Votata la Dichiarazione contro la discriminazione

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Votata la Dichiarazione contro la discriminazione

Si chiama “Dichiarazione di condanna di ogni forma di discriminazione” il documento approvato lunedì sera alla nona sessione del Consiglio municipale, su convocazione del presidente Tiziano Sošić. Il testo della dichiarazione è stato proposto all’attenzione del Consiglio municipale dal gruppo della Dieta Democratica Istriana e partiti di coalizione, in risposta alle recenti iniziative referendarie che mirano a deratificare la Convenzione di Istambul e puntano a modificare la legge elettorale negli elementi che riguardano principalmente i diritti minoritari alla rappresentanza parlamentare. Il documento è stato approvato a larga maggioranza di voti, con i favori del gruppo di maggioranza (DDI e coalizione) e del gruppo socialdemocratico. Quattro gli astenuti, nella fattispecie i tre consiglieri dell’Accadizeta e uno di Barriera umana (Živi zid).

Il testo della Dichiarazione

Vediamo innanzitutto il testo della Dichiarazione nei suoi tratti essenziali. Il documento si apre con l’affermazione secondo la quale “il Consiglio municipale di Pola esprime la sua preoccupazione in merito alla recente evoluzione della situazione politica nello Stato”. Le ragioni sono le seguenti: in primo luogo, “l’insistenza di varie iniziative civiche volte a falsificare il contenuto della Convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne e la violenza in famiglia (o Convenzione di Istambul)” allo scopo di “abolire o limitare gravemente il diritto delle donne e dei bambini a non subire violenza in famiglia, nonché a limitare il diritto alla parità dei generi”. In secondo luogo, desta preoccupazione l’iniziativa di riformare la legge elettorale nei termini che “attaccano direttamente i diritti acquisiti delle minoranze nazionali”. Il sistema attuale – si legge infatti nella parte esplicativa del documento – rappresenta un contributo prezioso alla convivenza equilibrata e tollerante nella società croata, ma anche un apporto inestimabile della Croazia ai meccanismi di tutela dei gruppi etnici europei. Questo livello di conseguimenti è ora messo in predicato mediante false interpretazioni del meccanismo dell’elezione dei parlamentari occupanti i seggi specifici destinati alle minoranze nazionali. Nella fattispecie, si vuole impedire a questi ultimi l’esercizio parlamentare di dare e togliere fiducia al Governo ma anche di votare la Finanziaria, un impedimento che, alla prova dei fatti, priva i deputati delle loro prerogative fondamentali e crea una classe di parlamentari di secondo ordine. Il Consiglio municipale, invece, approvando e diffondendo la presente Dichiarazione, lancia al popolo croato il suo appello a “rispettare i diritti acquisiti di tutti i cittadini a prescindere dal sesso, dal genere, dall’etnia, dall’orientamento sessuale e dal credo”.

HDZ: «Una Dichiarazione inutile»

E ora le interpretazioni. I tre consiglieri dell’HDZ si sono astenuti dal votare perché, pur dichiarandosi contrari a ogni discriminazione, trovano superflua, e quindi inutile, una Dichiarazione che per altro risulta essere ritardataria in tutte le sue intenzioni. Lo ha spiegato il consigliere Mirko Jurkić, che di professione fa l’avvocato, ma che in questa controversia “non vuole essere l’avvocato di nessuno”. A suo avviso non compete a un consiglio cittadino discutere di politica nazionale e internazionale, specie se le leggi sono state fatte, approvate e in vigore. “La Convenzione c’è – ha ribadito Jurkić – le leggi che tutelano le donne e contrastano la violenza non mancano, e d’altra parte le iniziative civiche che puntato all’indizione di referendum a livello nazionale non possono essere valutate che a livello nazionale, in questo caso dalla Corte costituzionale. Gli enti locali, il nostro o qualunque altro, non c’entrano proprio in nessun caso, e sono fuori tema quando insistono a occuparsi di cose che non compete loro giudicare”. D’altra parte, sempre a detta del consigliere, “non c’è motivo di dichiarare retrograda ogni iniziativa proveniente dai circoli conservatori, come è certamente risaputo che non ogni iniziativa proveniente dai circoli liberali può essere definita a priori progressista e utile al bene comune”.

