
È stata una serata di cura, poesia e raffinate suggestioni estetiche, di danza pulita, sincera e di ricerca, quella offerta al pubblico fiumano dalla compagnia reggiana MM Contemporary Dance Company, che ha portato in scena del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume la “Bolero soirée”, tradotta in un dittico coreografico di fine bellezza e profondità. Lo stesso, composto dai brani “Elegia” e “Bolero”, grazie alle brillanti firme artistiche di Enrico Morelli e Michele Merola, ha trovato perfetta sintesi tra delicatezza e potenza espressiva, tra intima poesia e travolgente dinamismo, dando vita a un elegante spettacolo di straordinario impatto visivo ed emotivo.
«Elegia»: una dolce carezza
L’“Elegia” coreografata da Enrico Morelli, che esplora il disagio della solitudine, è un affresco di struggente malinconia e speranza che si dipana attraverso corpi vibranti di sussulti emotivi, avvolti in un velo di nebbia, tesa a evocare quella condizione di sospensione esistenziale acuita dal periodo pandemico. Man mano che la stessa si dirada, gli splendidi versi della poetessa Mariangela Gualtieri si insinuano tra i gesti dei ballerini, conferendo alla performance un carattere quasi onirico e trasformandola in un respiro collettivo. Il linguaggio coreografico di Morelli alterna movimenti ampi e rarefatti a momenti di intensa sincronia, costruendo una narrazione danzata che si nutre di tensioni sottili e cesellate. Gli stessi si sviluppano in un avvicendarsi di incontri e separazioni, in un continuo fremere verso l’altro che si traduce in gesti di cura e in un fluire ininterrotto di abbracci, prese e dissolvenze corporee, mentre l’intreccio delle figure suggerisce il bisogno insopprimibile di ricostruire una vicinanza perduta.
Otto straordinari ballerini (Lorenzo Fiorito, Mario Genovese, Matilde Gherardi, Fabiana Lonardo, Giorgia Raffetto, Alice Ruspaggiari, Nicola Stasi, Giuseppe Villarosa), estremamente preparati, con un’ottima tecnica e bravissimi nel rigore e nella qualità della danza che esprimono, si muovono in incredibile sincronia e intensità espressiva, restituendo con toccante autenticità l’oscillare tra desiderio di appartenenza e paura della dissoluzione, tra il bisogno di riconoscersi e il rischio di perdersi in un vortice di sensazioni effimere. La loro danza, a modo di metafora della condizione contemporanea, riflette la frenesia della società, in cui la sovrabbondanza di stimoli e possibilità finisce per privare l’individuo di una direzione precisa, obbligandolo a un perenne transito tra legami fugaci e identità mutevoli.
«Non ti preoccupare, è tutto ok»
La scelta musicale, dominata dalle note impalpabili e malinconiche di Frédéric Chopin (in particolare il “Concerto n.12” per pianoforte e orchestra in Mi minore) si intreccia con le composizioni elettroniche del ballerino Giuseppe Villarosa, creando un paesaggio sonoro che amplifica il senso di sconforto, smarrimento e ricerca. A sua volta, la voce recitante di Isidora Balberini, sporca e imprecisa, ne esalta quello di incomprensione, spaesamento, inquietudine e riflessione, rispecchiando fedelmente il tumulto interiore dei protagonisti. L’uso sapiente delle luci di Carlo Cerri, unite ai costumi eterei e fluttuanti di Nuvia Valestri, contribuiscono a creare un’ambientazione in cui il corpo umano diventa paesaggio sensibile, superficie palpitante di emozioni, eco di una memoria collettiva che cerca disperatamente di riemergere. A seguito di un viaggio emotivo così denso e avvolgente, la chiusura sulla volta di un cielo stellato e l’ultima frase sussurrata – “Non ti preoccupare, è tutto ok” – assumono il valore di una rassicurazione che, seppur fragile, sembra suggerire la possibilità di un nuovo inizio, di un equilibrio, anche solo momentaneo, tra la vertigine e la quiete. Dopo il dramma l’elegia dello stare insieme coincide, per Morelli, con il ritrovarsi nell’armonia.
