
C’è un fenomeno del commercio spicciolo, locale, che ricorda un po’ la giustizia cosmica di Eraclito, e consiste in questo: si può cercare di fregare chiunque per qualche tempo, ma non tutti e non per sempre. E meno male che sia così, altrimenti ci sarebbe da fuggire a gambe levate da un mondo siffatto. Ora, nel piccolo mondo antico del mercato ortofrutticolo di piazza del Popolo, succede sempre qualcosa di simile quando ci si stanca di pagare tutto quello che ci chiedono e quando l’abbondanza dei raccolti colma le bancarelle al punto che l’offerta supera abbondantemente la domanda (e la disponibilità dei portafogli). Ci lamentavamo del prezzo assurdo di cinque euro per un chilogrammo di granturco? Benissimo: abbiamo fatto bene a non comprarlo perché ora costa – udite, udite – tre euro e non un centesimo oltre. Tra l’altro anche con questo costo ridotto (o giusto) è possibile farsi dare un piccolo sovrappiù sul peso se si acquista altro o una quantità di ortaggi e frutta superiore alla norma. Altro esempio: i pomodori. Costavano non meno di tre euro con punte di cinque, ed ora è molto difficile che superino i 2 euro al chilogrammo.
Prezzi, le primizie non scherzano
Sulla stessa scia i prezzi degli altri ortaggi di stagione, come le patate (1,50 euro), i peperoni (1,50 o 2), la cipolla, le zucchine, le melanzane e il cavolo estivo (2 euro) i cetrioli (2 o 3 euro), la barbabietola e le biete (a 3 euro). Tra la merce più cara in questo momento vi sono i fagiolini e fagioli novelli, venduti generalmente a 5 euro con punte di 6. Ma è nell’ordine delle cose che le primizie e l’offerta limitata facciano lievitare i prezzi in genere e al dettaglio in particolare. I costi della frutta sono scesi nella media di un euro o due rispetto alla scorsa settimana, benché restino sempre piuttosto cari in paragone a uno o due anni fa, ma almeno non fanno venire il… mal di stomaco. Mele, pere e prugne si vendono ora a due euro (o al massimo a 2,50), angurie e meloni a un 1,50 oppure a 2 euro il chilo, le pesche e le nettarine si trovano a partire da tre, ma generalmente a quattro euro, l’uva da tavola costa 5 o 6 euro (e meno male, perché quella da otto gliela lasciavamo volentieri sul banco senza nemmeno guardarla).
Piazza del Popolo come una babele
Questa è dunque la situazione dei prezzi che vanno e vengono, proprio come i turisti che si danno il cambio tre o quattro volte al mese, come capita, o come concedono i bilanci di famiglia. Piazza del Popolo è sempre una babele per la sua mescolanza di nazioni, lingue e culture diverse. Qualche volta si assiste anche a scene divertenti come questa: una coppia di cinesi insegna a un rivenditore di quelli allegri le parolacce in mandarino. Non ci abbiamo capito un’acca, ma non importa. Quello che conta sono le risate che si fanno tra gente sconosciuta, che non si capisce, ma si comprende a un livello di sensibilità umana universale. Ci si capisce invece eccome con gli italiani che ogni anno tornano in Istria in vacanza. Una famiglia che attualmente risiede a Fasana ammette di avere notato l’aumento dei prezzi rispetto allo scorso anno. “Vada per i prezzi dei prodotti locali, che sono ancora abbordabili, ma i generi alimentari d’importazione costano cari tanto quanto in Italia, se non di più, per non parlare dei prezzi al bar che sono saliti oltre ogni misura”. Questo è un giudizio collettivo, che sentiamo e risentiamo ogni giorno da capo, ovunque. I nostri interlocutori non ne sanno i motivi, ma credono che abbia a che fare con l’entrata della Croazia in zona euro, la famosa coesione, e più in generale con l’inflazione che si è scatenata dopo la pandemia di Covid-19. Sarà il privilegio di essere europei, allora…
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