Veneto e Istria connesse dalla passione per l’olivicoltura

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Veneto e Istria connesse dalla passione per l’olivicoltura

In novembre tutte le strade portano a Dignano, capitale dell’extravergine, per gustare il “novello”, ottenuto dalla spremitura delle migliori olive istriane immediatamente dopo la raccolta, e quindi grezzo, denso, eccezionalmente profumato e verde smeraldo, che rimarrà tale ancora per poco, poiché la sedimentazione e la stagionatura ne faranno un prodotto di lunga conservazione, comunque favoloso. L’Istria è sempre più ricca di sagre agroalimentari, ma quella del novello che concentra a Dignano la gran parte degli olivicoltori locali è una gemma rara. Non soltanto per la qualità dell’esposizione e dell’organizzazione, ma anche per la bellezza, la presentazione, il design, insomma, per l’elemento estetico che la distingue da simili, ma non ugualmente valide manifestazioni di carattere fieristico.

Una questione di palato

Nell’insieme il novello 2018 presenta un gusto più deciso se paragonato agli oli della stagione passata, ma le differenze derivanti da variazioni di luogo e di tempo, si sa, non incidono sull’eccellenza del prodotto, che si mantiene caparbiamente in vetta alla classifica della migliore produzione olivicola mondiale. Il noto olivicoltore (già architetto) istro-irlandese Paul O’Grady tenta di spiegarcelo nel suo caratteristico croato con l’accento anglofono che ci piace ascoltare perché quella dell’olivicoltura non rientra in nessun caso nelle tradizioni economiche del Regno Unito (difatti O’Grady ha assimilato la sua seconda professione dal suocero Silvano): “La gente insiste a chiedere qual è il migliore extravergine in assoluto, ma si tratta di una domanda senza risposte per il semplice fatto che non esiste il migliore, ma solo i migliori oli d’oliva di una terra. Guardi i punteggi dei nostri campioni: gli olivicoltori dignanesi sfoggiano pagelle impeccabili superiori ai 96-97 punti, con sfumature di percentuale differenti solo nei decimali, mentre sopra i novanta punti tutto l’olio stimato secondo i parametri chimici, fisici e organolettici, è olio extravergine di qualità eccezionale. Alla fine, è soltanto questione di palato”. E di chiodi fissi, aggiungiamo noi, perché c’è chi preferisce questa o quella marca più o meno famosa unicamente perché mosso da inestirpabili convinzioni soggettive che si nutrono necessariamente di pubblicità e analoghe operazioni di marketing quando non di pregiudizi belli e buoni.

Legami storici

Della giornata di sabato nel tendone fieristico rileviamo due eventi diversi per importanza e seguito. Quello che ha avuto le attenzioni maggiori è stata la cerimonia di firma di una Dichiarazione d’amicizia tra la Città di Dignano e il Comune di Manzano nel Friuli Venezia Giulia, documento che suggella una collaborazione di fatto lunga 14 anni. Le due delegazioni municipali hanno brindato alla presenza di numerosi ospiti e collaboratori, ma anche di un folto pubblico di visitatori. Diversamente da quest’evento così ben visibile, è trascorsa invece nell’indifferenza quasi totale la bellissima conferenza di Paola Zanovello, direttore del Master in design dell’offerta turistica dell’Università di Padova e archeologa di fama internazionale. La relatrice ha trattato “Il ruolo dell’agricoltura di origine veneta nell’Istria meridionale nell’ambito della gestione territoriale e turismo 2.0” per spiegare la “comune organizzazione degli spazi rurali tra Istria e Veneto” che a tutt’oggi condividono la maggior parte delle colture e dei prodotti tipici (olio, vino, formaggi, prosciutto, ceramica, lavanda, tartufi, erbe aromatiche, castagne ecc.) nonché le relative fiere, Festival e sagre a tema, fatto che si spiega con la “storia condivisa per larghi spazi temporali e quindi col comune retaggio culturale”, poiché, come ben sappiamo, fin dalla civiltà romana Venezia e Istria (Venetia et Histria) furono un’unica regione, che rimase unitaria nei secoli fino al crollo della Serenissima e all’avvento dell’Impero asburgico. Di testimonianze potremmo citarne a decine, ma forse la migliore è proprio quella che dà maggiormente nell’occhio: la forte preponderanza degli italiani autoctoni nel settore olivicolo istriano, dove sono considerati non a caso i depositari di una tradizione agricola millenaria, pari in longevità solo alla millenaria lunghezza della vita del tenace olivo.

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