Dante. La testimonianza della pluralità del territorio italiano

A colloquio con la studiosa e dantista capodistriana Valentina Petaros Jeromela, che ci illustra l’importanza del suo volume, pubblicato dalla Lega Nazionale di Trieste in occasione del settecentesimo anniversario della morte del Padre della lingua italiana

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Dante. La testimonianza della pluralità del territorio italiano

La letteratura è formata da racconti di viaggi, perché non si viaggia solo attraverso gli spazi, ma anche attraverso il tempo: tutta la vita dell’uomo può essere considerata un viaggio ed è paragonabile a una serie ininterrotta di tappe e di incontri, insieme ad altri compagni di viaggio.

 

La Divina Commedia rappresenta non solo un’opera letteraria ma anche un viaggio: spirituale, attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso; ma soprattutto geografico, attraverso l’Italia medievale. Si va dalla Sicilia, alla Toscana, alla Romagna: i luoghi danteschi s’intrecciano con l’esilio del Vate, con la sua natura di esule per eccellenza.

Dunque, il viaggio di Dante attraverso le tre cantiche è la metafora, l’allegoria del viaggio dell’uomo attraverso la vita che ha come scopo e come meta la felicità. Non esiste felicità se non nella conquista dell’immagine vera di sé, se non nei termini di una personale realizzazione dell’uomo di quelle esigenze, di quelle aspirazioni originarie e inestirpabili da cui la natura umana è contrassegnata fin dalla sua origine.

L’autrice del libro, Valentina Petaros Jeromela

Il Sommo Poeta e l’Istria

Ma quale fu la presenza di Dante nelle terre affacciate sul mar Adriatico? Quali tracce ha lasciato in Istria? Il Sommo Poeta e il suo legame con l’Istria è uno degli elementi analizzati nel volume “Dante e le leggende in Istria – Come è nato il mito di Dante, Vate delle terre irredente?”, di Valentina Petaros Jeromela.

Il libro, pubblicato dalla Lega Nazionale di Trieste nel VII centenario dalla sua morte, illustra con una ricchezza di fonti e linguaggio la presenza o meno “dantesca” nelle terre dell’Adriatico, con una speciale enfasi su miti e leggende. Dalla grotta di Tolmino, allo scoglio di Dante a Duino, ai Codici di Isola: procedendo dalla leggenda alla realtà storica, attraverso una geografia di toponimi e bibliografie, di terzine e analisi grammaticali.

L’autrice del volume, capodistriana di nascita, laureata (2003) in Lettere Moderne, indirizzo Filologico con argomento dantesco, ci spiega in quale misura è presente il Sommo Poeta nella penisola istriana, ma anche perché è importante studiare Dante sin da piccoli e qual è l’influenza del Padre della lingua italiana sulla nostra identità.

Ricerca bibliografica

Come è nata l’idea del libro «Dante e le leggende in Istria»?

“L’idea di Dante e le leggende è frutto del fatto che a ogni convegno o congresso al quale partecipo si sorvola sulla presenza di Dante in Istria. Si parla sempre di Duino e Tolmino, ma spesso questi passaggi non vengono approfonditi. Negli anni ho raccolto una notevole mole di informazioni. La bibliografia è comunque abbastanza sostanziosa; ho cercato di recuperare tutti gli scritti che raccontano e testimoniano di una leggenda di Dante. Poi li ho sistemati e pubblicati, nell’ambito dell’anniversario dei 130 anni della Lega nazionale di Trieste, grazie a quest’associazione”.

Quali ricerche ha svolto per la stesura di questa sua opera?

“Devo precisare che non ho fatto ricerche d’archivio. Per seguire Dante bisogna svolgere una ricerca bibliografica e recensire un po’ le fonti. Si tratta di analizzare testi pubblicati. Per quanto riguarda i materiali d’archivio, ci sono i ‘Codici isolani’, che è un mio lavoro fatto in precedenza. Ho fatto il collegamento degli Ughi e dei Besenghi di Isola d’Istria e probabilmente grazie a loro, che hanno portato due copie della Divina Commedia a Isola da Firenze, sono nati i due Codici con il commento di Benvenuto da Imola”.

Qual è stata la presenza «dantesca» nelle terre dell’Adriatico?

“Le traduzioni di Dante nella lingua croata sono molto più antiche rispetto a quelle slovene, che sono recentissime. Le traduzioni della Divina Commedia in sloveno hanno determinato la presenza di Dante nel nostro territorio perché attraverso questa sfida della traduzione le lingue si allargano e migliorano. Per poter percepire e accogliere il significato e il significante della Divina Commedia bisogna avere un sostrato culturale ben sviluppato. Così anche la lingua slovena ha trovato una sua forma un po’ più autonoma rispetto al tedesco e al croato”.

Il volume è stato pubblicato per i tipi
della Lega Nazionale di Trieste

«Un fatto di sentimento»

Dante e l’Istria. Che cosa lega il Sommo a questa terra millenaria?

