Che Natale sarebbe senza il presepe?

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Che Natale sarebbe senza il presepe?

Dopo un anno tutto in discesa, trascorso all’insegna di una sempre maggiore precarietà, rieccoci nuovamente a Natale!

Un Avvento così luminoso a Fiume e in Croazia non si era mai visto. Zagabria, Spalato e Karlovac hanno fatto a gara a chi allestirà le decorazioni luminarie più spettacolari e “hollywoodiane”. Nemmeno la città di San Vito è stata da meno, sfoggiando un look elettrico nuovo di zecca, mentre il Castello dei Frangipani sul colle tersattense sembra incendiato da una cascata di brillanti. (Sfrutteranno forse l’elettricità gratis dall’”etere” e in quantità inesauribili come sosteneva Tesla?)
Quest’anno non ce la prenderemo con il Natale “consumistico” – nonostante l’atmosfera televisiva “circense” e il tormentone pubblicitario di Babbo Natale del panettone che ci perseguita già da novembre.

Non dimentichiamoci dei più bisognosi

Forse perché in questo Natale di consumistico c’è assai poco, e il mio pensiero corre alle fasce sociali sempre più ampie di indigenti, agli operai dei cantieri di Fiume e Pola, la cui dignità di persone viene umiliata da un sistema economico spietato che macina e stritola i più deboli, i meno “furbi”. (“Loro”, il panettone sul desco natalizio ce l’avranno?) “Non dare la mercede agli operai, opprimere i poveri sono peccati che gridano vendetta fino al Cielo!”, così l’insegnamento sociale di Pio X.
Non reciteremo la solita ramanzina del “Natale consumistico”, con la corsa ai regali, anche perché l’essenza stessa del Natale è il dono, è il donarsi.
Citiamo un bel pensiero del noto giornalista Antonio Socci – che esprime la prospettiva del credente – il quale scrive che Natale è “la celebrazione del Grande Scialo divino, lo stupore per un (…) Dio folle di amore, che, dopo averci regalato tutto – il mondo, il cielo, le stelle, il mare, la vita, l’esistenza, l’aria che respiriamo – ci fa il regalo supremo: sé stesso. Si rovina per amore. Si rovina per noi”; “per farci dei”, dice S. Tommaso d’Aquino.
A nostro modo di vedere e di sentire il Natale è la più umana e la più tenera delle feste. E anche la più universale. Due genitori, un pargoletto appena nato; una famigliola in povera stalla. E a chi non arriva un messaggio così?
A parte il lato religioso, questa bella festa rappresenta, in Occidente, l’unica celebrazione della genitorialità, della famiglia e di ogni nascituro.

Fare il presepe – un’offesa?

Per cui quando in Italia, in un clima di polemica si afferma che “fare il presepe (a scuola o all’asilo) offende le altri religioni e lo stato laico” (concetto da approfondire), ci si chiede attoniti: “Ma in che modo la nascita di un bimbo (che per i non credenti non è il “Verbo incarnato”) può offendere persone di confessioni diverse?”. E la tanto sbandierata “tolleranza”? In questo acceso contesto Vittorio Feltri, durante una trasmissione televisiva sbottò: “Ma io ne faccio tre di presepi quest’anno, non uno! Tre! Sì, sono ateo! Ma questa è la mia cultura”.
Appunto. Cultura. Arte. Storia. La Natività è uno dei temi attorno al quale nel corso dei secoli è fiorita l’arte più alta nella storia dell’uomo (senza contare la sterminata produzione popolare). Di quanto l’umanità sarebbe più povera senza la “Natività” di Giotto, del Botticelli, del Tintoretto, del Caravaggio, senza il “Magnificat” di Bach, senza il “Messia” di Haendel? Fari di civiltà e genio! Per non parlare di quanta gioia tale festa arrechi ai bimbi.
A quanto pare, non siamo nemmeno capaci di considerare il presepe nella sua dimensione di cultura, tradizione e secolare storia – specie in Italia – quanto siamo limitati, esclusivi e attaccati alle proprie (intolleranti) ideologie?

