Atti XLVII del CRS ampio panorama dell’area adriatica

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Atti XLVII del CRS ampio panorama dell’area adriatica

PARENZO | Dall’archeologia al recupero di opere d’arte e architettoniche, dalla musica alle saghe familiari e loro imprese imprenditoriali, dagli scontri politici alle problematiche riguardanti l’amministrazione, dalle condizioni sanitarie all’araldica e tanto altro ancora. Caloroso benvenuto, da parte del presidente della Comunità degli Italiani di Parenzo, Ugo Musizza, al Centro di ricerche storiche di Rovigno, che da cinque decenni “onora la nostra istrianità, la nostra italianità, la venezianità” e gli altri elementi caratterizzanti della nostra regione. Ieri sera nella sede della CI parentina, il Crs ha presentato i 47.esimi Atti. In sala, anche la vicesindaco di Parenzo, Nadia Štifanić Dobrilović. A introdurre e chiudere la cerimonia, un omaggio musicale con alcune delle più belle canzoni italiane.

Dunque, dopo alcuni anni d’assenza, il Centro di ricerche storiche torna a Parenzo per presentare l’ultimo numero degli Atti. Una rivista nella quale non sono mai mancati dati, cenni e documenti che interessano la città e il suo circondario – come avviene pure in ques’occasione – area “antropica di particolare interesse anche per la Comunità nazionale italiana”, ha sottolineato Marino Budicin, redattore responsabile della serie. Nella sua allocuzione, Budicin si è ricollegato al momento particolare che vive il Crs, che alla fine del 2018 festeggerà il cinquantesimo della nascita. Quasi doveroso, quindi, ripercorrere il clima nel quale fu avviato – un contesto regionale “caratterizzato allora da una complessa, ma dinamica tempere storiografico-culturale” – e gli obiettivi che si erano posti i “padri fondatori”.

Fronteggiò vuoti e distorsioni

“Alla fine degli anni ‘60 del secolo XX la passione per la storia patria, che era stata contraddistinta nei periodi precedenti pure da battaglie e dispute politico-etniche, spinse anche, e in particolare la sparuta cerchia di cultori di studi operante nell’ambito dell’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume a una riflessione sulla necessità di avviare la ricerca e l’elaborazione della storia regionale che era quanto mai lacunosa e presentava, soprattutto da parte jugoslava, croata e slovena, una visione insoddisfacente, spesso distorta o tendenziosa della presenza storica della componente italiana dell’Istria e di Fiume e del suo rilevante ruolo nell’ampio panorama storico regionale, se relazionato al suo indiscutibile radicamento sul territorio”, ha spiegato il ricercatore.
All’epoca, in ambito storiografico operavano la Società Minerva e la Società istriana, con i suoi Atti e Memorie della società di archeologia e storia patria e la Deputazione di storia patria per la Venezia Giulia a Trieste, nonché il Centro di antichità altoadriatiche ad Aquileia; mentre in Istria di temi storico-culturali, anche con sbocchi editoriali, si occupavano l’Archivio storico di Pisino, l’Unità di lavoro dell’Istituito altoadriatico con sede a Pola, il Museo della lotta popolare di liberazione dell’Istria e il Museo etnografico dell’Istria. Inoltre, stava per costituirsi il Sabor ciacavo, che andava a inserirsi nella cosiddetta Primavera croata, movimento riformista “con finalità rivolte alla difesa degli interessi e dei diritti nazionali, politici ed economici croati” – ha puntualizzato Budicin –, che coinvolse pure l’Istria, e con duri toni critico-polemici seguì l’attività del nascente Centro di ricerche storiche.

