Archivi CNI. Un progetto a tutela e valorizzazione della tradizione

A colloquio con la connazionale Valentina Petaros Jeromela, al termine dell’ultima sessione lavorativa che la vede impegnata nel piano di lavoro nell’ambito del quale è riuscita a ricostruire, con dovizia di particolari e aneddoti sconosciuti, la storia della scuola di merletti di Isola. Il programma viene presentato in esclusiva per il nostro quotidiano

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Archivi CNI. Un progetto a tutela e valorizzazione della tradizione
Le carte vanno divise per argomento in base al titolario. Foto: VALENTINA PETAROS JEROMELA

Gli archivi, collezioni pubbliche o private di documenti di particolare interesse culturale o storico, per poter essere consultati dal pubblico devono avere una struttura ben organizzata e definita. A gestire la catalogazione dei documenti, la loro conservazione e il loro studio singolare ci sono gli archivisti, figure professionali che si occupano di tali attività.

Sugli scaffali, tra fondi e pagine degli archivi sono disponibili migliaia di utili informazioni per i ricercatori o i semplici curiosi, che devono essere rese disponibili e fruibili il più possibile comodamente. Il lavoro dell’archivista è importante per due ragioni: in primis perché anche nell’era del digitale gli archivi cartacei rimangono fondamentali per organismi pubblici e privati e in secondo luogo perché è un lavoro che fa dell’aggiornamento alle nuove tecnologie uno dei suoi punti forti.
In un futuro prossimo, il nesso che potrebbe accomunare tutte le istituzioni della CNI in campo archivistico, in modo da armonizzare il lavoro delle segretarie e rendere più facile l’archiviazione, è il piano di lavoro che vede impegnata la connazionale Valentina Petaros Jeromela, presidente del Comitato di Capodistria della Società Dante Alighieri. Stiamo parlando del progetto Archivi CNI, promosso dalla CAN costiera – rappresentata dal presidente Alberto Scheriani – e coordinato dal segretario generale della CAN, Andrea Bartole, con il finanziamento (che viene rinnovato annualmente) della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia per il tramite dell’Università Popolare di Trieste. In conclusione dell’ultima sessione lavorativa, terminata nei giorni scorsi, abbiamo avuto il piacere di farci spiegare dalla stessa Petaros Jeromela, qual è l’importanza e l’idea del progetto che per il momento vede inclusa la Scuola Media “Pietro Coppo” di Isola, che le ha offerto la disponibilità per visionare il materiale assicurando anche gli spazi dove dedicarsi al lavoro.

I documenti della Scuola «Pietro Coppo»
“Il lavoro ha avuto inizio nel 2019 – esordisce l’archivista -, il mese scorso ho concluso una parte del progetto che probabilmente vedrà il suo prosieguo nel 2024. Si tratta del censimento della documentazione prodotta dagli enti e dalle istituzioni della CNI in Slovenia. Una prima fase – precisa Petaros Jeromela – consisteva nell’individuazione degli archivi. Tra i molti aderenti (poiché non era obbligatorio), la Scuola ‘Pietro Coppo’ era quella con l’archivio antico più interessante, dunque, in attesa della possibilità di visionare altri archivi, si è deciso di cominciare con il riordino e l’inventariazione di questo”.
Il progetto è stato suddiviso in più fasi. “In primis sono stati individuati tutti i fondi relativi alla storia della Scuola non conservati nell’edificio, poiché questa nel corso degli anni ha cambiato più volte denominazione (Istituto tecnico di avviamento commerciale e industriale di Isola d’Istria; Istituto tecnico commerciale di Isola) e i documenti sono stati versati all’Archivio regionale di Capodistria in base alle leggi archivistiche slovene. Una prima cessione degli atti è stata registrata il 21 novembre 1967, come risulta dal verbale di versamento originale ritrovato”. La prima fase consisteva dunque nella verifica delle informazioni, nell’aggiornamento dei dati e nello studio della documentazione per individuarne le serie. La seconda fase è stata dedicata all’inventariazione.

Sostituzione e riordino
La connazionale, unica studiosa inclusa nel progetto, in quanto non ci sono altri diplomati in archivistica da poter coinvolgere, si è occupata quindi della sostituzione di unità contenitive e digitalizzazione. “Contemporaneamente si può supervisionare la sostituzione dei contenitori non adatti e selezionare la documentazione di particolare interesse per l’eventuale digitalizzazione”, prosegue la nostra interlocutrice durante la sua prima presentazione del progetto al pubblico.
Superate queste fasi, è necessario procede al riordino. Ma come si fa? “I documenti, come si dice in gergo ‘la sedimentazione’ è basata sul Titolario – specifica Petaros Jeromela – che è un elenco di titoli, argomenti che dividono e selezionano i documenti facendoli depositare, apponendo una sigla o segnatura, nei raccoglitori. Da qui, ogni documento può essere ritrovato e consultato poiché si trova nel ‘luogo’ ovvero nel raccoglitore che unisce tutti gli atti di quel certo argomento. Come dico sempre, non basta ‘mettere via’, ma bisogna sapere anche riprendere i documenti. Il tutto è poi diviso per anno”.

