Tutta la verità sul mangiar falso

Un libro firmato da Ingrid Kragl ci parla di frodi alimentari. I Paesi più a rischio sono quelli delle cucine più conosciute nel mondo: Italia e Francia, Ma anche in Croazia bisogna tenere l’occhio vigile e stare attenti a cosa si mette nel carrello. Ne va della credibilità acquisita in questi ultimi anni

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Tutta la verità sul mangiar falso

In Croazia spesso e volentieri la spesa è dettata dalla disponibilità economica: si compra quello che detta il portafoglio. La quantità di pesce consumato pro capite ne è un esempio. C’è poi un altro problema, dovuto al fatto che una buona fetta di acquirenti non conosce a fondo i prodotti presenti sugli scaffali che appartengono ad altre tradizioni culinarie, non soltanto esotiche. Potenza della globalizzazione e della presenza nella grande distribuzione organizzata sul territorio di marchi europei. Non di rado il consumatore medio si trova quotidianamente di fronte a una serie di dubbi tra il cosa metto nel carrello e il “mangia sano” propinato da media e medici.

 

È proprio questo spazio d’ombra che viene sfruttato dai malfattori, che ne approfittano per servirci la proverbiale truffa quotidiana. Ne parla Ingrid Kragl, giornalista e direttore delle notizie (directrice de l’information) di “Foodwatch” in Francia. Da oltre sei anni si ocupa di frodi alimentari e di recente ha pubblicato un libro con le Éditions Robert Laffont, dal titolo Manger du faux pour de vrai (Mangiare falso per davvero): è una perfetta sintesi di anni di inchieste giornalistiche svolte in Francia, ma non solo. L’autrice ha svolto le sue indagini in diversi Paesi e ha parlato con molti esperti, alcuni senza nominarli per preservare il loro anonimato. Il risultato, incredibile, che emerge dal suo racconto – “Tutto quello che scopriamo sul fondo della pentola è ancora peggio di quello che pensavamo”, scrive Christophe Labbé sul settimanale “Le Canard enchaîné”, mentre Valérie Exper, (Sud Radio) lo definisce duro e affascinante, quasi un giallo, e Alice Augustin (“Elle”) aggiunge che fa venire i brividi lungo la schiena e nel frigorifero –, è che nemmeno la Francia, dove il cibo è cultura e la cui gastronomia è riconosciuta come patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’Unesco, viene risparmiata dalle frodi alimentari ma qui il tema è un tabù, cosa che non è il caso in Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, Spagna e Italia, ad esempio, dove le autorità comunicano su queste pratiche illegali e pericolose.

Ingrid Kragl, autrice di Manger du faux pour de vrai (Mangiare falso per davvero), edito quest’anno da Robert Laffont

L’autrice rivela che ci sono cibi falsi proprio come esistono sigarette false o orologi di lusso falsi o vestiti falsi: “Nel corso della mia indagine, mi sono resa conto di come la contraffazione, l’imitazione, abbia colpito anche il settore alimentare. Attraverso la magia dell’etichetta, un cibo o una bevanda si trasforma in qualcosa che non è. O perché gli vengono improvvisamente attribuite qualità che il prodotto non ha (un marchio di qualità, per esempio), o perché è un prodotto falso, prodotto in aziende clandestine dove vengono applicate etichette false (anche sull’origine, ecc.). Numerose reti del crimine organizzato sono coinvolte in questo business estremamente lucrativo. Perché in apparenza, questi prodotti sembrano reali. Le reti del crimine organizzato diversificano le loro attività perché barare nel settore alimentare è meno pericoloso: un vino falso sembra un vino, cosa che non è il caso on gli stupefacenti ovviamente illeciti. Ed è più facile che questi alimenti falsi sfuggano alla rete di controllo e non vengano rilevati”.

Secondo la giornalista una su nove indicazioni geografiche protette (Igp) in Europa è contraffatta: è quasi un prodotto su dieci, ed è la media europea. Paesi come la Francia e l’Italia hanno molti prodotti protetti da una Igp ultimamente anche alcune regioni croate come l’Istria. Un pesticida su sette in Europa è contraffatto; in Ucraina, addirittura uno su quattro. Queste cifre sono sconcertanti: stiamo mangiando frutta e verdura che sono state spruzzate prodotti non ammessi, quindi pericolosi per la salute del consumatore perché non sono ufficialmente controllati e non si sa cosa contengono.

