Uljanik. Prorogata la due diligence

Gli interessati all’acquisto hanno a disposizione una settimana in più. Bocche cucite su chi si sia fatto avanti

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Uljanik. Prorogata la due diligence
Una veduta del cantiere navale Scoglio Olivi. Foto: Srecko Niketic/PIXSELL

Sembra che rilevare Scoglio Olivi sia molto ma molto più impegnativo che scalare l’Everest in infradito e senza ossigeno. Buona parte delle tappe del tender sono acqua passata, nel senso che si è ottemperato alle condizioni: entro le 15 del 9 febbraio gli interessati all’acquisto hanno inoltrato le offerte, comprensive di un bonifico di 1.327,23 euro, lasciapassare per la lettura dei documenti sullo stato di salute aziendale. La prima offerta è di per sé non vincolante, in quanto appena una volta radiografata a fondo la condizione aziendale si può decidere il reale interesse all’acquisto. Il ruolino di marcia ha previsto ben tre settimane per la due diligence, il processo d’investigazione messo in atto per analizzare il valore e le condizioni di un’azienda, appunto. Ebbene, non sono bastate nemmeno le tre settimane. Su richiesta degli offerenti il termine che come da ruolino di marcia originario era stato definito al 2 marzo è stato prorogato di una settimana. Ce lo ha confermato il curatore fallimentare dell’Uljanik, Loris Rak, che non ha comunque voluto fornire ulteriori dati; primo fra tutti quello relativo al numero dei partecipanti al tender. E questo probabilmente farà slittare di qualche giorno anche il termine ultimo per l’inoltro di offerte vincolanti, definito prima al 13 marzo.

Come interpretare questa settimana aggiuntiva da passare al microscopio? Potrebbe essere sintomo di un solido interesse all’acquisto. Ma potrebbe anche essere segnale di una situazione aziendale oltremodo complicata.
Come detto, quanti siano gli aspiranti a mettersi il cantiere nel carrello non è dato sapere. Ufficiosamente era trapelato che erano pervenute “alcune” offerte e quindi più di una. Buon segno. Tra chi indaga sullo stato di salute aziendale probabilmente anche la ceca CE Industries, che a dirla tutta aveva fretta di impossessarsi del pacchetto di controllo anche prima del tender. Infatti, il Gruppo ceco di Jaroslav Strnad si era rivolto al governo già in ottobre dello scorso anno proponendo di rilevare la quota di maggioranza dell’Uljanik versando 20,57 milioni di euro e ulteriori (almeno) 10 per stabilizzare la gestione. Sia come sia, il Gruppo offriva 6,640 milioni di kune in meno del prezzo stabilito dallo Stato per vendere le quote. Quindi, il Consiglio dei creditori aveva detto “no, grazie”, al magnate ceco e decretato per i titoli la strada della vendita sul mercato internazionale. In effetti diciamo Consiglio dei creditori per derivazione: il rappresentante dello stabilimento e quello dei sindacati in detto Consiglio erano più che propensi ad accettare l’offerta; il no è giunto dallo Stato, che detiene le quote di maggioranza.
Scoglio Olivi è finito sullo scaffale con appiccicata l’etichetta 27,64 milioni di euro (per il 54,77 p.c. della quota azionaria dell’Uljanik Brodogradnja 1856). Detto per inciso, il valore nominale della quota ammonta a 17,74 milioni di euro, ma il valore contabile (vale a dire, reale) è di 29,5 milioni di euro. Un affare, si potrebbe dire.
Nel caso in cui nessuno dovesse mettere mano al portafogli, Scoglio Olivi finirà in vendita una seconda volta, a costi ulteriormente ridotti.

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