Prigionieri dei nostri schermi

L’intrattenimento passivo è aumentato in modo esponenziale, l’apparente qualità di esporci in continuazione a narrazioni stereotipate, frammentarie, orizzontali nella loro capacità di approfondimento forse impoverisce il nostro capitale cognitivo? Sicuramente ci toglie il tempo per «fare altre cose», «vedere altre cose», «pensare altre cose»

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Prigionieri dei nostri schermi

Lo scenario dei robot che prendono il sopravvento sulle nostre vite è già realtà. La loro sopraffazione è meno plateale e terrificante di quella raccontata nei film di fantascienza, ma forse è più subdola. Tablet, Pc, smartphone e domotica si impossessano sempre più della nostra attenzione giorno dopo giorno. Niente di nuovo, in tempi in cui la parola isolamento è accettata come un forma di protezione, vedere due innamorati intenti a guardare i loro schermi invece di scambiarsi parole d’amore o famiglie in cui padre, madre e figli stanno ciascuno in una stanza a interagire col proprio apparecchio elettronico è diventato un fatto quotidiano. I robot degli schermi interattivi ci stanno incatenando, in isolamento, ai nostri schermi e lo fanno con il nostro consenso. Un processo inarrestabile in cui emerge una nuova cultura. Non mi riferisco alla pornografia o alla TV spazzatura, parte del problema, ma a un più vasto bacino di intrattenimento disponibile, spesso anche di dubbia qualità. Una piscina in cui rischiamo di annegare, risucchiati dalle nostre stesse risate e dal fascino di immagini belle, ma vuote.

 

Furto dell’attenzione

Quando McLuhan e meglio ancora Postman pubblicarono le loro riflessioni sul consumo dei media di certo non potevano sospettare cosa sarebbe successo con Internet e la rivoluzione digitale. Postman era preoccupato per l’effetto di ottundimento generato dalla televisione. Nel suo manuale “Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo” Postman scrive a proposito di TV: “È nella natura del mezzo il fatto di sopprimere il contenuto delle idee per fare posto all’interesse visivo, cioè fare posto a valori spettacolari”. Non sapeva che a un certo punto tutti noi avremmo avuto non solo la televisione, ma che saremmo stati circondati dalla pervasività di schermi interattivi che ci portiamo appresso nelle nostre tasche, nelle nostre borse, o che accumuliamo nelle nostre stanze. Era particolarmente preoccupato per il modo in cui le notizie venivano trasformate in intrattenimento, ma non prevedeva un mondo in cui le notizie stesse diventavano un’aggiunta opzionale alle infinite possibilità di divertimento online. Per quanto possa capirne, tutta la saturazione dell’intrattenimento non ha paralizzato la personalità degli adolescenti, nonostante la loro immersione nei media elettronici. Leggono ancora libri e sembrano ancora ragionevolmente abili nell’interagire con altri esseri umani in quelle rare occasioni in cui scelgono di esercitare questa opzione.

Intrattenimento passivo

L’intrattenimento passivo è aumentato in modo esponenziale, l’apparente qualità di esporci in continuazione a narrazioni stereotipate, frammentarie, orizzontali nella loro capacità di approfondimento forse impoverisce il nostro capitale cognitivo? Sicuramente ci toglie il tempo per “fare altre cose”, “vedere altre cose”, “pensare altre cose”. È simile a quanto è successo con le droghe o l’alcool in passato. Questa nuova adolescenza tecnologica quali effetti porterà sulla nostra mente e sulle relazioni con gli altri se usata senza troppi criteri? Sono un buon consumatore di intrattenimento passivo e mi sento coinvolto da questa domanda.

Contenuti impoveriti

Ho notato col tempo che aumenta l’offerta di contenuti che richiedono sempre meno uno sforzo da parte mia sulle piattaforme Netflix e Amazon; col passare degli anni mi trovo spesso risucchiato e complice nello “scrollare” su Facebook inutili video di pochi minuti che in modo consequenziale passano da come difendersi da uno squalo bianco, piuttosto a come si fanno i marshmallow, o a guardare signorine asiatiche che mangiano molluschi vivi di ogni forma e colore. Non riconosco in tutto questo niente che possa intrattenere e insieme migliorare il mio orizzonte di conoscenza o rendermi migliore come uomo, ma tant’è che ne sono coinvolto. Di contro c’è l’argomento ragionevolmente convincente che la moderna generazione dello schermo non è passiva come quella della TV, per effetto dell’interattività. Costruire un mondo con Minecraft o realizzare con semplicità i propri videogiochi e avventure con Roblox, o giocare a matematica contro avversari che si trovano dall’altra parte del mondo può essere più salutare per la mente che accasciarsi davanti alla TV a guardare Rai Gulp o Tom e Jerry.

Svago, arte e notizie

Eppure alcune distinzioni come quella tra intrattenimento, arte e informazione andrebbero sempre tenute bene in considerazione, sebbene il potenziale per costruire ponti tra loro sia sempre più spesso oggetto di storytelling. Coloro che creano e producono dovrebbero tenere bene a mente il rischio della mistificazione, ad esempio tra vero e falso. L’intrattenimento che qui non voglio snobbare, essenzialmente mi fa divertire e distrarre. L’arte connette con un diverso livello di realtà, come la religione mi connette all’anima; e l’arte raramente è comoda, facile come lo è l’intrattenimento. Allo stesso modo le notizie dovrebbero essere sempre frutto di un lavoro di ricerca di fonti, ricerca del vero, servizio per i lettori per facilitare la distinzione del vero dal falso.

L’intrattenimento non è droga, ma è una tentazione, e con Internet e il digitale più che una tentazione, a causa della sua infinita disponibilità. Come persona proveniente da una famiglia di impiegati, semplice e borghese non avrei mai scoperto il mio amore per la scienza se non ci fosse stato Quark con Piero Angela, perché questo e null’altro potevo vedere dopo pranzo e prima dei compiti alla televisione. Non avrei mai scoperto Shakespeare se le scelte fossero state illimitate come lo sono ora, perché Quark e Shakespeare richiedono uno sforzo; e perché fare uno sforzo quando non è necessario? Ma oggi nessuno deve più ingoiare queste pillole vista l’infinita scelta che allora i pochi canali televisivi non consentivano. Ora mi domando se i “nuovi schermofili” guardano i documentari o le opere di Shakespeare sui loro smartphone? Ne dubito.

Le distinzioni che nutrono l’anima

Mi conforta notare che le gallerie d’arte e i teatri sono ancora pieni, quindi lontani da vedere le persone fondersi completamente con la realtà dei loro schermi. Internet può essere strumento di grande conoscenza e di stimolo all’immaginazione, solo che distogliere lo sguardo da qualsiasi cosa scomoda e stimolante non è mai stato così facile come lo è oggi e forse, in un mondo sempre più spietato, può essere anche una cura. Ma come ogni farmaco ci sono le controindicazioni, e in queste figura anche l’avvertimento di non abusarne, allenarsi a fare le giuste distinzioni, perché l’anima richiede qualcosa di più per essere nutrita solo con commedie, reality TV, filmati realizzati dagli YouTubers, film, videogiochi e cani che ballano.

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