Arianna a Nasso ovvero l’ultima prima

Grande apprezzamento da parte del pubblico dell'Ivan de Zajc per il progetto di commiato del sovrintendente Marin Blažević

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Arianna a Nasso ovvero l’ultima prima
Il croato più ricco e sua moglie... Giulio de Settimo e Serena de Ferraiuolo

Non c’è voluto molto per comprendere il motivo per il quale è stata scelta proprio Arianna a Nasso di Richard Strauss come progetto di commiato del sovrintendente del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”, Marin Blažević, il quale ha spesso prediletto titoli poco conosciuti o mai rappresentati sul palcoscenico fiumano, trasformandoli in sfide registiche per offrire al pubblico nuove visioni delle partiture operistiche e interpretazioni visive innovative. Sua la regia e la drammaturgia anche di quest’ultima opera, nelle quali si è concentrato sull’equilibrio narrativo e sull’interpretazione culturale e artistica, svolgendo un ruolo cruciale nel fornire un’interpretazione storica e critica dell’opera, aiutando il pubblico a contestualizzarla e a creare una linea narrativa coerente con la propria visione e con quella di Richard Strauss, che s’intrecciano in un modo che a momenti sembra assolutamente in linea, in altri diventa un’iperbole che rischia di creare confusione, come nella messinscena iniziale che propone un “notiziario TV” proiettato nel futuro nel quale la conduttrice del telegiornale (Ana Vilenica) parla ad esempio dell’ex sindaca di Fiume Sandra Krpan e del tredicesimo mandato di Furio Radin al Sabor, includendo anche riferimenti a personalità immaginarie di Fiume e alla futura destinazione del teatro, tema che già si adatta al libretto di Hugo von Hofmannsthal.

Il progetto di commiato di Marin Blažević.

Serata ricca di simbolismo
Ebbene, Marin Blažević ha raggiunto il suo obiettivo, ovvero quello di regalare al pubblico dello Zajc, ma anche a sé stesso, un finale col botto, anzi, coi fuochi d’artificio, ricco di simbolismo, come lo è anche l’opera di Richard Strauss, cosa che emerge sia dalla trama sia dalla struttura musicale e teatrale. L’opera intreccia vari livelli di significato, rendendola una delle più interessanti riflessioni sul ruolo dell’arte e della vita. Infatti, in Arianna a Nasso possiamo assistere a un intreccio tra opera seria (Arianna e il mito greco) e commedia dell’arte (Zerbinetta e la sua compagnia), il che rappresenta la dualità tra tragedia e commedia, arte elevata e intrattenimento popolare. Questo scontro simbolizza il conflitto tra le diverse esigenze del pubblico e il compromesso necessario per raggiungere un equilibrio.
Il personaggio del Compositore nel prologo (Michaela Selinger) è una figura simbolica che rappresenta l’artista ideale, spesso costretto a scendere a compromessi per accontentare il mecenate. Questo simboleggia la fragilità dell’arte, soggetta al potere del denaro e del mecenatismo, come evidenziato dalla figura del ricco padrone di casa (nel nostro caso il croato più ricco e sua moglie, ossia Giulio de Settimo e Serena de Ferraiuolo), venuto a Fiume per acquistare il Teatro, finito in bancarotta, e trasformarlo nella sua residenza. Tuttavia, lo spazio è ancora abitato dai fantasmi delle opere passate, simbolo struggente della resilienza dell’arte. Nonostante tutto, il finale suggerisce che l’opera, come forma e istituzione, non può essere distrutta nemmeno dalle pressioni del capitale.
L’opera ci richiama anche alla trasformazione e al superamento del dolore. Arianna, abbandonata da Teseo, incarna il dolore umano, ma il suo incontro con Bacco simboleggia la rinascita e la trasformazione. Questo elemento richiama temi mitologici di morte e resurrezione, comuni nella letteratura e nella musica, e può essere visto come una metafora dell’esperienza umana che supera la sofferenza attraverso l’arte o l’amore.