“Dante è legato all’Istria per le leggende che l’hanno portato sul nostro territorio lasciando spazio un po’ all’immaginazione, un po’ alla verità e al mito. Sono tutte cose collegate. Avere Dante come riferimento nella letteratura significa aspirare al massimo perché dopo 700 anni noi ancora lo studiamo. È dunque qualcosa di davvero enorme che non riesce ad essere assorbito in modo completo. Se una lingua lo vuole accogliere, se un popolo lo prende come riferimento, non è una cosa politica, ma è un fatto di sentimento”.

I miti e le leggende su Dante in Istria sono probabilmente numerosi. Quanto sono affidabili?

“Sono affidabili quanto uno ci vuole credere. Io ho cercato di spiegare Dante con Dante da una parte, ovvero utilizzando i riferimenti nella Divina Commedia. Dall’altra parte, poi, sono andata a cercare la letteratura a suffragio delle indicazioni dantesche. Un esempio ne è il lago Circonio (Cerkniško jezero): siamo stati in gita per andare alla ricerca di questo lago al fine di capire che cosa Dante avrebbe potuto aver visto. Ho fatto una foto che effettivamente sembra un po’ il passaggio della Selva oscura, poi il lago che ghiaccia tanto che neanche il diavolo riesce a romperlo”.

Dante Alighieri in un dipinto di Bartolomeo Gianelli (1865), Capodistria

L’esule per eccellenza

Ci spieghi la figura di Dante esule e il termine di «Vate delle terre irredente».

“Dante, quando è stato cacciato da Firenze, soffriva. Non è come gli esuli che, una volta che se ne sono andati, hanno trovato un’altra vita e non vi sono più tornati. Dante è l’esule per eccellenza, ma un esule che voleva far ritorno a casa sua. Ecco perché poi diventava delle terre irredente. Non nel senso irredentistico del termine. Noi a un certo punto, pur rimanendo a casa, ci siamo trovati in un altro Stato e abbiamo dovuto accogliere un’altra cultura, un’altra lingua. Dante se fosse vissuto avrebbe avuto lo stesso destino. Ma lui non voleva rimanere da nessun’altra parte, lui vagava nell’attesa di poter tornare a casa”.

Esuli e rimasti possono identificarsi con il personaggio del Padre della lingua italiana?

“Credo che l’abbiamo già fatto. Se Dante è quell’errante e vagabondo un po’ come lo sono gli esuli, noi siamo invece ciò che rimane dell’Italia. Lui vedeva il limite del Belpaese presso Pola e il Carnaro. Forse aveva già indovinato la linea Wilson. Viviamo nell’immagine della persona che ha perso la Patria per le sue idee politiche. Qui bisogna intendere l’Italia ai tempi di Dante, non quella odierna, perché a dire così si apre subito la diaspora tra la destra e la sinistra, ciò che Dante non è. È necessario vedere il personaggio che voleva rimanere sé stesso in un ambiente avverso”.

Secondo lei, perché è importante Dante per la nostra identità?

“È importante perché rappresenta la molteplicità del territorio italiano. Infatti, ai tempi di Dante si parlava il latino. Lui ha scelto la lingua del popolo per essere capito e inteso da tutti. Noi parliamo due-tre lingua a casa. Dante ha scritto il ‘De vulgari eloquentia’, le ha unite e analizzate, spiegando che parliamo in modo violento e poco musicale. Questo è il nostro destino: convivere con la molteplicità delle culture dell’Italia frazionata del 1200-1300. Abbiamo uno Stato, ma apparteniamo culturalmente a un altro territorio. Io vedo Dante sotto questo aspetto perché, nonostante tutto, ha scritto l’opera più importante in volgare, non in latino, rischiando di non passare per un genio. Infatti, l’alloro non l’ha avuto perché non scriveva in latino. Per noi non sempre è facile essere italiani. Ogni mattina devi ricordare al tuo vicino di casa che tu parli in italiano perché tutti parlano o lo sloveno o il croato. La storia di Venezia e dei nostri territori è caduta nell’oblio. L’idea di Dante era quella di una lingua comune in tutta Italia. Io ci vedo così, dobbiamo ricordare la nostra storia, identità e nazionalità”.

Qual è la dimensione storico-culturale del suo volume?

“Ho analizzato le pubblicazioni di prima mano, ci ho messo anni per recuperarle. Sono riuscita ad avere e ad utilizzare le lettere del Kandler appunto per muovere Dante in Istria e a San Servolo. Se a uno non piace come ho impostato il discorso, ha comunque la visione della bibliografia che ho utilizzato, grazie alla quale può fare un’altra versione del mio testo. La bibliografia è dunque molto ricca. Non tutti i testi sono accessibili, però si tratta di un’analisi. Da filologo ho disposto gli scritti in ordine, li ho esaminati citando le fonti per dare la mia idea di ciò che poteva essere il passaggio dantesco”.