Ci vuole calma e pazienza
Il lavoro di recupero e conservazione è tutt’altro che semplice; esso richiede un impegno totale e tanto tempo. Ci vuole molta pazienza e avere oggetti tecnologici affidabili diventa una variante importante. “Nel corso di diverse sessioni lavorative, ho trascritto e descritto tutti i numeri di protocollo/segnature assegnati dal 1964 (1959) sino al 1980 con relativo fascicolo e contenuto. Con cura e con tanta calma vanno visionati tutti i fogli, registri, cartelle, contenitori… qualsiasi cosa si trovi in archivio. Bisogna visionare, controllare e poi identificarne il contenuto e da qui assegnare l’argomento con la relativa segnatura; ogni foglio va letto per capirne il contenuto. Anche se si tratta di carte non più in uso da anni, non è più un archivio corrente ma di deposito, attraverso l’identificazione dell’argomento diventa archivio di consultazione o storico. Tutte le carte ritrovate testimoniano qualcosa, tramandano un fatto, un evento… una decisione. Finita questa fase, la documentazione è stata versata all’Archivio Regionale di Capodistria mentre il materiale che è rimasto presso la sede della Scuola per diventare Archivio Storico è stato riposto in nuove unità archivistiche che verranno conservate per i prossimi anni”.

La traslitterazione elettronica
In seguito si passa alla realizzazione di documenti in versione elettronica, impensabile al giorno d’oggi in ambito archivistico.
“L’utilità della descrizione in formato Excel (cioè dell’inventario analitico) – continua la dantista – permetterà l’individuazione dell’argomento per l’anno prescelto. Non sarà possibile una visione d’insieme poiché la sedimentazione non è avvenuta in base all’argomento, ma sarà possibile una consultazione senza toccare necessariamente i Registri originali. La traslitterazione elettronica permette di abbandonare l’archivio cartaceo, che avendo documenti risalenti al 1909 risulta molto prezioso e deperibile. Contemporaneamente sono stati scansionati a freddo tutti i registri e i documenti più importanti (quelli che riguardano la storia della Scuola) e una volta che abbiamo creato il ‘gemello elettronico’, non sarà più necessaria la consultazione della documentazione originale e il versamento presso l’Archivio Regionale di Capodistria non consiste in una ‘perdita’ del nostro materiale, ma in un processo volto alla conservazione”.

Salvaguardare la storia
Perché è necessario mettere in ordine la documentazione di un’istituzione? “La gestione della documentazione con l’aggiunta della segnatura, che corrisponderebbe al ‘Nome e Cognome’ del documento, una specie di carta d’identità, ci permette di seguirlo nella sedimentazione e di ritrovarlo nell’esistente archivio fisico. Dopo la conclusione della trascrizione dei Registri di protocollo (Delovodniki), si ha una chiara percezione della documentazione e in base a ciò si potrà decidere il versamento e l’eventuale scarto; poiché non tutto fa storia e non tutto tramanda un elemento che va conservato. Ciò che rimane, diventerà archivio storico, prezioso elemento a testimonianza di una lunghissima tradizione della Scuola”, è dell’idea Valentina Petaros Jeromela.
Dedicando tante ore al riordino l’archivista acquista una conoscenza molto ricca e particolareggiata della documentazione e degli argomenti trattati. Questa scienza acquisita permette – o quasi obbliga – a scrivere la storia della scuola non solo utilizzando la documentazione originale, ma fa riscoprire fatti straordinari ed eventi che hanno segnato la scuola e che però sono conosciuti solo dai diretti interessati. “Per esempio, ho ritrovato mio zio, Livio Delise, tra gli alunni del corso preparatorio della scuola professionale per apprendisti del 1950”.

La scuola per apprendisti
La studiosa è riuscita a distinguere due storie parallele della scuola: una è quella della scuola per apprendisti e l’altra è la storia delle merlettaie.
“La scuola per gli apprendisti ritrova le proprie origini in diverse leggi austriache, la più antica è del 1897 (che era però un adeguamento della legge del 1859) ed è la Legge imperiale detta anche Legge sull’apprendistato. Comprendeva un corso preparatorio, I e II corso professionale e corso libero per apprendisti e una I e II classe della sezione di merletti e cucito per ragazze. Molto diversa è la storia del corso dei merletti, il recupero dei documenti rappresenta già un piccolo miracolo archivistico. Nel riordinare l’archivio, mi sono accorta che non ho trovato mai nulla che riguardasse le famose merlettaie di Isola d’Istria”.
Dopo aver concluso il recupero delle informazioni circa la parte dell’apprendistato maschile, insieme alla prof.ssa Fulvia Grbac, Petaros Jeromela si è appassionata alla ricerca della storia dei merletti. Grazie anche alla valida collaborazione dello studente Leon Kolman, sono riuscite a rintracciare i documenti individuando il fascicolo inerente alla scuola di merletti di Isola d’Istria. “In effetti – ammette l’archivista – è stato più difficile reperire questi atti che rimettere a posto tutto l’archivio (parliamo di circa 30 metri lineari di documentazione!)”.