Apparizione hitchcockiana
Il concetto del “teatro nel teatro” è centrale in Arianna a Nasso. Esso sottolinea la natura artificiale della rappresentazione artistica, invitando il pubblico a riflettere sul ruolo dell’opera come specchio della realtà e mezzo per trascenderla. La meta-narrazione simboleggia invece l’autoconsapevolezza dell’arte stessa. Non manca neppure il simbolismo musicale. Strauss, infatti, utilizza il linguaggio musicale per riflettere questa dualità. Le melodie liriche e intense di Arianna si contrappongono ai toni leggeri e frizzanti di Zerbinetta e della commedia dell’arte. Questo contrasto crea un simbolismo sonoro che rispecchia la tensione tra il tragico e il comico. La necessità di completare la performance entro una scadenza (imposta dal padrone di casa) rappresenta il simbolo del tempo come forza inesorabile. Le azioni dei personaggi sono vincolate dal tempo, un richiamo alla finitezza della vita e alla pressione sulle creazioni artistiche.
Strauss e Hofmannsthal, con il loro genio, hanno saputo costruire un’opera che, pur nella leggerezza della commedia, affronta profondi interrogativi esistenziali e Marin Blažević ha saputo cogliere la palla al balzo mettendo in scena un lavoro profondamente stratificato, usando il teatro come metafora della condizione umana, con diversi livelli di significato che emergono dal conflitto tra due mondi apparentemente opposti: l’alto e il basso, il sacro e il profano, la tragedia e la farsa. Il contrasto tra opera seria e commedia dell’arte è un’allegoria della tensione tra i diversi aspetti della vita e dell’arte: l’elevato e il triviale, il dramma e il divertimento. Strauss e Hofmannsthal sembrano suggerire che questi opposti non solo coesistono, ma si arricchiscono a vicenda, riflettendo l’essenza stessa della condizione umana. Blažević ha voluto riassumere in un’opera unica tutto il periodo trascorso come sovrintendente dello Zajc e la sua uscita dall’ufficio (che lascia a Dubravka Vrgoč), rappresentata in forma simbolica dalla sua apparizione hitchcockiana in scena verso la fine del prologo, scena nella quale raccoglie alcune scatole ai bordi del palcoscenico (stava svuotando l’ufficio?) e se ne va dietro le quinte.

La lettura del programma prima dell’inizio

Tutto il Teatro nel teatro
L’opera nella sua struttura teatrale (teatro nel teatro) diventa un simbolo della riflessione sull’arte stessa, sulla sua natura effimera e sulla sua capacità di raccontare il mondo reale attraverso l’illusione e il Blažević regista ci ha messo dentro “tutto il teatro”, dal Dramma Italiano con Giulio Settimo e Serena Ferraiuolo, al balletto con Marta Voinea Čavrak, Tea Rušin e Jody Bet, dal Dramma Croato con l’entrata in scena alle battute finali dell’opera della grande Neva Rošić, dal coro ai cantanti dell’Opera, per concludere con l’orchestra, che il Maestro Ville Matvejeff ha diretto con mano sicura e con tempi appropriati, permettendo al pubblico di assistere a una lettura affascinante di una composizione tutt’altro che semplice.
Insomma, Strauss e Hofmannsthal, con la loro Arianna a Nasso, hanno creato un’opera che sfida le convenzioni – come poco convenzionale è stato Marin Blažević – e invita il pubblico a riflettere non solo sulle storie che si raccontano, ma anche su come e perché vengono raccontate. Questo strato simbolico è forse una delle ragioni per cui l’opera, nonostante sia meno frequentemente eseguita, continua a intrigare e affascinare.

Serio e comico, lirico e tragico
Ariadne auf Naxos (questo il titolo originale), che ha debuttato a Stoccarda nel 1912, è senza dubbio una delle opere più complesse e affascinanti del compositore tedesco (Monaco di Baviera, 11 giugno 1864 – Garmisch-Partenkirchen, 8 settembre 1949), che esplora la fusione tra la commedia e il dramma serio. La trama si basa su un episodio della mitologia greca, quando Arianna, abbandonata dal suo amante Teseo sull’isola di Nasso, è trovata da Bacco, che la consola e la prende con sé. L’opera è caratterizzata da un connubio di stili musicali che vanno dal lirico e tragico al comico e parodico. La parte centrale dell’opera, la scena di Arianna, è famosa per la sua aria “Es gibt ein Reich”, una delle vette della musica da opera di Strauss, che mostra il suo talento per la grande espressione emotiva.
La struttura dell’opera è piuttosto unica, in quanto Strauss la concepì inizialmente come un’opera breve, ma successivamente la rielaborò includendo una parte di prologo che precede il dramma principale. Il prologo mette in scena una disputa tra un impresario teatrale e un gruppo di comici che devono eseguire un’opera seria (quella di Arianna) per un ricco mecenate. Questa parte meta-teatrale è una riflessione sul teatro stesso, sulla separazione tra il “serio” e il “comico”.
A livello musicale, Ariadne auf Naxos è ammirata per la sua ricchezza orchestrale, che va dall’uso di una grande orchestra per le scene drammatiche alla leggerezza e vivacità nelle scene più comiche. La caratterizzazione vocale è altrettanto sofisticata, con parti che spaziano da arie liriche e melodiche a brani più intricati e intensi.

