
Nell’ambito della Fiera del libro e del Festival degli autori “Vrisak” e del programma “Rijeka Calling”, ha avuto luogo ioggi, giovedì 14 settembre, nel Museo d’Arte moderna e contemporanea (MMSU) di Fiume un incontro con la scrittrice e poetessa connazionale Laura Marchig la quale, in un colloquio con Marina Banićević, ha presentato il suo ultimo romanzo “Schmarrn”. L’opera, ricordiamo, era stata definita dalla critica un “romanzo ibrido”, concepito sotto forma di ricettario di famiglia attraverso il quale l’autrice ripropone le ricette tramandatele dai suoi cari che non ci sono più.
Ma non è che si tratti proprio di un ricettario. “Leggendo il libro non imparerete certo a cucinare”, ha detto ieri sera Laura Marchig, mentre la moderatrice dell’incontro ha puntualizzato che “ogni ricetta è in effetti una pagina dell’album di famiglia”. La cucina tradizionale e le pietanze gustate nell’infanzia sono in pratica un collante tra la nostra quotidianità e la storia, mantenendo sempre un fortissimo legame con il territorio. In senso metaforico il libro dovrebbe essere il simbolo dell’imperfezione, in quanto gli “Schmarrn” non sono altro che delle “palacinche” mal riuscite, tagliuzzate e poi ricoperte con uno sciroppo di lampone. Ma chi di noi è perfetto?
I ricordi di Laura vengono trasportati dolcemente da un’aura quasi magica, senza perdere però il contatto con la realtà. Come precisato dall’autrice, “Schmarrn” – “L’ispirazione l’ho avuta quando sono ritornata nella casa dei miei avi a Cosala”, ha confessato – rappresenta una testimonianza del passare degli anni e allo stesso tempo un confronto con i protagonisti del libro, familiari e non. Il rapporto verso chi non c’è più non è intriso di nostalgia, ma è quanto mai vivo. Non si tratta, però, di un ossimoro. Laura fa rivivere i suoi personaggi in ciascuna delle tre parti di cui è composto il libro. Ci parla e li fa parlare, riesumando in un certo modo i tempi passati attraverso un’appassionata ricerca delle proprie radici. Scrivere il libro non è stato per lei una fatica, bensì un “respiro profondo”.
“Siamo in pochi e facciamo tante cose anche diverse per coprire tutti i campi della cultura”. In questa maniera Laura Marchig, sempre ostile ai cliché, alla violenza e alle incomprensioni, ha voluto spiegare, durante il “preludio” della presentazione del libro, la propria poliedricità e il desiderio di cimentarsi non soltanto nella scrittura di prosa e poesia, senza mai perdere l’opportunità di sottolineare la propria identità italiana, nata agli albori della sua vita “forse per l’amore verso la Nutella, Topolino, Topo Gigio, lo Zecchino d’oro…”, ben consapevole dei cambiamenti avvenuti a Fiume nel corso della storia e di quello che Fiume è oggi, una città nella quale l’italiano non è più nel sangue di tutti i cittadini, a prescindere dalla nazionalità.
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