Le merlettaie isolane
Questo prezioso ritrovamento le ha permesso di ricostruire, con dovizia di dettagli, aneddoti ed episodi assolutamente sconosciuti, la storia delle merlettaie isolane. “Il tutto è partito da una lettera – ritrovata! – di mons. Zamarin indirizzata al ministro del commercio a Vienna e datata 3 agosto 1880. Condivido con i lettori della Voce del popolo solo le prime righe: ‘L’industria dei merletti a punto veneziano in Isola deve datare da epoca molta remota’. Queste sono solo le prime righe – mi emoziona ancora l’averle scoperte – di uno studio che, probabilmente, sarà pubblicato l’anno prossimo in concomitanza con ben due ricorrenze: i 60 anni della nuova costituzione della Scuola (1964) e i 40 anni dell’unione degli indirizzi apprendisti e professionale (1984)”.
L’indirizzo professionale di merletti fu inaugurato in modo solenne nel 1907; in verità entrambi i corsi lo furono. La scuola fu chiusa diverse volte, sia durante il primo che durante il secondo conflitto mondiale, e a ogni nuova apertura coincideva un nuovo assetto anche dei corsi; il corso dei pizzi e merletti diventa un corso per sarte e poi, nel 1977, fu aperta la sezione dei commessi. Anche l’indirizzo professionale maschile subì diverse riorganizzazioni. Per un certo periodo la sede fu spostata a Pirano, almeno sino al 1963, dal 1964 fu nuovamente a Isola d’Istria.

Due corsi di insegnamento
“La scuola aveva sede nell’edificio in centro città e, come detto poc’anzi, offrirà due corsi di insegnamento: Scuola italiana per apprendisti e Scuola indirizzo economico – sebbene avessero sede nello stesso edificio, erano due istituti separati con due protocolli diversi. Vi erano due segretarie e due presidi; dell’indirizzo professionale fu preside Alceo Cobalti (dal 1° agosto 1964 sino al 30 settembre 1978). La segretaria-contabile fu Maria-Anna Maraspin, (dal 20 agosto 1967 sino al 31 maggio 1971) che fu sostituita nella carica, poiché si è licenziata, da Ines Dekleva (1° maggio 1971). Dell’indirizzo economico fu preside Ennio Agostini (dal 1° ottobre 1959 sino al suo pensionamento avvenuto il 31 agosto 1981); la segretaria era Anna Maria Ruzzier Gondola (dal 1° agosto 1963 sino al 15 agosto del 1971) e quando si trasferì all’Edit di Fiume fu sostituita da Pierina Milos, che prese servizio il giorno dopo la sua assenza e fu la segretaria dell’istituto sino al 31 dicembre 1982. I due indirizzi si unirono nel 1984 ma è almeno dal 1981 che vi furono grandi lavori di ristrutturazioni sia della vecchia sede in via Gregorčič (già via Besenghi) sia della nuova (via Zustovič), quella dove ancora oggi si svolge l’attività educativa con una varia e importante offerta didattica. Una svolta importante si ha però nel 1964: ‘il 7 settembre 1964 ha inizio il primo corso per apprendisti metalmeccanici (III anno) di nazionalità italiana’. Questa è una delle prime frasi che ho letto tra la moltissima documentazione che ho avuto la fortuna di consultare. Questa lettera è stata inviata da Ennio Agostini alle principali fabbriche allora attive ed esistenti a Capodistria”. Una volta ordinato l’archivio questo potrà essere consultato in base al regolamento.
Valentina Petaros Jeromela, sempre molto attiva nel suo campo (di recente ha vinto il Premio “Sigillo di Dante”, conferitole dalla Società Dante Alighieri della Spezia per la traduzione della Divina Commedia in sloveno), è riuscita a recuperare uno scorcio di vita sparita, grazie al progetto promosso dalla CAN costiera tramite il bando dell’UPT.
Il progetto, dedicato a tutti i curiosi e appassionati della nostra storia, abbraccia il territorio sloveno della CNI ma ciò non ne preclude l’estensione alla realtà croata della nostra minoranza.
Con l’augurio di poter rinnovare e allargare il progetto anche ad altri enti, Valentina Petaros Jeromela si concentra sui pizzi e merletti.

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