Delicato hommage alla fragilità umana

La pièce «Čajkovskij», firmata dal pluripremiato coreografo spagnolo Cayetano Soto e andata in scena allo «Zajc» di Fiume, viene concepita come una performance intensa e toccante che fa riflettere sulle lotte personali di chi vive ai margini della società

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Delicato hommage alla fragilità umana
I ballerini vestiti di nero con le corone di fiori. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Le emozioni che suscitano le opere di Pyotr Il’ic Čajkovskij sono eloquenti e mettono in discussione il nostro stato d’animo in modo indiscutibile e totalizzante. Non da meno la complessità e il misterioso fascino del personaggio, agitato, infelice, fragile per natura, definito dalla sua governante un “bambino di vetro”, che fin dall’infanzia percepì in maniera esasperata le minute gioie quotidiane come le minime contrarietà e da adulto non fu capace di godere dei molti privilegi ottenuti. La creazione artistica fu il riscatto da una condizione umana subita con vergogna (per salvaguardare l’onorabilità decise di sposarsi mettendo a tacere i pettegolezzi sulla sua omosessualità), ma la tensione creativa gli procurò soltanto sfinimento e uno stato depressivo. Un’esistenza, quindi, sofferta, tradotta in musica e, essendo un eccezionale grafomane, in fiumi di parole, racchiuse in pagine di diario e lettere inedite (ve ne sono in circolazione quasi 9mila scritte di suo pugno), di cui una piccola parte il pubblico fiumano ha avuto modo di scoprire e “leggere” l’altra sera presso il Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”, in occasione dello spettacolo “Čajkovskij”, firmato dal pluripremiato coreografo spagnolo Cayetano Soto. Per realizzarlo è partito dai documenti d’archivio conservati presso la Casa-Museo statale di Čajkovskij e dalle summenzionate missive mai pubblicate prima del 2009, riportanti i suoi pensieri, i racconti sulla famiglia, su lui stesso, la corrispondenza con la governante.

L’uomo prima dell’artista
Il titolo, messo in scena con successo dalla nuova postazione dei giovani ballerini del Corpo di ballo fiumano (i brillanti Jody Bet, Benjamin Cockwell, Sephora Ferrillo, Marta Kanazir Bagadur, Yurika Kimura, Ksenija Krutova, Giovanni Liverani, Laura Orlić, Giorgio Otranto, Federico Rubisse, Tea Rušin, Ali Tabbouch, Alessia Tacchini, Marta Voinea Čavrak, Isabelle Zabot), è stato creato per omaggiare il grande compositore russo e accompagnato dalle sue meravigliose e meno conosciute partiture per balletto di fine Ottocento (serenate, liturgie, sinfonie, musiche per pianoforte). A modo della prima versione dell’opera, di cui la première è stata rappresentata a febbraio del 2023, Soto ci trasporta nel mondo di Čajkovskij, la cui vita, come accennato, fu segnata da una continua e complessa battaglia interiore e da un’eterna ricerca di accettazione. In tale contesto, lo spettacolo, teso a esplorare l’uomo prima dell’artista e a offrirne un ritratto unico e profondo, rivela le sue (o altrui?) verità scomode e le sfumature di un’esistenza sdoppiata, complessa e affascinante.

Una danza pulita e sofisticata
Il balletto è concepito in capitoli, riportanti le persone, i legami o le riflessioni di/su pezzi di vita del compositore russo, quali “Il pubblico e i semidei”, in cui Soto gioca con e sulla figura dei critici. La sua narrazione danzata inizia con momenti di danza puliti, sofisticati, tradotti in movimenti eleganti, tecnicamente impeccabili, ordinati e fluidi, intercalati, con l’affiorare degli attimi di vulnerabilità e angoscia, forza e fragilità, in movenze di importante difficoltà tecnica e a scene di intensa espressione emotiva, in cui ogni passo diventa una metafora della vita del compositore, catturandone la complessità del doppio filo esistenziale. I danzatori, coperti da costumi aderenti e neri, o in qualche caso da severe giacche e pseudo gonne di tuille scuro, corredati in alcune parti della pièce da corone di fiori (in cui si riconoscono motivi della cultura slava, firmati da Soto e da Dario Suša, come pure le luci) atti a dare voce a ogni muscolo, ogni figura, ogni movimento, ogni sofferenza e dolore, ogni fatica, si sono espressi con grazia e passione. Eccezionali le performance di Giorgio Otranto e Marta Voinea Čavrak, la cui bravura ed energia hanno naturalmente dominato la scena. A detta di Cayetano Soto “nessuno dei ballerini è Čajkovskij, nessuno è sua moglie, nessuno è suo padre, nessuno è il suo amante, ma ciascuno di loro ritrae uno degli aspetti del compositore”. Sulla falsariga delle sue parole, tra i passaggi più inquietanti e delicati sono da rilevare quelli sfioranti il grottesco, in cui il tumulto emotivo di Čajkovskij sembra esplodere in una danza di liberazione e disperazione, pervasa dalle ombre del passato sempre più incombenti, rilevando il prezzo che il genio musicale dovette pagare per la sua autenticità. Una performance intensa e toccante, tesa a omaggiare il suo talento e a far riflettere sulle lotte personali di chi vive ai margini della società. Il climax del balletto è culminato in un’interpretazione visceralmente potente del tragico epilogo della vita del compositore, che, purtroppo, ha segnato la conclusione della sua straordinaria carriera.

I danzatori si sono espressi con grazia e passione.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Uno strumento di narrazione
Con questa produzione, quindi, Soto non si limita a raccontare la storia di un artista, bensì del suo successo, del consenso artistico, di una carriera florida e intensa e, nello stesso tempo, di un’esistenza breve, fatta di tanta sofferenza generata dalla sventura di nascere in un momento storico in cui qualunque istinto naturale e umano veniva represso andando ad annullare e a snaturare l’animo del singolo. Il racconto del coreografo spagnolo relativo a Čajkovskij è un balletto di atmosfere e allusivo, potremmo quasi dire di poesia malgrado la gravità dei temi, un dramma devastante che soggiace e che gradualmente affiora insopprimibile. Soto ci invita, quindi, a rimuginare sull’importanza di dare voce a chi vive nel silenzio, sul valore dell’autenticità e su come la bellezza possa emergere anche dalle situazioni più buie. La danza diventa così un potente strumento di narrazione, capace di superare le barriere temporali e culturali, regalando al pubblico un’esperienza emotivamente travolgente.

I passi e i movimenti sono stati tecnicamente impeccabili.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ
Il pubblico in attesa dell’inizio dello spettacolo di danza.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

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