Pola. Il Municipio detta le nuove regole sul decoro urbano

Il Consiglio ha modificato i vari regolamenti che riguardano, tra l’altro, l’allestimento delle terrazze

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Pola. Il Municipio detta le nuove regole sul decoro urbano

Brutti da far accapponare la pelle, brutti da morire. I cassonetti per la raccolta dei rifiuti tessili, calzature e oggetti in cuoio tornano agli onori della cronaca. Questa volta l’occasione è più che pertinente: il Consiglio municipale ha modificato i vari regolamenti sul decoro urbano, l’allestimento delle terrazze dei bar, la collocazione dei monumenti, delle edicole, dei pannelli pubblicitari e quant’altro. More solito, ogni dibattito su argomenti di questo genere finisce per incagliarsi sulla questione della bellezza (o della bruttezza) degli ombrelloni e dei cassonetti. Così qualcuno è tornato a sollevare la questione dei cassonetti per lo scarto tessile e miracolosamente tutti si sono trovati d’accordo sul loro aspetto scadente. Vada per quelli più o meno nascosti nelle periferie urbane e suburbane, ma quelli che sono stati piazzati nel centro storico, anche a pochi passi dai beni culturali, fanno veramente rabbrividire. L’assessore alla Pianificazione ambientale Ingrid Bulian si è stretta nelle spalle a confessare: “Non ne andiamo fieri, ma i cassonetti del tessile non sono oggetto dei regolamenti in discussione. Stiamo cercando di influire sui titolari che vedano di rivestirli e renderli perlomeno decorosi”. Più chiaro il sindaco Zoričić: “Sì, sono brutti. Così come si presentano ora non avrebbero mai dovuto trovare posto in città. Si vedrà di riparare”.

Un cassonetto per i rifiuti tessili

Stesso discorso per ombrelloni, tende, parasoli, pedane, tavolini, parapetti, fioriere divisorie. Sono anni che si cerca di fare ordine in tema di arredo urbano, di uniformarne l’estetica a garanzia di un’immagine urbana-paesaggistica-ambientale perlomeno rispettabile, con alterna fortuna. Ora si torna a bandire gli arredi sponsorizzati e la pubblicità occulta (ma neanche tanto). E si torna a uniformare i colori. Le tinte ammesse? Beige, nero e bordeaux. Punto. Nella massa di opinioni convergenti una sola voce fuori dal coro, quella del consigliere Noel Mirković (Možemo), designer di professione: “Ben venga una rivalutazione degli arredi urbani, perché c’è sempre il birrificio di turno che trova il modo di intrufolarsi nel centro storico a spese della sua integrità estetica. Ma c’è un altro rischio che si corre quando si cerca l’omologazione: il rischio di restare imbalsamati nel passato. Ancora beige e bordeaux? Stiamo nuovamente copiando la città delle cartoline d’epoca degli anni Trenta? È diventato un chiodo fisso. Temo che stiamo congelando un’immagine della città in tonalità sepia perché siamo incapaci di guardare avanti. Non sarebbe il caso di tentare qualcosa di più radicalmente moderno, come ha fatto Vienna, per esempio, senza osannare un passato che non esiste più?”. Un invito a meditare.

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