Con «Il giro di Stoia» un tuffo nella memoria collettiva

Il romanzo d'esordio di Alessandro Mocenni, presentato nell'Aula magna del nuovo Campus universitario di Pola, è una testimonianza della seconda generazione di esuli

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Con «Il giro di Stoia» un tuffo nella memoria collettiva
Eliana Moscarda Mirković e Alessandro Mocenni. In primo piano alcune copie del volume. Foto: IAN TATAJ

Un tuffo nella memoria, nei luoghi e nelle emozioni di un’estate polese di un tempo, e le giornate spensierate di un gruppo di ragazzi. Questa è la proposta de “Il giro di Stoia”, il romanzo d’esordio di Alessandro Mocenni che vive tra Pola e Milano, presentato ieri nell’Aula magna del nuovo Campus universitario di Pola nell’ex Ospedale di Veruda. L’autore ha per questa occasione dialogato con la professoressa Eliana Moscarda Mirković, docente presso il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi “Juraj Dobrila” di Pola.

Ambientato nell’estate del 1982, il romanzo racconta storie vere – tratte da esperienze personali, di amici e familiari – trasfigurate attraverso nomi inventati. Accade tutto a Pola – precisamente, nella penisola di Stoia dove passato e presente si sfiorano e si parlano a vicenda. I protagonisti del romanzo sono tutti, tranne uno, la “Ziabianca”, inventati – ma le esperienze sono quelle degli amici, conoscenti e membri della famiglia Mocenni. Altre volte sono “Somme di persone” come le definisce lo scrittore. Anche se sono tutti racconti veri, l’autore ha deciso di cambiare tutti i nomi perché, ritiene, scrivere di persone reali e nominate, anche se offre una dimensione più realistica, può risultare nello scrivere “con il freno a mano”. La “Ziabianca”, invece, è un personaggio che Mocenni ritiene una figura cardine, e che egli e i suoi amici chiamavano così. Ed era proprio lei che si prendeva cura dei giovani che a Stoia ogni anno passavano le proprie giornate senza troppe regole.
Secondo la professoressa Moscarda Mirković, il romanzo è “un tuffo nella memoria”, capace di restituire dettagli vividi della Pola di un tempo. I ricordi personali di Mocenni si mescolano a riferimenti storici e culturali che disegnano un affresco di quegli anni: dalla mancanza di mastri pizzaioli nella Jugoslavia socialista – dove si improvvisavano pizze con ciò che si trovava – fino all’arrivo del presidente cinese a Brioni, per cui si rifecero tutte le strade del tragitto tra l’aeroporto di Pola e Fasana.
“Abbiamo avuto delle esperienze simili, ricordi particolari che ci hanno colpito particolarmente. A livello storico, gli anni ‘80 sono ancora molto affidati alla memoria di chi li ha vissuti. Mentre certi episodi sono tratti solamente dalla memoria, altri li ho ricercati e studiati perbene”, ha detto Alessandro Mocenni. “Noi avevamo preso Stoia come un punto di svago, dove passavamo le nostre estati tuffandoci in mare dall’altezza di 7 metri e girovagando”.
Alessandro Mocenni non è un nome nuovo nel panorama della parola scritta: giornalista di formazione, ha per anni lavorato per il nostro quotidiano, nonché per la radio. Tuttavia, questo romanzo rappresenta per lui una nuova sfida. “Nel giornalismo si scrive in modo conciso – ha dichiarato – qui invece ho voluto cimentarmi in un discorso più ampio, più intimo”.
Uno degli aspetti stilistici più interessanti dell’opera, sottolineati da Moscarda Mirković, è l’assenza di dialoghi diretti. Una scelta stilistica deliberata che conferisce al testo un tono meditativo, quasi sospeso. “Ogni volta che leggevo un romanzo e poi ne vedevo la trasposizione cinematografica, rimanevo deluso: le voci che avevo immaginato non erano mai quelle del film”, ha spiegato l’autore, rivelando così il desiderio di lasciare spazio all’immaginazione del lettore.
Alessandro Mocenni si definisce un ponte vivente tra due identità culturali. Questo bilinguismo emotivo gli consente di offrire una visione unica su un’epoca e su un territorio – quello dell’Istria – che spesso ha vissuto sulla soglia tra lingue, poteri e memorie. Il romanzo, scritto interamente in italiano ma con lievi tracce del dialetto polese, non si propone come una semplice raccolta di ricordi, ha affermato Mocenni. “Non è il classico libro di memorie soggettive ma il racconto di tutta una generazione. Di quelli che si sono trovati lì. Si è parlato tanto dell’esodo, ma ora siamo noi, la seconda generazione, che dobbiamo parlare delle nostre esperienze e dei nostri tempi”.
Infatti, Pola, città dalla storia stratificata e travagliata, è stata spesso teatro di esodi – non uno solo, come ha voluto ricordare Mocenni. “Ogni volta che cambia un sistema, una nazione, la città perde qualcuno. È nella sua natura. Ma questo non vuol dire che le storie finiscano. Anzi, cominciano lì”.
Con “Il giro di Stoia”, Mocenni apre una porta sulla memoria collettiva, offrendo uno sguardo autentico, intimo e al tempo stesso universale su un’epoca in bilico tra l’ingenuità dell’adolescenza e il peso della storia. Un romanzo che fa riflettere, sorridere e, soprattutto, ricordare.

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