Dante riassaporato con l’ironia del dialetto romanesco

Massimo Folgori, autore del volume presentato a Spalato, spiega in un'intervista come nasce il tentativo di rendere un classico della letteratura più accessibile a tutti

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Dante riassaporato con l’ironia del dialetto romanesco
Massimo Folgori con una copia del volume. Foto: DAMIANO COSIMO D’AMBRA

Seppur conclusa da qualche giorno, la XXIV edizione della Settimana della lingua italiana nel mondo continua a suscitare interesse tra gli studenti di letteratura e tra gli appassionati della cultura e delle tradizioni del Balpaese. Presso la sede della “Dante Alighieri” di Spalato si è tenuta una serie di appuntamenti che ha visto la partecipazione di scrittori, professori e autori italiani. Uno di questi è Massimo Folgori, autore del libro “L’Inferno de noantri” scritto in dialetto romanesco. Il volume ripercorre la prima tappa del celebre viaggio ultraterreno dantesco, una delle opere più straordinarie della letteratura mondiale, un capolavoro scritto nel XIV secolo, riassaporato attraverso l’ironia e la trama sonora del dialetto romanesco. Nell’ombra eterna delle parole di Dante, si inserisce così il calore e la vitalità di un dialetto attuale, vibrante e colorato, che scorre come un fiume attraverso le strade di Roma e si insinua nelle pieghe della storia. Un piacevole tentativo di rendere un classico della letteratura più accessibile a tutti.

L’autore Massimo Folgori spiega in un’intervista come è nata l’idea di dedicare un libro a Dante Alighieri e soprattutto di fare la traduzione in uno dei dialetti italiani.

Qual è il tema racchiuso nel libro dedicato al Sommo Poeta?
“Qual è il miglior rappresentante della lingua italiana se non Dante Alighieri in occasione della rassegna della Lingua italiana nel mondo? Il miglior modo di parlare di Dante è di trovarsi a discutere nella sede dedicata allo stesso Dante. Ringrazio pertanto la presidente della ‘Dante’ spalatina, Ivana Franceschi, la quale mi ha offerto l’occasione, invitandomi, di presentare il mio libro. Il tema del volume è appunto la ‘Divina Commedia’. Ho pubblicato il mio primo libro che riguarda ‘L’Inferno’ tradotto in dialetto romanesco”.

Un viaggio fattosi serio
Com’è nata l’idea di tradurre l’«Inferno» dantesco in dialetto romanesco?
“L’idea iniziale è nata come un gioco e poi mi sono introdotto nel viaggio della ‘Divina Commedia’ e come tanti viaggi che si fanno, ho continuato nel percorso dantesco appassionandomi sempre di più all’opera e al personaggio”.

Come considera la «Divina Commedia» in quanto opera letteraria?
“L’opera indubbiamente è, e rimane, uno dei pilastri fondamentali della lingua italiana e della letteratura mondiale, ma onestamente rimane sempre di difficile lettura anche se scritta in italiano a tutti gli effetti. Molto spesso impostata come materia di conoscenza nelle scuole, ha un senso di rigetto perché appunto considerata un qualcosa che si è obbligati a fare. Avvicinandomi all’opera, rileggendola e studiandola nel dettaglio, ho riscoperto il piacere dello studio traducendola in dialetto. I dialoghi si facevano più semplici e fruibili”.

Problemi gravi presi con leggerezza
Che cosa ha fatto in seguito?
“Mantenendo i concetti, rispettando la metrica dantesca, ho cercato di trasformare i versi nella lingua moderna inserendo lo spirito romanesco. In questo contesto dialettale fuoriesce anche lo spirito del popolo romano, ironico e giocoso. Le cose vengono prese seriamente ma con un certa leggerezza, si scherza un po’ anche su problemi seri e tristi che affliggono l’umanità. In tutto questo vengono rispettati tutti i messaggi, gli ideali e i valori che l’opera comunica al lettore da ormai 700 anni e che comunque fanno parte dei nostri problemi, sentimenti, paure, emozioni nelle situazioni individuali e sociali del nostro tempo”.

Trasportando il Sommo Poeta a Roma in che luogo romano incontrerebbe Dante?
“Sicuramente nel luogo in cui sono nato, alla Garbatella e il sottotitolo del libro non a caso recita ‘E se Dante si fosse fermato alla Garbatella?’. Magari nella fantasia Dante durante il suo esilio avrebbe preso la strada per Roma e si sarebbe intrattenuto a Roma attirato dallo spirito del popolo romano, dalla cucina romana e avrebbe scritto il poema con alcuni versi… romani”.

Un idioma moderno
Il romanesco usato nel libro è paragonabile a quello del poeta e scrittore Trilussa?
“No, diciamo che è un romano moderno, quello che si sente spesso nei film e dunque facilmente comprensibile in tutta Italia”.

Il volume è stato pubblicato da MMC Edizioni.
“Esatto. L’editore è MMC Edizioni, una casa editrice di Roma che tratta argomenti e tematiche di curiosità legate alle tradizioni e ai costumi popolari di Roma. Quest’anno la Casa editrice ha scelto di presentare libri che descrivevano argomenti o temi sulla lingua e sul dialetto romanesco. Colgo l’occasione per ringraziare la Casa editrice che mi ha dato la possibilità di pubblicare il libro”.

Ha presentato il volume in altre sedi?
“Prima di venire a Spalato il libro è stato presentato a fine settembre in occasione della manifestazione ‘Roma Arché’ all’interno del Complesso monumentale di San Michele a Ripa Grande a Trastevere. Ho avuto l’occasione di presentare il libro e fare alcune letture in un posto affascinante quale il Palazzo del Ministero della Cultura a Roma, che ha reso possibile l’evento”.

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