Punto di riferimento per l’identità CNI

“Nel mese di novembre del 1968, in un’atmosfera di grandi fermenti politico-sociali, nel mentre stavano maturando i risultati della collaborazione avviata nel 1964 tra l’Università Popolare di Trieste e l’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume, veniva costituito il Centro di ricerche storiche. I suoi primi anni di vita furono contraddistinti pure dall’avvio dell’attività editoriale”, ha ricordato, citando i ben tre periodici messi subito in cantiere, vale a dire gli Atti – i primi a partire, licenziati il 21 febbraio 1971 a Dignano –, i Quaderni e le Monografie.
“Il Centro di ricerche storiche è stato il risultato diretto e concreto dell’istituzionalizzazione della ricerca storia e livello di Comunità nazionale italiana dell’allora Jugoslavia, oggi vivente nelle due Repubbliche di Croazia e Slovenia – ha proseguito – e nel contempo un punto di riferimento per la tutela dell’identità nazionale italiana e della popolazione di quest’area. Il Centro ha sempre puntato al recupero di avvenimenti, notizie e personaggi di un contesto socio-linguistico, culturale e umano che accadimenti della nostra storia più recente hanno particolarmente e drammaticamente intaccato e mutato. In questo spirito il Centro, e con esso l’intera Comunità nazionale italiana, hanno potuto misurarsi con i problemi dell’impatto tra il compito scientifico e le esigenze di una società che nel corso di questi decenni si è notevolmente trasformata. Tutto ciò è diventato un requisito naturale e necessario della nostra Comunità nazionale, confermando la scelta operata fin dall’inizio ovvero cinquant’anni fa dai fondatori del centro”.

Con il pensiero rivolto anche a Klinger

Oggi il consuntivo dell’attività editoriale del Crs è considerevole sotto tutti gli aspetti, con le quasi 350 pubblicazioni edite. E con i suoi 47 volumi vi ha contribuito sensibilmente proprio la serie degli Atti: una produzione che testimonia l’importanza che la rivista ha acquisito a livello regionale sia per la mole di lavoro svolto che per le tematiche affrontate, e che riconferma ancora una volta “di aver inteso l’interpretazione del passato come strumento essenziale per la comprensione dello sviluppo storico e quale modo specifico per indicare il remoto radicamento della nostra civiltà”.
A illustrare i contenuti di questo numero, lo storico triestino Diego Redivo, che ha curato un “in memoriam” di Luciano Lago in apertura, mentre in chiusura è stato omaggiato Antonio Pauletich. Il pensiero di ieri sera è andato però soprattutto a William Klinger, ricercatore del CRS assassinato nel gennaio 2015 da Alexander Bonich a New York. Proprio in questi giorni è attesa la quantificazione della pena all’omicida, già peraltro giudicato colpevole. Redivo ha auspicato una condanna che renda giustizia allo storico fiumano, esprimendo la speranza che possa vedere presto la luce, a tre anni dal lancio dell’iniziativa, l’ultimo lascito che Klinger ci ha donato, e la cui uscita purtroppo ha incontrato degli ostacoli.

Tredici saggi nella sezione «Memorie»

Degli Atti del Crs, ha offerto una lettura suddivisa per gruppi di argomenti, soffermandosi sulle particolarità più salienti di ogni lavoro. Va detto che il tomo si divide in due sezioni. La parte delle Memorie comprende tredici saggi: “Testimonianze epigrafiche inedite da Curictae: due cippi liburnici e una stele con ritratto”, di Simone Don (Università di Verona); “L’Adriatico nel medioevo”, di Egidio Ivetic (Università di Padova); “Stemmi di Ossero sull’isola di Cherso nel secondo periodo della Repubblica di Venezia (1409-1797), di Jasminka Ćus Rukonić (Cherso); “La pala di Alvise Contarini nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Cherso. Storia e restauro”, di Marijan Erste (Antia di Argentina, Ferrara); “Il feudo di Momiano: amministrazione, agricoltura e proprietà fondiaria (secoli XVI-XVII)”, di Denis Visintin (Buie); “’Absentati in histrianas partes’. L’emigrazione della borghesia di montagna del Canale di Gorto in Istria; il caso delle famiglie Rovis, Micoli Corsilla Toscano, Lupieri e Spinotti”, di Dean Brhan (Cittanova); “S. Michele Arcangelo: esempio particolare di chiesetta conservata sottoterra (sotto il sagrato di S. Eufemia di Rovigno)”, di Marino Budicin (CRS, Rovigno) e Jadranka Drempetić (Parenzo); “Il palazzo del podestà di Parenzo nella II metà del secolo XVIII e il problema del restauro dei palazzi pubblici nei domini veneti dell’Adriatico”, di Darka Bilić (Spalato) e Marta Budicin (Rovigno); “Considerazioni e ricerche su un calice gotico venduto illegalmente a Piemonte d’Istria”, di Alessandra Garofalo (Università di Trieste); “Il patrimonio archeologico e culturale delle Brioni a cavallo tra Ottocento e Novecento”, di Kristina Džin (Centro internazionale di ricerche archeologico di Brioni – Medolino, Istituto Ivo Pilar, Zagabria); “Finis Histriae nella Dieta provinciale dell’Istria? Lodovico Rizzi (1859-1945) e il conflitto nazionale italo-slavo (1894-1916)”, di Frans Wiggermann (Diepholz, Germania); “‘Ampelea’. La storia di due famiglie. Morpurgo e Stock” di Valentina Petaros Jeromela (Capodistria); “La musicalissima Rovigno nei suoi generi e nelle sue tradizioni di canto: sintesi storico-repertoriale e nuovi apporti”, di David Di Paoli Paulovich (Trieste).

