Certe immagini dicono tutto. Questa è piazza del Popolo oggi. Ha quattro file di tavoli in pietra perfettamente levigata (due corsie per coppia di banchi), e altre due file di bancarelle in metallo con tettoia posizionate a specchio. Non siamo andati a contarle per non cadere nella pedanteria, anche perché non servirebbe a illustrare meglio la situazione. Sta di fatto che più della metà delle postazioni riservate al commercio di frutta e ortaggi, erbe spontanee, funghi, miele e pomate varie, è sempre deserta. Altre sono in funzione a intermittenza, a seconda della stagione, e quelle sempre in attività si contano sulle dita di una mano.
Nessuno ci pensa, ma è il caso di dirlo: questo mercato centrale, essendo stato progettato per altri tempi e usi, non risponde più alle consuetudini commerciali e alimentari moderne. L’agricoltura intensiva, la produzione industriale, la rete di distribuzione di alimenti di largo consumo con una miriade di ipermercati e centri commerciali disseminati su tutto il territorio urbano, hanno ridotto il commercio in piazza del Popolo a un’attività di nicchia, quasi che fosse superflua o incamminata all’estinzione. Chi vende in piazza è quasi sempre molto in là con gli anni o vicino alla soglia del pensionamento. Inoltre – ed è inutile insistere perché lo sappiamo fin troppo bene – gli eredi non hanno la minima intenzione di rilevare l’orto e tantomeno che meno il mestiere.
Verdura e funghi
Così si campa in piazza del Popolo: vendendo poco e a prezzi elevati. Quando per fare la spesa ci vuole il doppio dei soldi che si spendono al supermercato (e nemmeno al supermercato la convenienza è scontata, anzi), anche i clienti migliori desistono. Certamente, la merce è migliore, è freschissima, probabilmente è anche meno trattata con sostanze chimiche, o non lo è affatto, ma a fare due conti in tasca si fa presto a scambiare la qualità per la quantità, optando per il risparmio. Ecco i prezzi che ormai pochi sono disposti a… digerire: spinaci e lattuga costano 5 euro, cipolla, patata dolce e melanzane 4 euro, il pomodoro da insalata si paga 5 e il pomodoro lungo da pelati 3 euro. I peperoni vengono 3 o 4 euro, il peperoncino piccante 8, le carote, la verza e la barbabietola 3 euro, i fagiolini, i broccoli e il radicchio trevigiano 6, radicchio, rucola e insalatina 15 euro. I funghi porcini e i finferli sono in vendita a 30 e 40 euro, come capita, perché si vendono a confezioni dal peso variabile e poi dipende se a smerciare è il commerciante oppure il raccoglitore, o anche entrambi. Infatti i prezzi dei funghi sono stabili sul lungo periodo e instabili sul breve, ma questo è un altro discorso.
Marroni a 8 euro
La frutta. Alzi la mano chi ha voglia di pagare 5 euro il chilogrammo di uva da tavola che sembra uguale a quella che al supermercato non supera i due euro e mezzo al chilogrammo? Si capisce, la domanda è retorica e il discorso vale tanto per l’uva quanto per il resto della frutta. In piazza i mandarini costano 2 euro, le clementine 4, esattamente come i limoni e i kiwi. Per avere un chilo di prugne occorre sborsare tre euro, mentre 2 euro e mezzo sono sufficienti per la maggior parte delle varietà delle mele in commercio. Il prezzo delle giuggiole è di 4 euro. Le mandorle sgusciate vengono 11 euro al chilogrammo. La frutta della stagione per eccellenza, i marroni, hanno prezzi proibitivi: costano 8 euro al chilogrammo. Fiumi d’inchiostro per dire che la vita è diventata insopportabilmente cara e tanto più cara al mercato che al supermercato. Del resto, bastava guardare le foto.
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.