«Caffè Odessa». La complessità della musica ebraica

Il concerto-spettacolo, ideato da Miriam Camerini e Manuel Buda, è andato in scena al Peti Kupe di Zagabria alla vigilia del Giorno della Memoria delle vittime dell’Olocausto

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«Caffè Odessa». La complessità della musica ebraica
Foto Clara Mammana/IIC DI ZAGABRIA

“Una notte d’inverno nel quartiere ebraico di Odessa. La nebbia del porto si confonde con la luce dei lampioni, l’umidità entra nelle ossa attraverso il cappotto. Oltre le finestre appannate, un caffè promette compagnia, calore, qualche risata e un po’ di musica. Come in un sogno, personaggi e melodie apparentemente scollegati fra loro nel tempo e nello spazio si incontrano magicamente, interrogandosi e interrogandoci su cosa li unisca al di là delle apparenze. Esiste la musica ebraica? E se sì, che cos’è?”

Mosaico di nazioni

Questa la narrazione che ha fatto da sfondo al concerto-spettacolo “Caffè Odessa”, nel quale l’altra sera il pubblico del locale Peti Kupe di Zagabria si è potuto immergere per passare alcune ore trasportato da melodie e suoni provenienti da vari angoli del mondo. L’evento – uno spettacolo musicale, una sorta di viaggio che ha esplorato l’intreccio tra musica, identità ebraica e le diverse lingue del giudaismo – è stato organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria in occasione della Giornata della Memoria delle vittime dell’Olocausto. Lo spettacolo – ideato dalla regista teatrale, attrice, cantante e studiosa di ebraismo Miriam Camerini e dall’eclettico musicista Manuel Buda – ha permesso di portare in scena la ricchezza e la complessità della musica, dell’identità e della cultura ebraica, con un intreccio anche linguistico che ha portato in scena yiddish, ebraico, ladino, inglese, spagnolo e italiano. Il tutto ha preso vita grazie all’ensemble composto da Miriam Camerini, che ha prestato la voce insieme a Manuel Buda, il quale ha anche suonato chitarra e saz turco, da Angelo Baselli al clarinetto e clarinetto basso e da Esther Wratschko al pianoforte e fagotto. Tra il pubblico numeroso accorso ad assaporare l’atmosfera suggestiva di “Caffè Odessa” erano presenti anche l’ambasciatore italiano Paolo Trichilo e l’ambasciatore israeliano Gary Koren. È stato proprio Trichilo ad aprire l’evento, sottolineando l’impegno dell’Italia a mantenere viva la memoria dell’Olocausto e rendendo omaggio alle vittime delle comunità ebraiche, croata e italiana.

Ricco patrimonio

Terminato il concerto abbiamo avuto l’occasione di parlare con Gian Luca Borghese, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria. “L’evento è stato organizzato in anticipazione della Giornata della Memoria delle vittime dell’Olocausto che si celebra ufficialmente il 27 gennaio. Si è trattato di un programma molto bello – ha detto Borghese –. I musicisti sono partiti da una domanda alla quale è difficile dare una risposta: che cos’è la musica ebraica? Si tratta di una domanda alla quale non è possibile dare una risposta, perché la musica ebraica rispecchia la storia di questo popolo che, avendo vissuto in tantissimi posti e a contatto con società e culture molto diverse, alla fine ha prodotto e portato avanti un patrimonio musicale molto diverso, molto ricco, molto stratificato, difficile da identificare e impossibile da etichettare”.

Un tema che accomuna

Commentando la scelta dei brani proposti, Borghese ha proseguito: “È stato un concerto di musica e di generi diversi: dal klezmer alla musica popolare balcanica, dal tango fino al jazz newyorkese. Una sorta di crogiolo in cui si sono fuse diverse tradizioni musicali. Molte delle musiche e delle canzoni eseguite e interpretate dagli artisti erano particolarmente suggestive ed evocative, descrivevano e facevano riferimento ai vari momenti della vita di un individuo: si è passati, per esempio, da una ninna nanna tradizionale polacca risalente alla fine dell’Ottocento, ad una canzone spiritosa e pop in inglese del giovane commerciante e uomo d’affari ebreo-americano negli Stati Uniti del sogno americano. Dietro l’esecuzione di questo repertorio c’è stato un grandissimo lavoro di ricerca da parte dell’ensemble, un lavoro incentrato sui testi, sugli spartiti, sulla ricostruzione della tradizione, sull’interpretazione e sulle variazioni di uno stesso tema. C’era anche una parte di narrazione, di descrizione e di contestualizzazione delle diverse musiche e delle diverse canzoni interpretate”, ha concluso Borghese.

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