Perché è importante e necessario studiare Dante?

“Leggendo la Divina Commedia si impara non solamente la lingua italiana, ma anche la storia e la complessità dell’opera dantesca attraverso le sue fonti e ci si approccia alla cultura millenaria italiana anche in un contesto non italiano. Per gli italiani d’Italia Dante è una figura quotidianamente vicina, se non altro, grazie ai monumenti. Da noi invece è diverso: Dante è forse ancora quell’elemento tante volte visto come politico, siccome viene identificato come troppo italiano, che invece è giusto. Leggendo il Sommo Poeta sappiamo che esisteva Venezia perché lui la cita e siamo nel 2021, mentre l’opera è stata scritta nel 1300. Rivediamo dunque la nostra identità attraverso un’opera che ha 700 anni. Cosa impagabile che pochi popoli possono fare. Ecco perché faccio ‘Dante per tutti’ nelle scuole della Slovenia. È giusto che i bambini imparino a conoscere il mito di Dante e della Divina Commedia come quel racconto (perché l’abbiamo ridotto a racconto per i più piccoli) dove incrocia personaggi e situazioni anche pericolose, però lui lo fa per insegnare. Anche questa è diventata la mia missione”.

Comprendere i messaggi del Sommo Poeta

Oltre ad essere laureata in Lettere Moderne, nel 2005 ha conseguito il Master in Scienze archivistiche presso l’Archivio di Stato di Trieste. Nel 2007 le è stato conferito il prestigioso titolo di «cultore della materia filologia italiana» e ha insegnato filologia italiana presso l’Università degli Studi di Trieste. Come archivista free lancer ha collaborato con la Società Dalmata di Storia Patria per i Progetti FiDA e SIDA. Il primo ha indicizzato secondo gli standard ISAD (General International standard archival description) i fondi degli archivi di Stato o Regionali della Slovenia e della Croazia – mentre il secondo quelli degli archivi non Statali d’età veneta nei territori ex Veneti. È autrice di numerosi saggi e articoli scientifici e, oltre ad essere presidente della Società Dante Alighieri – Comitato di Capodistria e ad organizzare numerose mostre tematiche, ha curato una traduzione slovena della Divina Commedia.

“La traduzione è stato un lavoro durato tantissimi anni. La prima traduzione era la Divina Commedia in sloveno unica con commento (la pubblicazione dell’opera è stata resa possibile grazie al contributo dell’Università Popolare di Trieste) perché il traduttore precedente si era concentrato nella ricerca della vulgata della Commedia. Ha semplificato il testo dell’opera dimenticandosi del contesto, che è molto sostanzioso. Bisogna saperlo rendere più fruibile a tutti, non alleggerendo la Divina Commedia, ma arricchendola con un commento. Questo ha fatto Debevec, il quale ha mantenuto il testo; una poesia dantesca nella traduzione slovena e accanto i passaggi più difficili. Un lavoro enorme! Ha anche cercato leggende slovene che potessero assomigliare a quelle che Dante cita, oppure anche luoghi danteschi che il poeta nomina e che potrebbero essere ritrovati in Slovenia. Un esempio che cito sempre è il lago di Bled. Lui l’ha trasformato nell’entrata nella città di Dite. È uno dei suoi passaggi più belli. È necessario poter recepire questi messaggi. Per quanto riguarda invece le mostre tematiche, la presentazione del libro ‘La Divina Commedia di Dante nella traduzione di Debevec’ è stata accompagnata da un’esposizione del Centro Italiano Filatelia Tematica (CIFT). Infatti, in occasione del settecentesimo anniversario dalla morte del Sommo Poeta, il Comitato di Capodistria della Società Dante Alighieri ha emesso un francobollo personalizzato con l’immagine del pittore e patriota ravennate Runcaldier intorno alla metà dell’Ottocento. L’emissione è stata parte di un evento più ampio che includeva la mostra itinerante ‘La Divina Commedia attraverso la filatelia tematica’, ospitata lo scorso marzo negli spazi della Comunità degli Italiani ‘Santorio Santorio’ di Capodistria, grazie al sostegno della CAN di Capodistria e al suo presidente, Fulvio Richter. Dovevamo fare altri due appuntamenti che però sono stati rinviati a causa della pandemia”.

Il francobollo emesso dal Comitato di Capodistria della Società Dante Alighieri

Progetti in cantiere?

“Ho trovato delle similitudini tra i Codici danteschi di Isola d’Istria e un codice scritto a Chiavari. Molto probabilmente risalgono allo stesso scriptorium. A Chiavari sono molto disponibili a collaborare. Bisogna però trovare qualcuno qui a Capodistria. In più, ho un contratto con la Cambridge Scholars Publishing per pubblicare tutti i miei testi in lingua inglese, però ora il problema sono i fondi indispensabili per la realizzazione della traduzione in inglese”.

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