Sošić: «È un obbligo morale»

Così formulando il proprio pensiero, il consigliere si è attirato gli strali del resto della platea parlamentare, maggioranza e gran parte dell’opposizione compresa. Assolutamente convinto della necessità di deliberare come proposto il presidente del Consiglio Tiziano Sošić, secondo il quale, non solo non sussiste alcun divieto legale per un ente locale di esercitare la propria influenza sui processi politici a livello nazionale, ma esiste, al contrario, l’obbligo morale degli enti locali di fare esattamente questo quando ci vanno di mezzo di diritti umani. “Non stiamo attaccando nessun gruppo specifico in quanto tale, ma le due iniziative referendarie concrete per i motivi che abbiamo addotto”. Della stessa concezione il socialdemocratico Danijel Ferić, una volta tanto allineato alla maggioranza di cui un tempo aveva fatto parte anche di persona, poi allontanandosene:
“Ben venga la Dichiarazione così come sta e giace, perché il suo messaggio è chiaro e sensato, anzi, ce ne fossero una alla settimana di dichiarazioni di questo tono e significato, sarebbe meglio ancora. Ma resta il fatto che il documento arriva in ritardo: avremmo dovuto promuoverlo prima che le due iniziative referendarie decollassero o perlomeno durante la raccolta delle firme, magari vietandogli di disporre del suolo pubblico per la raccolta delle firme, come hanno fatto Fiume e Samobor, oppure invitando i cittadini a non concedere con leggerezza il proprio assenso, come hanno fatto a Umago. Ora che il latte è versato, è inutile tergiversare. Temo che uno dei due referendum sarà valido e verrà indetto. Naturalmente il Partito socialdemocratico richiederà l’esame del Tribunale costituzionale perché siamo fermamente convinti che l’iniziativa sia contraria alla Costituzione. Ma, dovesse superare anche questo scoglio, dobbiamo tornare a unire le forze e lavorare di concerto, sollecitando i cittadini a votare contro”.

Paura come donna e come madre

Le consigliere si sono giustamente accollate il diritto a parlare con cognizione di causa in quanto donne. Sanja Radolović (SDP) è rimasta sconcertata dall’astensione dei colleghi (due uomini e una donna) dell’Accadizeta: “Francamente non comprendo le loro argomentazioni e ho paura come donna e come madre delle conseguenze che questa radicalizzazione del principio conservatore può produrre se non oggi, di certo un domani. A maggior ragione, dunque, abbiamo bisogno di questa Dichiarazione, come abbiamo bisogno che la pratica si estenda a tutti gli enti locali dell’Istria”. Petar Ćurić (HDZ) ha rincarato la dose: “È populismo a buon mercato, quello che state facendo. La democrazia presuppone un cambio al potere di quando in quando, ma voialtri siete al governo da sempre e a questo titolo non siete altro che dei totalitaristi. Io come croato a Pola mi sento in minoranza e mi sento minacciato”. Più serio e concludente il discorso di Elena Gattoni (DDI), ginecologa: “Mi sento in dovere di rispondere essendo la salute delle donne la mia prima e l’unica preoccupazione professionale. In primo luogo, questo Consiglio municipale ha il diritto ed è i
n dovere di parlamentare su argomenti quali i diritti umani, minoritari e femminili. In secondo luogo, consideriamo il fatto che pochi hanno letto il testo della Convenzione e che siamo tutti in ugual modo vittime di un modello interpretativo di provenienza clericale, un ambiente, questo, che non concede voce in capitolo alle donne anche quando le manda in prima linea a fare le sue battaglie. Quanto a chi si ritiene minacciato o non si sente a proprio agio in città, bisogna ricordare che al reparto di Maternità a Pola registriamo un crescita di 300 parti l’anno e notiamo che in città arrivano famiglie dalla Croazia orientale e settentrionale in cerca di lavoro e stabilità, famiglie che preferiscono Pola all’Irlanda, tanto per chiarirci”. Come a dire, ci sono croati che non soltanto non si sentono minacciati a Pola, ma vi si trovano talmente bene che decidono di stabilirvisi per sempre. Rileviamo ancora l’osservazione conclusiva del consigliere Radenko Ognjenović (SDP), che si è detto inconsolabilmente triste perché “abbiamo ancora bisogno, nel 21º secolo, di formulare simili dichiarazioni, i cui postulati dovrebbero invece essere impliciti nella condotta morale di ognuno”.

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