Pola. La storia continua a riaffiorare

Un mosaico di 100 metri quadrati è stato scoperto nei pressi di piazza Dante laddove è prevista la costruzione un edificio abitativo-imprenditoriale. Gli archeologi suppongono sia datato al 1.mo secolo d.C., ovvero che risale all’epoca romana imperiale

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Pola. La storia continua a riaffiorare

Cento metri quadrati di mosaico di fattura antica in buono stato di conservazione: adesso Pola ha davvero esagerato e letteralmente inflazionato la storia romana. L’ultimo rinvenimento archeologico è uno di quelli che può mandare in stato d’euforia culturale un cittadino semplice, figurarsi allora nel caso di coloro che sono del mestiere. Galeotta fu l’intenzione di avviare la costruzione di un edificio abitativo-imprenditoriale nei pressi di piazza Dante, in piena zona storica, non esageratamente distanti dal Foro, dall’area della Basilica di Santa Maria Formosa, dal quartiere antico di Minerva e dall’ubicazione dello splendido mosaico del castigo di Dirce risalente al II-III secolo d.C. È bastato scendere a due metri nel sottosuolo per aprire, quadrante dopo quadrante, tutta una pavimentazione a mosaico, che salvo smentite, è del tutto ignota agli archivi del Museo archeologico istriano di Pola. A ogni tassello che si spazzola, di giorno in giorno, l’entusiasmo diventa esuberanza per l’”In Situ”, impresa rovignese addetta alla sovrintendenza e alla ricerca archeologica, specializzata anche nell’elaborazione dei rinvenimenti e del materiale archeologico, nonché nella realizzazione di ricostruzioni tridimensionali delle località e dei reperti. Aleksandra Paić, responsabile dell’impresa assieme a Elvin Zejnilhodžić, ci rende palese la meraviglia che si prova da ricercatori nell’atto di rimuovere il terreno, centimetro per centimetro.

Il sito archeologico all’ombra degli alberi di piazza Dante

Doppi strati di pavimentazione

”Sul più bello che credi di avere raggiunto il limite della superficie musiva, ecco che la geometria continua più in là… e ancora po’ più in là… senza fine. In determinati punti ci siamo imbattuti addirittura in doppi strati di pavimentazione a tasselli risalenti a datazioni diverse. È difficile asserire con sicurezza l’epoca esatta di questi mosaici, ma si suppone di essere scesi al 1.mo secolo d.C., all’epoca romana imperiale, nel periodo più florido della storia romana di Pola, che ha visto costruire i monumenti più belli e rappresentativi di tutta la città”. Lungi dal trarre un paragone con il celeberrimo Castigo di Dirce o con le raffigurazioni animali e vegetali della pavimentazione bizantina di Santa Maria Formosa. In detto caso non si tratta di mosaici policromi caratteristici delle ville urbane dei ricchi patrizi. Sono soltanto bicromi: bianchi con bordo nero, neri con bordo bianco e a vera scacchiera da gioco per figure giganti, con grandi, vistosi quadrati bianchi e neri. La sfida aperta per gli archeologi è quella di scoprire se tanto di ambienti con copertura a mosaico siano comunque appartenuti a una villa privata o a un antico edificio pubblico particolarmente rappresentativo. Il quadrante attualmente soggetto a scavi, prima con ruspe e quindi con attrezzature a mano per non rischiare di compromettere e rovinare il terreno archeologico, corrisponde all’antica zona urbana abitata, e, si apprende, che la prima cosa da fare in questo momento è di pulire i pavimenti rinvenuti, provvedere alla loro conservazione primaria e alla stesura di una documentazione dettagliata con cui approfondire la ricerca e trarre paragoni con le informazioni storiche già disponibili.

Interventi conservativi sulla superificie musiva a scacchiera

Il gioco vale la candela

L’occasione di studio e di ricerca che si è presentata per l’ente rovignese, il cui lavoro si avvale di consultazioni con il Museo archeologico istriano di Pola, non è però del tutto all’acqua di rose. Anzi è con l’acqua… melmosa che s’ha da fare, impelagati nel fango fino al collo. Come volevasi dimostrare: dopo aver scavato e scavato, dallo scorso febbraio in qua, superato fior di strati archeologico-culturali (quello austroungarico, quello veneziano, medioevale, paleocristiano), fino a superare strutture murarie, pavimentazioni in pietra e ciottoli di più recente epoca, ecco riaffiorare la superficie acquatica dal sottosuolo. Niente di strano vista la vicinanza del mare, del vecchio porto operativo romano e la zona paludosa che aveva finito per conferire alla Basilica Formosa l’appellativo di Santa Maria del Canneto. La prima visione dei mosaici è quella che ha fatto associare a un’area di piscine pubbliche con una bellissima imbottitura a scacchiera. Ed è da un po’ di tempo che la ricerca lotta in continuo con l’incessante riaffiorare della melma. Più le pompe svuotano, più il bacino archeologico torna a riempirsi. Ma pazienza. Per l’archeologia, il gioco vale la candela. E dire che la superficie che s’intende indagare sul posto dove un tempo sorgeva il fatiscente edificio occupato dalla Tehnomont è stata aperta soltanto a metà. “Dovremo restare presenti sul campo – assicura Aleksandra Paić – almeno una cinquantina di giorni ancora e forse di più. Tutto dipenderà da quanto scaturirà dal terreno nella zona del parcheggio, in direzione della Riva, destinata ad una seconda fase di scavo archeologico”. Va precisato che quest’indagine si allargherà verso l’area il cui sottosuolo dovrebbe risultare occupato dalle fondamenta degli antichi bastioni di difesa dell’urbe romana… Attendere per scoprire.

Macchine scavatrici e spazzole in azione

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