
“Siamo particolarmente lieti di poter ospitare stasera il Gruppo incontro di Trieste, una realtà artistica di grande qualità e sensibilità che da anni si distingue per l’impegno nella promozione del canto corale e della cultura musicale italiana. La loro presenza qui rappresenta non solo un’occasione di arricchimento culturale per tutti noi, ma anche un importante momento d’incontro tra le nostre comunità, unite da legami storici, culturali e affettivi profondi”. Con queste parole, Ketty Brunetti, membro del Comitato Esecutivo del sodalizio fiumano, ha accolto il prestigioso complesso vocale e strumentale giuliano, formato da 13 soprani, 10 contralti, 8 tenori e 5 bassi.
Fondato a Trieste nel 1971, quest’ultimo è celebre per l’originalità del proprio repertorio e vanta un’intensa attività concertistica che lo ha condotto in numerosi Paesi europei, sei incisioni discografiche, collaborazioni con rinomati professionisti del settore e numerosi riconoscimenti. Tra le sue pubblicazioni più significative figura il CD “Cantus Dei Gloriae”, edito dalla casa discografica Tactus.
Echi d’Istria tra epoche e sensibilità
All’interno dell’elegante Salone delle Feste di Palazzo Modello, lo storico ensemble, diretto dalla sua fondatrice, la Maestra Rita Susovsky, e accompagnato al pianoforte da Nicola Colucci e alla chitarra da Franco Zubin (anch’egli membro del coro), ha proposto un programma ricco e variegato, riunito sotto il titolo evocativo “Oh, bell’ Istria chi lungo il tuo lido…”, omaggio simbolico all’inno istriano composto da Giulio Giorgeri.
Il repertorio si è snodato come un raffinato tessuto musicale di epoche e voci, dalle composizioni di maestri del passato quali Gabriello Puliti con “Dolcemente dormiva… Clori” e Marko Ivan Lukačić con “Ex ore infantium”, fino a “Inno a Tartini” di Antonio Smareglia e alla moderna spiritualità di “O lux beata Trinitas” di Andrej Makor. A questi si sono affiancati numerosi canti popolari istriani, carichi di lirismo e memoria, provenienti da luoghi simbolici come Cittanova, Visinada, Bassania, Gallesano, Momiano, Zara, Parenzo, Pirano e Lussino. Brani come “Dami un ricio”, “La vien zo”, “O vogatore” (proposto con grande suggestione dalle soprano soliste Serena Arnò e Daria Ivana Vitez), “Se ti ti dormi sola”, “Fame le nine”, “E vien le scale”, “Quel orologio”, “La mula de Parenzo”, “Vieni o bela afaciarti” e “Se ti brami di vedermi” sono stati eseguiti con eleganza e intensità. L’interpretazione complessiva si è distinta per la cura delle armonie, la raffinatezza timbrica e la forza espressiva, merito della direzione appassionata e sapiente della Mª Susovsky.
In chiusura di serata, il coro ha voluto rendere omaggio a Maria Susovsky, sorella di Rita e figura eminente della scena artistica triestina recentemente scomparsa, con il brano “Marinaresca – Una fresca bavisela”, su musica di Publio Carniel e parole di Raimondo Cornet (Corrai), una dolce narrazione di mare e d’amore che ha commosso i presenti e raccolto lunghi e sinceri applausi.
Nel canto, il vincolo silenzioso
A conclusione dell’evento, Susovsky si è rivolta al pubblico con parole di gratitudine e riflessione, ribadendo l’importanza della cultura e delle radici di questi luoghi: “Crediamo sia molto importante e fondamentale mantenere viva la cultura e le origini di queste terre, così ricche di tradizioni, di lingue e confessioni, e riteniamo che la musica unisca i popoli e sia il linguaggio più adatto per esprimere i sentimenti dell’animo umano in ogni circostanza. Ecco pertanto l’importanza di promuovere e di riscoprire l’efficacia straordinaria di questo linguaggio artistico nel manifestare l’interiorità di ogni individuo e di ciascun popolo. Per questo motivo sarebbe importante e fondamentale ritrovare dei contenuti validi e profondi attraverso quel linguaggio che non conosce barriere culturali e ideologiche, quale è quello della musica”. Un messaggio quanto mai attuale, che trova eco nelle parole del compositore Paul Hindemith (1895–1963): “I popoli che fanno musica insieme non possono essere nemici”.

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