Pola di sera. Centro città morto e senz’anima…

Il trend sempre più vorace dell’industria dell’ospitalità a breve termine sta esibendo i postumi della sbornia

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Pola di sera. Centro città morto e senz’anima…
Piazza del Polo desolatamente vuota. Foto: Srecko Niketic/PIXSELL

Pola potrebbe diventare una fonte d’ispirazione per la pittura illuminista di Francia, uno spunto di rinascita dell’arte dedita alla rappresentazione del vero e della ricerca degli effetti luce che si irradiano dalle vetrine dei negozi, dalle architetture e dai lampioni delle strade del centro. Poetico non c’è che dire, altrettanto quanto triste e inquietante.
È quel barlume di luce che sembra lottare per (r)esistere a tutti costi in mezzo al buio imperante, dopo la valanga generata dalla stagione estiva e spazzata via con l’autunno subentrante. Pola è morta dopo il turismo. E la notizia da dare è quella da necrologio: annunciamo con profondo dolore che ci ha lasciati per sempre la città a misura d’uomo, intrisa di normalità e di ritmi quotidiani sereni, senza oscillazioni e noie di sorta. I funerali di Pola non avranno mai luogo. Ma opere di bene (e non fiori), tornerebbero utili per salvare la sua discendenza (leggi cittadini patochi soprattutto), dalla tristezza inguaribile.
Attenzione alle suggestive immagini fotografiche: questa non è Pola by night, ma Pola alle ore 18, quando tutto dovrebbe pullulare di vitalità cittadina, di passeggiate tranquille e visite ai negozi, con fermate ai snack bar. Ma sono pensieri da sempliciotti, piccolo borghesi viziati dalla nostalgia nei confronti di una mentalità urbana seppellita dai tempi, che più non conoscono il piacere delle cose comuni. Vedi un po’ quanto è bassa la densità urbana a Pola: da organismo irrequieto, lazzaretto sovraffollato da vacanzieri a guscio vuoto piombato nel buio pesto, trafitto da qualche raggio di luce e, come direbbe il ben noto poeta (Quasimodo), “Ed è subito sera”. Il movimento degli umani (quadrupedi inclusi), ha subito un’improvvisa battuta d’arresto. Sembra essere successo dal giorno alla notte, forse con lo spostamento dell’ora legale, e in sintonia con l’atmosfera cupa, gotica e dolcemente macabra da tradizione Halloween e stagione delle streghe. La canzone scozzese dice “it’s the season of the witch” e l’effetto barlume nel vuoto completa la sensazione di magia dell’orrore che tanto piace alle giovani generazioni, ignare delle belle occasioni perdute nell’era di Pola ancora casta e illibata, non sposata e castigata da inscindibile legame matrimoniale con il turismo di massa. Il problema è che il divorzio o forse separazione avviene, soltanto in forma temporanea, a ogni autunno regolarmente foriero di desolazione. Chiudono le saracinesche, scompaiono le pinne, le paperelle, i souvenir di pessimo gusto, i tranci di pizza, le bevande da distilleria, i cappellini di paglia e i lapislazzuli da spiaggia. Quello che in realtà potrebbe realmente rimanere e servire ai residenti non è reperibile. Per loro resta a disposizione il lato oscuro di Pola, fredda, versione autunno-inverno, che induce a sentirsi irrilevanti a confronto degli ospiti della stagione solare, più sacri e riveriti dei totem e dei bovini d’India, più attesi della manna dal cielo, più redditizi di qualunque altra attività imprenditoriale. Ma la colpa non è dei visitatori. Il trend sempre più vorace dell’industria dell’ospitalità a breve termine – leggi proliferazione incontrollata degli appartamenti in affitto nel centro città – a cui anche Pola si è adagiata, sta esibendo i postumi della sbornia. I postumi con effetti collaterali si possono osservare dopo che il sole volge al tramonto e quando si alza il sipario sulla città abbandonata. Definitivamente sta rantolando. Anzi, è già spirata. Requiem all’anima sua.

Via Flanatica, con il calare del sole, si svuota completamente.
Foto: Srecko Niketic/PIXSELL

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