Confini, architettura e persone

Presso il sodalizio fiumano è stato presentato il volume «Nelle città della Venezia Giulia. Piani, progetti, fatti urbani (1924-1954)» a cura di Paolo Tomasella

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Confini, architettura  e persone
Ivan Jeličić, Daina Glavočić, Julija Lozzi Barković, Paolo Tomasella e Marko Medved. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

La Comunità degli Italiani di Fiume ha ospitato l’altra sera la presentazione del volume “Nelle città della Venezia Giulia. Piani, progetti, fatti urbani (1924-1954)”, a cura dello studioso e architetto pordenonese Paolo Tomasella. Ad affiancare l’autore sono state le storiche dell’arte Julija Lozzi Barković e Daina Glavočić, nonché lo storico, teologo e ricercatore fiumano, Marko Medved, professore della Facoltà di Medicina di Fiume e Ivan Jeličić, pluriennale collaboratore del Dipartimento di Storia e del Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume, i cui contributi sono inseriti nel volume.

Atti dell’incontro triestino
A seguito dei saluti del presidente del sodalizio fiumano, Enea Dessardo, Tomasella ha spiegato che lo scritto, nato in concomitanza con il progetto internazionale “Dalle città della Venezia Giulia alla colonizzazione agric ola della pianura pordenonese: storie, memorie, fatti urbani”, partito nel 2022 e finanziato in parte dalla Regione Friuli Venezia Giulia e in parte da cinque comuni della provincia di Pordenone, nello specifico Montereale Valcellina, San Quirino, Roveredo in Piano, Cavasso Nuovo e Fanna, è stato da lui promosso in qualità di assessore alla Cultura del Comune del primo. A suo dire, lo stesso si è concretizzato in tre convegni, per parlare del trasferimento delle persone esodate da Fiume, Pola, Dignano e da tutte le città dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia dopo la Seconda guerra mondiale e del loro ricominciare da capo. Il libro presentato raccoglie gli atti dell’incontro tenutosi a Trieste, che ha visto la partecipazione dei summenzionati esperti e di altri studiosi italiani. L’architetto ha riferito in seguito che il volume è diviso in due parti, una di carattere generale relativa alle trasformazioni urbane e alle nuove architetture e un’altra sui luoghi della fede e della memoria, riportando anche i contributi di tutti i partecipanti.

Il presidente della CI di Fiume, Enea Dessardo, ha presentato i relatori.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

I segni urbani
Sulla falsariga delle sue parole, Lozzi Barković ha raccontato delle trasformazioni urbane tra Fiume e Sušak nel periodo interbellico, sulle quali ha inciso notevolmente il turbolento e complesso periodo storico, ricordando l’adesione del capoluogo quarnerino al Regno dei serbi, croati e sloveni nel 1918, l’occupazione italiana nello stesso anno, l’episodio relativo a Gabriele D’Annunzio, il riconoscimento dello Stato Libero di Fiume. Dopo aver riferito anche dell’importanza delle due città, nonché della sana competizione fra le stesse, la storica dell’arte ha rimarcato di quella inerente all’eccellente lavoro degli architetti, tradotto in una miriade di palazzi di altissima qualità, divenuti i segni urbani più significativi della città.

Le chiese in epoca fascista
A seguire, Marko Medved ha parlato delle “Nuove chiese a Fiume in epoca fascista: architettura, religiosità popolare, politica”, specificando che i saggi contenuti nello scritto curato da Tomasella si avvalgono anche di un apparato scientifico, per cui nel futuro non si potrà scrivere nulla sull’architettura fiumana senza considerarne gli atti. Riallacciandosi alle parole di Lozzi Barković, ha rilevato che “la succitata crescita di Fiume dal punto di vista architettonico non veniva seguita dalla costruzione di nuove chiese né dalla circoscrizione di nuove parrocchie e fino al 1923 il capoluogo quarnerino ne aveva solo una, ovvero quella di Santa Maria Assunta (Duomo)”. Da quell’anno cominciarono a venirne costruite delle nuove, soffermandosi poi sulla storia, le vicissitudini e le caratteristiche delle chiese di San Romualdo e Ognissanti di Cosala e di Santa Maria Ausiliatrice dei salesiani (consacrate nel 1934), di quella del Santissimo Redentore e della sua triste storia e della chiesa sita nel rione di San Nicolò.

Il cimitero di Cosala
Successivamente si sono rivolti al pubblico Daina Glavočić e Ivan Jeličić, rispettivamente intervenendo sugli architetti e scultori italiani di monumenti della memoria nel cimitero fiumano di Cosala e sulla figura di Bruno Mondolfo. Dichiarandosi molto compiaciuta della realizzazione del progetto in quanto relativo al legame tra Fiume e Trieste, che hanno in comune molti interessi, autori e ambienti, la storica dell’arte ha riportato le sue considerazioni sul Tempio Votivo e sulla cripta, sul ruolo dell’architetto Bruno Angheben, sull’ossario di Tersatto. Non meno interessante l’apporto di Jeličić, il quale ha raccontato del suo lavoro effettuato presso il Tempio Votivo e presso la cripta, contenente i resti di 40 persone cadute per la causa di Fiume, importanti in quanto utilizzate per dimostrare l’italianità della città nel periodo interbellico 1918-1924. Inoltre, lo studioso ha ribadito di aver scoperto, nell’ambito della ricerca, la storia di Bruno Mondolfo, la cui famiglia fece parte del Partito Nazionalista Italiano a Fiume. La morte dell’ebreo Bruno Monfoldo avrebbe sollevato svariate questioni, di cui ha riportato i dettagli.

Una copia
del volume a cura
di Paolo Tomasella.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

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