Pola attende con ansia la fine del bando di riqualificazione dell’area nord dell’Arena: lo spiazzo in parte erboso e in parte lastricato o asfaltato con la robusta scala in muratura in arenaria che sale la china fino al largo Drio la Rena e via Emo. ll progetto porta la firma dell’architetta Helena Sterpin. A patto di non incappare in una lungaggine burocratica che comincia con un ricorso e finisce con l’annullamento del bando, l’opera sarà cantierata entro la fine di ottobre e consegnata da lì a un anno (12 mesi esatti) e quindi nel novembre 2025. I precedenti sono di buon auspicio. Cinque anni fa è stata ricostruita e rivalorizzata la “serpentina” del lato sud intitolata a Marijan Rotar. A parte la stucchevole performance dei paladini del cipresso condannato a taglio, l’intervento è risultato gradevole e ora la salita che termina in via Scalier davanti al convento di Sant’Antonio è platealmente considerata elegante o perlomeno sufficientemente decorosa per fare da anticamera all’Arena. L’area nord è un boccone più pesante da ingoiare per tutta una serie di motivi, in primo luogo i resti della via Flavia romana che vanno conservati, la scala e altre opere in muratura, la pavimentazione, le infrastrutture, l’arredo urbano…
Il contesto storico
Le circostanze per cui l’Arena è rimasta per secoli un corpo estraneo alla località abitata, l’espansione urbanistica di Pola un fenomeno relativamente recente e la tutela dei beni culturali allegramente trascurata nel periodo jugoslavo, anche oggi incidono pesantemente sulle possibilità di riqualificazione del Ninfeo nel senso più ampio del termine. In realtà, la cura paesaggistica delle aree circostanti l’Arena ebbe inizio due secoli fa con l’attenzione che le attribuirono gli ingegneri al servizio della Corte di Vienna. La visita imperiale del maggio 1816 fu un evento folgorante: Francesco I rimase ammaliato dalla bellezza dei resti romani di Pola, ma anche costernato nell’apprendere che l’anfiteatro fungeva da pascolo per le greggi e orinatoio per chicchessia. Per tutelarli, la corte decretò l’immediata nazionalizzazione dei beni archeologici e propose alcuni interventi paesaggistici, ma fu soltanto nel 1850 che venne fondata la KK Central-Commission zur Erforschung und Erhaltung der Baudenkmale, vale a dire l’Imperial Regia Commissione Centrale per lo Studio e la Conservazione dei Monumenti alla quale si deve la decisione di cingere l’anfiteatro con mura, pilastri e inferriate a protezione del monumento. I Giardini Valeria vennero edificati nei primi anni Novanta dell’Ottocento, alla memoria dell’arciduchessa Maria Valeria: un piccolo capolavoro di urbanistica moderna di stampo mitteleuropeo.
Spiazzo e scalinata
Secondo la documentazione progettuale in allegato al bando comparso sulla Piattaforma elettronica nazionale bandi e concorsi (EOJN), sono oggetto d’appalto la superficie in parte erbosa e in parte lastricata e asfaltata attualmente in dissesto nella parte bassa dell’area nord, la scalinata e le terrazze murate che salgono la china verso la parte alta dell’area (Drio la Rena), le infrastrutture sotterranee, le opere di giardinaggio e arredo urbano complete di illuminazione stradale e fontana. In parole povere, si parte con la demolizione della pavimentazione attuale e la sostituzione delle condutture idrauliche, elettriche, fognarie ecc. Lo slargo sarà pavimentato con lastre di pietra dello spessore di 15 centimetri su strato legante di malta semisecca. Il muro di contenimento che separa il marciapiede e la fermata dell’autobus dall’area verde sovrastante sarà ricostruito con materiale identico all’originale (pietra e malta di calce). Di norma tutti gli elementi in pietra massiccia danneggiati o consumati dal tempo saranno sostituti con elementi equivalenti in termini di dimensioni, costituzione e lavorazione. La scalinata nord che funge da passaggio di comunicazione tra via Flavia e le vie dei Gladiatori, Emo e Scalier verrà ricostruita dalle fondamenta senza cambiare forma e aspetto. Per il momento non si tocca il largo Drio la Rena che attende un altro progetto architettonico, un altro bando e un altro impegno di mezzi attualmente non disponibili. Al termine dell’intervento edile, l’area sarà disseminata di panchine in pietra massiccia, cestini ed elegante illuminazione stradale con una sola modifica di rilievo: una fontana pubblica con acqua potabile prima inesistente.
E via Gabriele Emo?
Come Giano Bifronte, via Emo ha due facce che guardano in direzioni opposte. Quella che si apre all’Arena e punta sul campanile di Sant’Antonio è ben curata, con le facciate e gli appartamenti restaurati per le locazioni turistiche. Quella che termina nel parcheggio sterrato e sfocia in via Parenzo è il proverbiale imbarazzo della famiglia blasonata. Vero è che la baraccopoli eretta negli anni Sessanta è stata smantellata (con la sola eccezione di un ultimo fabbricato ancora abitato dai Rom), ma è vero anche che un parcheggio sterrato in sua vece non è la migliore delle soluzioni al problema della bonifica della cava Malusà e della rigenerazione urbana in cittavecchia. In attesa di risposte adeguate, ci conviene attendere i lavori in via Flavia con la pazienza degli animi saldi e la fede nel progresso lento, ma costante.
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