I presepi più antichi

Uno tra i più antichi presepi di Fiume si trovava nella Cattedrale di San Vito ed era un presepe meccanico, quindi di scuola tedesca ed attirava talmente i fedeli da distoglierli dalla funzione religiosa, per cui fu sostituito da un altro presepio classico. Un secondo antico presepe, sempre di tipo meccanico, era quello in uso nel santuario di Tersatto tenuto dai francescani. Nella Chiesa dei Cappuccini, ossia di Nostra Signora di Lourdes, un primo presepe fu commissionato in Friuli nel 1934 da padre Faustino e fu in funzione finché non venne sostituito dallo splendido e artistico presepe di Alojzija Ulman (1924-1994), storica dell’arte, scultrice ed autrice delle Natività della chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù a Podvežica, del Duomo e della chiesa di San Girolamo…
Ai tempi dell’Austria-Ungheria, a Fiume la popolazione allestiva per lo più l’albero natalizio, ma anche il presepe, in special modo quando si inizia a produrlo su vasta scala. Natività bellissime di cartapesta, plastica, ma anche di terracotta, si potevano acquistare un tempo nel grande emporio di giocattoli Moskovitsch, che era ubicato al primo piano del grattacielo di Fiume, come pure nei negozi di giocattoli tenuti dal Frank e dal Reich, situati nello spazio dell’odierna Peko, vicino ai grandi magazzini Ri.
La più antica rappresentazione della Vergine con Gesù Bambino è raffigurata nelle Catacombe di Priscilla sulla Via Salaria a Roma, dipinta da un ignoto artista del III secolo all’interno di un arcosolio del II secolo.

Una creazione di San Francesco

Ma l’invenzione del “presepe”, (dal latino “praesepe”, mangiatoia) la dobbiamo a San Francesco d’Assisi, il “giullare di Dio”; un giovane un po’ picchiatello che predicava ai pesci, agli uccelli, alle fiere e andava alla Crociata scalzo e disarmato. Francesco era tornato da poco (nel 1220) dalla Palestina e, colpito dalla visita a Betlemme, volle rievocare la scena della Natività a Greccio nel 1223, che trovava tanto simile alla città palestinese. Tommaso da Celano, cronista della vita di San Francesco descrive così la scena:
“Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme.
…I frati si radunano, la popolazione accorre; il bosco risuona di voci, e quella venerabile notte diventa splendente di luci, solenne e sonora di laudi armoniose. L’uomo di Dio (Francesco) stava davanti alla mangiatoia, pieno di pietà, bagnato di lacrime, traboccante di gioia. Il rito solenne della messa viene celebrato sopra alla mangiatoia e Francesco canta il Santo Vangelo…”

Fonte perenne d’ispirazione

Il presepe attecchisce profondamente nel tessuto popolare come nella creazione artistica e nel corso dei secoli sarà un tema ispiratore per pittori, artigiani, scultori, musicisti ed anche poeti. Presepi di terracotta, pietra, cartone, cartapesta, carta, legno, porcellana, ceramica, vetro, plastica, sabbia, corallo, ebano, avorio, marmo…Presepi grandi, piccoli, presepi ricchi, presepi umili, nascono nelle botteghe d’Italia, di Francia, di Spagna, di Germania, Polonia, Ungheria e Russia. La fantasia popolare s’infervora, si sbizzarrisce, s’immedesima, inventa, arricchisce il presepio di personaggi e oggetti dei più disparati: il beduino sul cammello, il pastore con la zampogna, la sorgente d’acqua alla quale si abbevera il gregge; la villanella con la frutta, la portatrice d’acqua, il pastorello con lo zufolo…

Tradizioni italiane

Ogni regione d’Italia vanta una propria tradizione del presepio, ma i personaggi più incredibili vengono creati dal famosissimo presepe napoletano la cui fioritura straordinaria dura tutt’oggi. Infatti, la presentazione dei vari mestieri e spaccati di vita quotidiana, vanno a inserirsi nell’ambito del presepe tradizionale: il pescivendolo, il fabbro, l’arrotino, il salsicciaio panciuto che pare un Mangiafuoco, l’ostessa prosperosa e furbastra in vesti seicentesche, il soldato borbonico, lo scugnizzo con le mele rubate, il venditore di frutta con il carretto, il mendico cieco, la vecchietta brutta e sdentata. Sono tutti straordinariamente espressivi; occhi strabuzzati, gote infiammate, bocche ridanciane, risi sardonici, espressioni di mestizia, stupore, afflizione, corpi in movimento, giovani, vecchi, curvi, grossi. Colori incredibili, forti come i vini del Sud e impetuosi come i napoletani. Ma anche la Germania darà il suo obolo alla storia del presepe, inventando il presepe meccanico i cui personaggi si muovono, i mulini girano le pale, l’asinello raglia.
Non è da meno l’Austria con il tipico presepe tirolese, la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Polonia, la Russia, ognuna con caratteristiche proprie, tratte dalle singole tradizioni culturali. Originali e di accentuata connotazione folcloristica risultano i presepi degli stati cattolici nell’America Latina, in Africa e in Asia.

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