Fonti e documenti: dieci contributi

Uno straordinario ventaglio di argomenti nelle circa duecento pagine di Fonti e documenti, nella maggior parte provenienti da archivi ecclesiastici. In tutto dieci gli articoli, tanti tasselli che vanno ad aggiungersi al complesso e composito mosaico di questa regione. Fra Ljudevit Anton Maračić, sulla base di diversi manoscritti archivistici, analizza il patrimonio artistico-culturale dei minori conventuali in Istria; Giovanni Radossi (CRS, Rovigno) traccia l’inventario dei beni del convento di S. Francesco di Cherso (stato all’ottobre 1944); Eugen Teklić (Rovigno) ripercorre la disputa tra i proprietari di buoi e il Capitolo rovignese alla fine del secolo XVII; Slaven Bertoša (Università Juraj Dobrila di Pola) tratta dell’erudito Giuseppe Antonio Battel e il suo elenco di notai di Barbana e Rachele (1502-1811). “‘Una provincia pressoché desolata e sconvolta’. Le relazioni del protomedico Ignazio Lotti sulle condizioni sanitarie dell’Istria al crepuscolo della Serenissima”, è il titolo dello studio di Rino Cigui (CRS, Rovigno), mentre Claudio Pericin (Pola) riporta la trascrizione e interpretazione del manoscritto bilingue di Pietro Stancovich sui nomi delle piante note in Istria tra ‘700 e ‘800, dall’italiano al croato o illirico e dal croato o illirico all’italiano. Marko Jelenić (Canfanaro) ha confrontato la crisi di mortalità del 1817 a Canfanaro e Barbana; Tullio Vorano (Albona), prendendo in mano le annotazioni di Tomaso Luciani, offre cenni inerenti al Capitolo di Albona: Kristjan Knez (Crs, Rovigno) si occupa di rifornimento idrico, in relazione anche al nuovo acquedotto di Capodistria di fine XIX-inizio XX secolo; infine, Franco Stener (Muggia) focalizza l’attenzione sulle due campane tolte dal campanile di Pirano.
“L’approccio degli studiosi è di tipo positivistico ed è necessario che sia così perché dà la certezza dei documenti, delle testimonianze, delle fonti d’archivio inopugnabili, che non possono essere opinabili come viceversa potrebbe esserlo un discorso interpretativo, e in questo modo si dà il senso della storia plurimillenaria di queste terre”, ha sottolineato Diego Redivo, dichiarando apprezzamento per questo sforzo editoriale e compiacimento di poterne parlare proprio nell’anno del 50º dell’ente, di cui il direttore Giovanni Radossi è la vera anima. Inoltre, ha evidenziato la molteplicità culturale e nazionale dei contributi, una molteplicità che fa sì che la cultura di questi territori, in precedenza considerata provinciale, diventi una cultura propria, centrale.
Complessivamente, gli Atti XLVII hanno 766 pagine e si avvalgono dell’apporto di oltre venti autori, di provenienza transfrontaliera (italiani, croati, sloveni e connazionali), le cui indagini abbracciano un arco temporale che dall’antichità arriva fino al 1945, coprendo un’area geografica che va da Pirano a Spalato, passando per le isole del Quarnero. Gli addetti ai lavori vi troveranno senz’altro spunti e riferimenti interessanti per ulteriori ricerche e approfondimenti; gli appassionati di storia e cultura tante nuove informazioni su questa terra non a caso definita “magica”.
Ringraziamenti a UI e UPT, i patrocinatori, per il lungo e costante sostegno, nonché, in modo particolare, agli autori e al Comitato di redazione (Marino Budicin, Egidio Ivetic, Alessio Radossi, Giovanni Radossi e il compianto Antonio Pauletich, tutti di Rovigno; Antita Forlani di Dignano; Rino Cigui di Verteneglio; e, da Trieste, Franco Crevatin, Giuseppe Cuscito, Donata Degrassi, il defunto Luciano Lago, Diego Redivo, Fulvio Salimbeni e Giuseppe Trebbi).

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