Voglia d’estate e di «normalità». Come prima, più di prima

La marcata presenza turistica ci riporta al 2019 da record. Sembra quasi dimenticato il «misero» 2020, che aveva ridisegnato il settore riducendolo ai minimi termini

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Voglia d’estate e di «normalità». Come prima, più di prima

Tutto come prima, anzi, meglio di prima. Ovviamente il termine di paragone è il 2019, l’ultimo anno antipandemico, che tra l’altro la nuova sindrome respiratoria porta nel nome. Che dire? Ormai è come se non ci fossero mai stati né il virus né il panico che ha scatenato. I turisti sono tornati a colonizzare la costa adriatica con l’entusiasmo di prima e le tasche piene. I campeggi sono pieni fino all’ultimo ordine di posti, gli appartamenti pure, gli ostelli idem e gli alberghi non si lamentano. I ristoranti fanno nuovamente affari e con loro anche i pescatori, gli agricoltori, i grossisti, i fornitori, i negozianti al dettaglio, senza contare gli edicolanti, i panettieri e i gelatai, che a quest’ora fanno soldi a palate.

Una foto per una moneta

Dopo l’anno orribile tondo e numerologicamente sospetto 2020, ecco che il 2021 ha restituito la tranquillità agli animi. Gli aerei fendono nuovamente i cieli, le navi approdano allo scalo passeggeri, gli autobus circolano pieni come prima. Anche quelli dei trasporti pubblici urbani. Per avere un posto a bordo si deve per forza salire al capolinea, possibilmente tra i primi. Altrimenti si rischia di fare il viaggio in piedi, mezz’ora suonata o forse più nelle ore di punta, che in estate lo sono sempre. Insomma, siamo tornati al piccolo mondo antico precedente la prima vera emergenza sanitaria mondiale del nuovo millennio. E abbiamo deciso di infischiarcene. Certo, nei mezzi pubblici tutti indossano la mascherina. Nei negozi e nelle panetterie vale la stessa logica scrupolosa, ma si vede che è solo una messa in scena. Si sente che la paura dello scorso anno non c’è più. Nessuno teme più la calca, tutti si lasciano avvicinare. Ci scusiamo con una giovane coppia tedesco-colombiana per essergli passati accanto senza mascherina e quelli ci rispondono: “Ma si figuri, siamo immuni. In tutti i sensi”. Ecco il significato di questa ritrovata leggerezza dell’essere: siamo immuni. In tutti i sensi. Immuni perché immunizzati o vaccinati, ma immuni anche psicologicamente e cioè liberi di pensare che, vada come vada, non ci pensiamo più.

La foto ricordo davanti al Tempio d’Augusto

Intanto i ristoratori esultano. Due mesi fa erano ancora perplessi. L’augurio collettivo era quello di “superare almeno di poco i risultati dello scorso anno”. Ora le carte in tavola sono cambiate: i turisti stranieri hanno invaso la costa e di conseguenza all’ora di pranzo e di cena invadono le trattorie, le pizzerie e i ristoranti del centro storico. Di colpo i clienti sembrano quelli di due anni fa. Un attimo… no. Va persino meglio. Ora si spende più di prima, più che mai. Possibile? Certo che è possibile e le conferme inoppugnabili arrivano dall’Agenzia delle entrate. Non c’è dubbio. Si compra di più, si spende di più e sono almeno due i buoni motivi che spiegano la ripresa dei consumi: i risparmi accumulati lo scorso anno quando non si poteva (né si voleva) uscire di casa e la ritrovata serenità del carpe diem rivalutato in chiave pandemica, per cui la consapevolezza della fragilità della vita ci convince a maggior ragione a viverla con più passione e meno restrizioni. Insomma, in città si mangia che è un piacere. E poi si consuma al bar, in gelateria, in panetteria, in pasticceria, nei negozi di calzature e di abbigliamento. Ovunque.

L’Arena sotto assedio

Pola è tornata la babele di un tempo. Le strade parlano tedesco, inglese, italiano, polacco, ceco, sloveno, coreano e tutte quelle lingue che le nostre orecchie non distinguono, tranne che per la diversità da quelle che conosciamo. In via Flanatica sono tornati gli artisti di strada: penne di falco e flauto di Pan per i peruviani, fisarmoniche, chitarre e violini per gli europei e naturalmente i mimi, le “mummie”, giocolieri e saltimbanchi di ogni genere e specie. Erano due anni che non si facevano sentire ed è bello ritrovare tutta questa gente che vive d’arte e della generosità dei passanti. Poi ci sono anche gli effetti collaterali, è chiaro. Gli ingorghi nel traffico, le code nei negozi, la calca in strada. È tornata persino l’insofferenza dei locali alla folla. C’è già chi dice: “Torna Covid, ti perdono tutto”. Ma si fa per dire. Nessuno lo vuole veramente.

Code chilometriche per visitare l’anfiteatro

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