«Bolero»: i rapporti umani
Se l’“Elegia” ha catturato l’anima degli spettatori con la sua delicatezza e il suo intimismo, il “Bolero” di Michele Merola ha travolto la scena con la sua energia passionale e l’impianto coreografico di straordinaria intensità. La pièce, ispirata alla celebre opera raveliana del 1928 voluta da Ida Rubinstein, danzatrice e celebrità della Parigi della Belle Époque e rielaborata dal compositore Stefano Corrias, si trasforma in un’indagine sulla natura stessa delle relazioni umane, esplorando, attraverso una danza serrata e inarrestabile, i temi della seduzione, del desiderio, dell’inganno e della disillusione. Qui, i corpi dei sette ballerini (Lorenzo Fiorito, Mario Genovese, Matilde Gherardi, Fabiana Lonardo, Alice Ruspaggiari, Nicola Stasi e Giuseppe Villarosa) si fanno strumenti di un dialogo incessante, in cui ogni movimento è desiderio dell’altro, attrazione e repulsione, costruzione e dissolvimento di una geometria instabile che riflette la complessità dell’amore e delle sue molteplici declinazioni.
Scenografia viva e di grande effetto
Merola, con intelligenza e audacia, inserisce nella sua partitura coreografica un grande pannello mobile, il quale, oscillando e piegandosi, diventa esso stesso protagonista dell’azione, capace di separare e riunire, di inghiottire e rivelare i danzatori in una costante metamorfosi visiva. Questo muro trasparente, evocativo delle distanze incolmabili tra gli individui, ma anche delle infinite possibilità di contatto, rappresenta un punto focale di grande impatto simbolico e drammaturgico, in cui lo spazio si fa elemento narrativo tanto quanto il movimento stesso. La coreografia, eseguita con impeccabile precisione dai ballerini della Compagnia, trova il suo culmine in un crescendo ipnotico, in cui la musica di Ravel e le interpolazioni sonore di Corrias si accavallano in una progressione che si fa sempre più febbrile e magnetica, fino a sfociare in un’esplosione di energia collettiva che lascia senza fiato. La fusione tra i corpi, i suoni e le luci di Cristina Spelti raggiungono qui livelli di grande suggestione, regalando un’esperienza immersiva che trascende il semplice atto performativo, per diventare un intrigante percorso sensoriale ed emotivo. Infine, i costumi di Alessio Rosati e Nuvia Valestri giocano magistralmente con trasparenze e contrasti cromatici per sottolineare la tensione tra desiderio e distanza, contatto e isolamento. “Bolero Soirée” si è rivelata quindi una produzione di altissimo livello, un’esperienza artistica totale tesa a dare forma e sostanza ai grandi interrogativi del nostro tempo, un’occasione per confrontarsi con il senso stesso dell’esistenza attraverso la bellezza, il dolore e la meraviglia del movimento umano. Il lungo e intenso applauso finale, accompagnato da entusiastici “Bravi!”, ha suggellato il successo di una serata che ha saputo coniugare la potenza espressiva della danza con la profondità della riflessione teatrale.
Un balletto di ricerca
Molto soddisfatto dell’esito della serata anche Michele Merola, oltreché coreografo principale anche direttore artistico della MM Contemporary Dance Company, a detta del quale “nel pezzo di Enrico Morelli, che è molto bello e poetico, la Compagnia riconosce la sua immagine di oggi, quella del balletto contemporaneo con una ricerca molto elegante. In quanto carezza per il pubblico, di cui oggi ha molto bisogno, nonché un inno a quello che è la bellezza intesa quale aiuto e cura verso gli altri, lo stesso sta avendo un grande successo e viene chiesto molto. ‘Elegia’ nasce subito dopo il Covid, per cui si avvale di una partitura coreografica di tanti intrecci tra le persone e vi è percepibile l’esigenza di Enrico di lavorare in gruppo, di toccarsi, di sostenersi a vicenda. Per ciò che concerne invece il mio ‘Bolero’, nato dieci anni fa, è più classicheggiante dal punto di vista del passo, e in qualche modo rappresenta la storia della Compagnia, il pezzo che l’ha fatta uscire al grande pubblico e alla critica. Anch’esso, come l’‘Elegia’, oltre alla partitura musicale, sempre rispettata e mai ‘torturata’, è contaminato dalle incursioni contemporanee del compositore Stefano Corrias”.
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