Colle San Michele. Scoperte altre 12 tombe medievali (foto)

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Colle San Michele. Scoperte altre 12 tombe medievali (foto)

Come volevasi dimostrare Pola, continua a vivere sopra un sottosuolo imbottito di storia: sono state scoperte 12 tombe medievali e centinaia di scheletri in esse inumati, appartenuti a individui adulti e anche bambini. Lungi dal fornire sempre risultati sensazionali per la scienza archeologica, gli scavi di ricerca che solitamente vengono intrapresi si dimostrano comunque spettacolari. Grazie ai lavori di costruzione e ampliamento del Campus universitario nell’area del vecchio Civico Ospedale, sul Monte San Michele, gli archeologi Klara Bušić Matijašić, Robert Matijašić e Davor Bulić hanno l’occasione di rovistare in zona più storica che mai, continuando ad aprire quadranti significativi della nota necropoli medievale appartenuta alla Abbazia benedettina.
Scheletri depositati su roccia

Un’infinità di resti funebri in fase di estrazione sul Colle San Michele

“L’analisi zagabrese al carbonio 14 – così la ricercatrice Klara Buršić Matijašić – aveva fornito risposte con certezza matematica: i 95 sepolcri scoperti nella campagna di ricerca condotta nell’estate del 2018 risalgono al X-XII secolo e questi appena rinvenuti, dopo uno scavo avviato lo scorso 5 marzo, sono della medesima tipologia e rappresentano la continuazione dell’area cimiteriale già minuziosamente setacciata. Siamo a quota 107 tombe, e il numero degli individui inumati non sono manco computabili, tanto risultano accatastati dentro queste povere ultime dimore: dentro una fossa 10 teschi, in un’altra persino 36 scheletri… Vediamo tombe a muro singole, altre doppie, scheletri depositati su roccia viva. Pochi gli arredi tombali quali frammenti di ceramica romana, lacrimari, una monetina antica, tanta ceramica e frammenti di materiale edile romano come tegole e imbrex“.
Rovistando in quest’area tanto “macabra” quanto speciale per la ricerca, si loda l’impegno degli studenti dei corsi di storia, di archeologia e di altri studi dell’Università “Juraj Dobrila“ di Pola che si prestano volentieri a ripulire delicatamente i resti tombali, accendendo eccome la passione per le scienze che si occupano del passato.

Dentro la fossa tra teschi e scheletri

Le sepolture durante la peste
Ricorda Klara Buršić Matijašić che l’’Istituto di antropologia di Zagabria era riuscito ad effettuare l’analisi osteologica di diversi sepolcri e a individuare i resti di centinaia di defunti arrivando a un risultato d’indagine incredibile, che dimostra una situazione straordinaria, da sepoltura di massa avvenuta a Pola nei secoli della peste e di altre grandi epidemie. Sul posto dove sono state appena demolite le vecchie strutture architettoniche costruite nel dopoguerra quali servizi in funzione dell’ospedale riappare la medesima città dei morti vista prima davanti alla fortezza austroungarica e all’edificio della lavanderia (progetto Turina). Impossibile non recuperare l’associazione all’“Inferno“ dantesco. Nel 2013, quando nella vicinissima via Preradović furono rinvenute le prime tombe di quest’area che nel passato fu sepolcrale, si tornò a parlare di quel che tradizione vuole: il sommo poeta, durante l’esilio, nel suo ipotetico viaggio a Pola con sosta in Colle San Michele avrebbe tratto ispirazione proprio dalla visione dell’enorme necropoli che saliva in questa direzione, per descrivere il triste aspetto della Città di Dite.
Ossa sparse e frammentate

Dentro la fossa tra teschi e scheletri

L’area cimiteriale, oggi scoperchiata, dimostra nuovamente che il luogo era stato adibito a camposanto senza soluzioni di continuità dall’XI al XVII secolo. L’indagine affidata al Centro per la ricerca interdisciplinare del paesaggio operante in seno alla Facoltà di Filosofia, che è area didattica dell’Università ha portato fino ai risultati scientifici arrivati da Zagabria a firma degli antropologi Mario Novak e Mario Carić. Con gli odierni ritrovamenti si comprova che la maggior parte degli scheletri si trovano in un cattivo stato di conservazione con ossa sparse e frammentate. Si suppone che siano stati accatastati in seguito a lavori edili di epoche successive. Ma il quadro delle sepolture di massa è anche il risultato di tempi difficili, di terribili pandemie e inumazioni eseguite con criterio d’urgenza, senza particolare attenzione nei confronti delle salme. Tracce di calcina gettata sopra le tombe sarebbero la prova dell’epidemia di peste. Moltissimi gli scheletri trovati in precedenza risultano appartenenti alla robusta razza dinarica, di notevole altezza. E il fatto confermerebbe la supposizione della massiccia presenza degli aiduchi (hajduci), sbarcati a Pola dalla costa orientale dell’Adriatico, in seguito alle manovre di migrazione dettate da Venezia. L’analisi antropologica aveva rivelato pure tracce di innumerevoli malattie, patologie ossee e di fratture come osteoartriti, ernie del disco, processi infiammatori, carie dentali. Tantissimi segnali di vita sofferta e non facile. La ricerca continua in direzione del camino dell’ospedale in fase di demolizione…

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