Addio a Mario Schiavato, colonna portante della minoranza italiana

Si è spento all’età di 89 anni

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Addio a Mario Schiavato, colonna portante della minoranza italiana

Lutto nel mondo della cultura degli Italiani dell’Adriatico orientale. Addio a Mario Schiavato, una delle voci più genuine e rappresentative della letteratura istro-quarnerina contemporanea; uno dei grandi autori della letteratura italiana di queste terre – nell’ampio saggio dedicato all’autore nell’opera “Le parole rimaste”, Roberto Dobran e Irene Visintini l’hanno definito una vera colonna portante della minoranza italiana – e non solo.
Nato nel 1931 a Quinto di Treviso, a causa del conflitto mondiale, nel 1942 si trasferì con la famiglia a Dignano, dove trascorse gli anni della sua adolescenza, durante i quali sviluppò sentimenti profondi nei confronti del posto, che lo segnarono e formarono come persona. Dopo la fine della guerra la famiglia Schiavato tornò in Italia, ma lui rimase, trasferendosi di lì a poco a Fiume per rimanervi fino ai giorni nostri. Qui trovò impiego presso la nostra casa editrice. Dopo aver fatto il correttore di bozze del nostro quotidiano, fino al pensionamento lavorerà come linotipista. Accanto alla consorte Maria, direttrice della SEI “Mario Gennari” (oggi San Nicolò”), sarà attivo su molti fronti del mondo CNI, collaborando intensamente oltre che con l’Edit con le scuole, con le Comunità, con il Dramma Italiano. Come narratore, esordisce proprio sulle pagine de “La Voce del popolo”, con il racconto (rimasto incompiuto) “Il mio quadro”, pubblicato sulla Terza pagina, il 30 settembre del 1951. Il suo primo libro “I ragazzi del porto”, pubblicato dall’Edit nel 1954, sarà tradotto in tutte le lingue dell’ex Jugoslavia, diventando la prima opera italiana pubblicata in lingua macedone.
Schiavato scriverà fiabe sul giornalino per ragazzi “Il Pioniere” (l’odierno “Arcobaleno”). Collaborerà con diverse testate, tra cui “Vie giovanili”, “La Voce del popolo”, “La nostra lotta”, “La Voce dei lavoratori”, “La battana”, l’“Eco di Bergamo”, “Il Piccolo”, il “Corriere di Trieste”, “Noi donne” e “Liburnia” (Roma), “Alpinismo goriziano”, “Le Alpi Venete”…
Provvisto “di un’individualità estetica tradizionale, di un robusto realismo in prosa, si colloca su una linea di continuità evolutiva che raggiunge i giorni nostri, senza mai ostentare propositi di rottura”, come osservano i citati critici e storici della letteratura. La sua vasta produzione comprende diverse centinaia di racconti, favole, commedie e romanzi, interessandosi alla poesia soltanto in seguito. Di grande successo il romanzo breve “Mini e Maxi” (Edit 1976), dal quale è stato tratto uno spettacolo teatrale messo in scena dalla compagnia del Dramma Italiano.
Autore prolifico, tra i suoi lavori ricorderemo: “Racconti dignanesi” (Lint, Trieste, 1981), “Zaino in spalla” (Edit, Fiume, 1996), “Racconti istriani” (Edit, Fiume, 1994”), “Terra rossa e masiere” (Edit, Fiume 2001, Premio Prato, Premio Latisana per la letteratura del nord-est, e nella traduzione in croato Premio della Contea Istriana per il miglior libro scritto sull’Istria nel 2001), “All’ombra della Torre” (Edit, Fiume 2003), “L’eredità della memoria” (Edit, Fiume, 2004), “Il ritorno” (Edit, Fiume 2006), “Storie di gente nostra” (Edit, Fiume, 2012).
Dal 1972 membro dell’Associazione degli scrittori della Croazia, pluripremiato al Concorso d’arte e di Cultura “Istria Nobilissima”, vinse ben 4 volte il prestigioso premio letterario “Drago Gervais”. Nel suo vasto palmarès figurano ancora il premio “Poesia in Piazza della Città di Muggia”, il premio “Antonio Bettin” (Vicenza), il premio “Poesia della montagna”, vinto al Concorso nazionale bandito dalla Val Formazza, il “Carlo Mauri” di Lecco, il “Raise” di Arquà Polesine, il “Carnia” di Tolmezzo, il “Vileg” di San Giovanni al Natisone, il “Celso Macor” di Romans d’Isonzo, il “Tommaso Valmara Letteratura per ragazzi -Fondazione Cassa di Risparmio” di Cento.
Appassionato di montagna, visitò i vulcani dell’Ecuador (Cotopaxi), le vette delle Ande, viaggiò in Patagonia, Oceania, Siria, Giordania, Indonesia, ripercorse la strada della civiltà Maya e tanti altri luoghi. La cima più alta che riuscì a conquistare nel 1980 fu la vetta del Peak Lenin, in Pamir, all’epoca Unione Sovietica, oggi Kirghizistan, che raggiunse da solo, perché gli altri non c’è l’avevano fatta.
Nel 2012 il noto scrittore fu premiato con la Targa d’oro con lo stemma della Città di Fiume per il suo prezioso contributo alla letteratura italiana e al dialetto fiumano, ma anche e giustamente, per la diffusione dello sport, in particolar modo dell’alpinismo. In segno di affetto e di riconoscenza, sempre nel 2012, Dignano, che Mario Schiavato considerava sua patria d’adozione, in quanto vi trascorse la fanciullezza e fu lì che aveva radicato i suoi affetti più cari, gli conferì la cittadinanza onoraria.

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