Selinger e Surian protagonisti del prologo
Nel prologo comico di questo “finale col botto” – vi hanno presenziato, oltre alla ministra della Cultura e dei Media Nina Obuljen Koržinek, i sovrintendenti degli altri teatri croati, ossia Iva Hraste Sočo (Zagabria), Senka Bulić (Varaždin), Vicko Bilandžić (Spalato), Vladimir Ham (Osijek) e Gordana Jeromela Kaić (INK Pola) – ha visto come protagonista il Compositore, interpretato da una brillante Michaela Selinger (ha potuto cantare nella sua madrelingua). Il mezzosoprano austriaco dispone di un registro ricchissimo di colori e un’estensione molto ampia, ma anche di un volume possente, cosa che invece mancava a Zerbinetta (il soprano Nina Dominko). È riuscita certamente a dare espressività al personaggio, ma nella prima parte, quella del prologo, sembrava quasi “incespicare” nel sostegno della mezzavoce e negli acuti, forse perché spesso sovrastata dall’orchestra. È “risorta”, però, nella parte seria dell’opera, interpretando stavolta con bravura un ruolo molto complesso vocalmente. Altro grande protagonista del prologo Giorgio Surian (Maestro di musica), la cui presenza scenica, abbinata a una voce possente e sempre ben controllata – beh, Surian ci ha ormai abituato a prestazioni eccellenti –, ha saputo attrarre e orientare l’attenzione e l’immaginazione del pubblico dello “Zajc”.

La ministra Nina Obuljen Koržinek nel palco di rappresentanza

Arianna e Bacco, rigenerazione e rinascita
Dopo il prologo, con l’impresario teatrale costretto a gestire un’imprevista fusione tra un’opera seria, Ariadne auf Naxos, appunto, e una commedia musicale, a prendere il sopravvento è stata l’opera seria. La scena si è concentrata allora sui veri protagonisti, su Arianna, abbandonata sull’isola di Nasso da Teseo, e sul “consolatore” Bacco. Arianna rappresenta il dolore e la solitudine universale dell’essere umano abbandonato. La sua figura, però, non è solo quella di una vittima passiva: attraverso l’arrivo di Bacco, si trasforma in simbolo di rigenerazione e rinascita. A questo dualismo, che rappresenta la capacità dell’uomo di trovare significato e redenzione anche nei momenti di massima disperazione, hanno saputo dare vita in maniera molto convincente il soprano sudtirolese Edith Haller e il tenore messicano (naturalizzato britannico) Luis Chapa. Strauss ha scritto l’opera con grande attenzione alla bellezza sonora e alla profondità psicologica dei personaggi e in questo senso entrambi i protagonisti sono andati… a nozze.
Arianna è stata molto intensa, grazie soprattutto alla capacità di Edith Haller di utilizzare in ogni circostanza il giusto registro interpretativo, trasmettendo al pubblico, con le sue capacità vocali, con acuti nitidi e robusti, ma non strabordanti, tutto il pathos del personaggio. Anche Luis Chapa ha saputo interpretare in modo convincente il personaggio di Bacco, divinità del vino e dell’estasi, portando una dimensione metafisica nell’opera. Il suo arrivo e la sua unione con Arianna simboleggiano infatti l’apoteosi dell’arte e dell’amore, in grado di superare il dolore e la mortalità.
Ottima anche la prestazione di tutti i personaggi secondari, interpretati da artisti all’altezza del ruolo, vocalmente ineccepibili e molto sicuri scenicamente, a partire dal trio delle voci femminili, ossia Karla Mazzarolli (Naiade), Anamarija Knego (Echo) e Stefany Findrik (Driade), nel quale ha brillato soprattutto la Knego, con una voce che ha denotato una marcata corposità e acuti potenti. Brillante e divertente la farsa dei corteggiatori di Zerbinetta, Arlecchino (Jure Počkaj), Brighella (Aljaž Žgavc), Scaramuccio (Gregor Ravnik) e Truffaldino (Luka Ortar), i quali se la contendono con scherzi, trovate, insidie, promesse e balli. Non dimentichiamo, poi, il Maestro di ballo (Matej Vovk), il Maggiordomo (ruolo parlato, Annamaria Ghirardelli), il Parrucchiere (Marijan Padavić), l’aiuto parrucchiere (Bojan Fuštar), il lacchè (Dario Dugandžić), l’Ufficiale (Saša Matovina), le Guardie del corpo (Noemi Dessardo e Bernard Koludrović).
Mancavano poche battute alla fine, quando l’attrice Neva Rošić è entrata in scena, concludendo assieme al Maestro Matvejeff una serata piacevolissima alla quale hanno contribuito Alan Vukelić, con scenografia e design delle luci molto efficaci, Sandra Dekanić (costumi) e Mila Čuljak (coreografia e movimenti scenici).

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