suo padre.
Mentre la ascoltiamo concentrati, la sua calda e bella voce ci fa tornare in mente, come in un flash, le sue ore di lezione di lingua croata degli ormai lontani anni di scuola. Con la differenza che, questa volta, i versi che interpreta non sono quelli di Vjenceslav Novak, Dragutin Tadijanović o Tin Ujević… Sono i suoi.

Foto Roni Brmalj

La prima poesia s’intitola “Naš kanarinčić“, ovvero “II nostro canarino“.

Imel je tića.
Malega žutega kanarinčića.
Po cele je dane tić kantal, z glavicun vrtel,
jubav iskal.
Jubavi mu falilo ni, aš je moj otac š njim vavek povedal, proso mu daval vodicu menjal.
Kad je otac obolel
i zavavek ća šal mali kanarinčić
je treći dan krepal.
***
Aveva un uccellino,
un piccolo giallo
canarino
Per giornate intere l’uccellino cantava la testolina inchinava,
amore cercava
L’amore non gli mancava
perché mio padre sempre gli parlava il miglio gli dava
l’acqua gli cambiava.
Quando papà s’ammalò
e per sempre se ne andò
il piccolo canarino
il terzo giorno crepò

All’ultimo verso ci rendiamo conto che abbiamo gli occhi lucidi. Prima di tornare a parlare ci serve un attimo per riprenderci dall’emozione. La poesia dedicata al papà fa parte di uno dei cinque capitoli nei quali l’autrice ha scelto di suddividere la raccolta. È quello intitolato “Moja familija” (La mia famiglia). Include 44 poesie molto intime, dedicate oltre che al padre alla mamma, ai nonni, al marito, a una zia, alle nipoti e al nipote. Altre hanno per tema toccanti ricordi d’infanzia e di gioventù, in alcuni nei quali facciamo presto a immedesimarci: “Đelato“ (Il gelato); “Pasić“ (Il cagnolino); “Valiža“ (La valigia); “Na faksu“ (Alla facoltà); “Mačić“ (Il gattino); altre sono invece molto forti, intense e personali, come “Sanjan te“ (Ti sogno) ad esempio, dedicata all’amato consorte scomparso. È la seconda che sceglie di leggerci. E un’altra volta restiamo muti. Ma il dolore della solitudine che traspare da quei versi così profondi un attimo dopo ci offre lo spunto per continuare il discorso. Capiamo quanto possa essere stata dura.
– Sì, è vero. Eravamo molto legati. Una vita trascorsa insieme. Ma d’altra parte dopo che se n’è andato, con il passare degli anni ho trovato il tempo per riflettere e l’ispirazione per scrivere. Prima di tempo non ne ho mai avuto. Lavoravo, crescevo i figli, mi dedicavo alla famiglia; quindi ho accudito mia madre e in seguito mio marito, entrambi malati; poi ho avuto anch’io seri problemi di salute… ma per fortuna ne sono uscita. Ora vivo da sola, ma ho tante soddisfazioni: da mia figlia, che fa la veterinaria a Zagabria, ma che spesso e volentieri torna a Fiume a trovarmi; da mio figlio, che dopo la carriera medica ora tenta la scalata politica; e dai miei quattro nipoti, tre femmine e un maschietto, che ormai sono persone adulte, studenti, ma che alla nonna sono sempre pronti a dare una mano. E trovo il tempo per scrivere. Ho tentato di farlo anche in prosa e in lingua, ma non mi ci ritrovo davvero. Farlo nel mio dialetto, invece, mi riesce spontaneo. Mi esprimo proprio come desidero. E nel contempo è un recupero dell’antico idioma di Sušak, dove sono nata e dove ho trascorso l’infanzia e parte della gioventù, ed è una parlata che si sente poco, sempre meno.
Oltre a scrivere poesie Vera Štimac ci rivela che si sta dedicando anche a un vero e proprio lavoro di ricerca delle parole ciakave, che trascrive scrupolosamente e in maniera ordinata in dei quaderni: sarà presto un vocabolario.
Tornando al discorso della poesia, gli altri capitoli del libro appena uscito dalle stampe sono “Stare štorije” (Vecchie storie); “Grad na Rečine i Bodulija danas” (La città sulla Rječina e la Bodolia oggi); “Na friškoj arije” (All’aria aperta) e, più attuale che mai, “Ki je zmislel tu Koronu” (Ma chi ha inventato ‘stò Corona). Ci limiteremo ad elencare qui i titoli delle 12 poesie di ques’ultimo capitolo: “I to će pasat” (Anche questa passerà); “Marač 2020” (Marzo 2020); “Leto” (Estate); “Ostanite doma” (Restate a casa); “Sega je bilo” (C’era di tutto); “Va karantene” (In quarantena”); “Doma budi” (Resta a casa); “Pandemija” (Pandemia); “Maskica i oćali” (Mascherina e occhiali); “Korona je” (Corona è); “Ta Korona” (‘Sta Corona); e “Opet Corona” (Un’altra volta Corona).
“Sega po malo” è un volumetto da leggere tutto d’un fiato. Piacevole. commovente, profondo da far davvero riflettere: su ciò che si è; su ciò che siamo, sulla vita. Prima di togliere il disturbo la professoressa Vera Štimac ce ne fa gentilmente omaggio. Con una semplice, breve ma bella dedica personale: “Affinché tu possa accorciare il tempo leggendo”. Un regalo che apprezziamo tantissimo, quanto abbiamo apprezzato le sue lezioni ai tempi del Liceo e i suoi grandi valori umani, allora e oggi. Grazie professoressa. Speriamo di leggere ancora tante sue nuove poesie. Alla prossima.

Roberto Palisca

Foto Roni Brmalj

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