«Tutto quello che scopriamo sul fondo della pentola è ancora peggio di quello che pensavamo», scrive Christophe Labbé sul settimanale «Le Canard enchaîné». Questo libro è quasi un giallo (Valérie Exper, Sud radiot), fa venire i brividi (Alice Augustin, «Elle»). Dalla sinossi: «La frode alimentare è un affare succulento. E per una buona ragione: vendere cibo manomesso, illegale, contraffatto o contaminato è meno rischioso – e a volte più redditizio – del traffico di droga o di armi. Quest’indagine, sostenuta da esempi sorprendenti e da numerose testimonianze, decifra, con prove a sostegno, un fenomeno abilmente nascosto. Traccia i canali, dipinge un quadro dei truffatori, spiega perché e come le aziende si sbilanciano. E mostra che in tutti i Paesi, compresa la Francia, oltre ai piccoli trafficanti, il crimine organizzato vende prodotti falsi attraverso i supermercati, i ristoranti o Internet. Esempi? Sapevate che il tonno contaminato subisce iniezioni chimiche per tornare sotto un bell’aspetto nei nostri piatti? Che alcuni mieli non vengono dalle api? Che le mafie si stanno infiltrando nel mercato della frutta e della verdura? Che esiste il falso cibo biologico, come il falso made in France, i falsi pesticidi, il tradimento dei grandi vini, l’olio d’oliva senza olive? Pensavate che lo scandalo della carne di cavallo fosse finito? Ripensateci. La cosa peggiore è che, di fronte a un pericolo crescente, le autorità sono sopraffatte. E l’industria alimentare lo sa, ma non dice nulla. Fortunatamente, le soluzioni esistono. Perché mangiare cibo finto per davvero, nessuno lo vuole!»

Attacco al made in Italy

Una delle gastronomie più colpite è quella italiana, come testimonia la stessa Kragl: “Sono rimasta colpita dalle frodi online su piattaforme come ebay, Alibaba, Amazon. L’appetito per i prodotti italiani non è sfuggito ai truffatori: ho visto parmigiano con i buchi venduto online in Asia, imitazioni di Prosecco in Gran Bretagna, ecc. Le autorità italiane hanno il potere di chiedere immediatamente non solo alle piattaforme online ma anche alle autorità straniere di fermare immediatamente queste frodi per proteggere i consorzi. Questa è una buona cosa per proteggere i produttori italiani, che sono vittime di queste frodi.

Mi ha colpito soprattutto l’interesse della mafia per i traffici nel settore alimentare: in particolare l’acquisizione del mercato di Fondi da parte della camorra. Poi, dopo aver scambiato molte opinioni con il sociologo Marco Omizzolo, che ha il coraggio di denunciare il caporalato nel settore alimentare, e la responsabilità della grande distribuzione, mi sono chiesta se parte del cibo made in Italy che consumiamo non sia frutto dello sfruttamento umano. Domanda che continua a tormentarmi”.

“Per la Francia, direi che la seconda ragione di frode è la più problematica e urgente. In effetti, qui i mezzi dedicati alle frodi alimentari non sono all’altezza della situazione, della portata del fenomeno. Le agenzie incaricate dei controlli nel settore sono in gran parte a corto di personale e questo dovrebbe preoccupare perché la frode alimentare sta crescendo in modo esponenziale. Sono Europol e Interpol ad affermarlo”.

La lotta contro la frode alimentare fa comunque parte delle priorità che la Commissione europea ha messo nella sua strategia “From farm to fork” (di cui abbiamo già trattato in numeri prececenti), chiedendo agli Stati membri di affrontarla con urgenza. In Francia si può vedere che al momento non è una priorità politica. Eppure, quando le agenzie di controllo mettono le mani su pratiche fraudolente, l’argomento rimane purtroppo un tabù. Non esponendoli pubblicamente i legislatori scelgono di proteggere i truffatori e questo è un bel problema, soprattutto per i produttori che lavorano onestamente. I consumatori non hanno accesso alle informazioni su questo.

Produttori e distributori dovrebbero essere obbligati a denunciare le frodi alle autorità preposte, non solo quando c’è un potenziale impatto sulla salute (come previsto dal regolamento dell’Unione europea, la cui Commissione ha istituito un Centro per le frodi e la qualità alimentare, che protegge l’autenticità e la qualità degli alimenti commercializzati nell’Ue). “Naturalmente – spiega Peter Whelan (FSAI – Food Safety Authority of Ireland)–, come con HACCP ci dovrebbe essere una certa flessibilità nel modo in cui viene applicato. Le aziende alimentari più piccole non sarebbero tenute ad effettuare una valutazione così completa come gli operatori alimentari più grandi, ma tutti dovrebbero essere in grado di dimostrare agli ispettori di aver considerato le potenziali vulnerabilità a cui la loro azienda può essere soggetta e di aver valutato queste vulnerabilità e, se del caso, implementato piani di controllo o strategie di mitigazione”.

Matthias Wolfschmidt, direttore delle campagne di Foodwatch International, invece, va oltre: “I test dovrebbero essere obbligatori per la grande distribuzione, punto e basta. Se le grandi catene di supermercati temessero di dover pagare loro stesse pesanti sanzioni per merci fraudolente, effettuerebbero controlli intensivi nel loro stesso interesse. Questo sarebbe il modo più efficace per combattere le frodi alimentari”. Infine, i laboratori dovrebbero essere obbligati ad informare le autorità sulle frodi alimentari (anche quando non c’è una minaccia per la salute.

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