Non bastava il flagello (globale) del coronavirus contro i vivi: alla sciagura che travolge il mondo si è aggiunto in questi giorni anche il flagello (locale) della bora contro i morti. Le immagini che pubblichiamo sono state scattate nel Cimitero della Marina da Guerra austriaca tra Stoia e San Policarpo. La bora deve avere picchiato duro nelle notti che hanno preceduto queste bellissime giornate di sole e di calore ormai definitivamente primaverili. Alberi centenari sono stati letteralmente sradicati e divelti, scaraventati contro i sepolcri che hanno finito per inclinarsi o addirittura spezzarsi e frantumarsi.
Erano sepolcri già sottoposti alla dura prova del tempo e delle intemperie. Il cimitero austro-ungarico di Stoia non è più in uso dalla fine della Seconda guerra mondiale, e la stragrande maggioranza delle inumazioni risale piuttosto alla prima che alla seconda guerra mondiale.
Al suo interno di secolare non ci sono soltanto le tombe, ma anche il patrimonio arboreo, che di anno in anno subisce importanti perdite. A suo tempo c’era stata l’infestazione da larve tropicali che si erano succhiate la linfa delle palme, fino a farle morire una dietro all’altra. Oggi una bora selvaggia ha condannato a una brutta fine decine di cipressi e conifere, ma anche alberi a foglia caduca. Una strage di vegetali che si sono abbattuti sulle tombe perlopiù abbandonate dei soldati austriaci, italiani, croati, sloveni, ungheresi, tedeschi. In circostanze normali, le operazioni di pulizia e giardinaggio non avrebbero tardato. Ma ora, con la pandemia che infuria, le priorità sono altre.
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