Jurina e Franina: una scalinata che invoca maggiori cure

La bretella che collega il centrocittà a Monte Zaro lentamente si sgretola e invoca seri interventi di manutenzione anche perché patrimonio architettonico culturale tutelato

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Jurina e Franina: una scalinata che invoca maggiori cure
La gradinata verso Monte Zaro. Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Non abbiamo la possibilità di mostrare una scalinata gigantesca e monumentale come quella del sacrario di Redipuglia e nemmeno siamo la Città delle 100 scale come Potenza. Tuttavia, Pola possiede la sua gradinata, storica per eccellenza, dichiarata patrimonio architettonico-culturale sotto tutela che, dacché esiste memoria collettiva, congiunge il centro città al colle di Monte Zaro. L’epoca del dopoguerra, senza alcun riferimento storico-toponomastico preciso, ha affibbiato all’impervia salita il nome di Jurina e Franina, ispirata alla popolare coppia di istriani che chiacchieravano in ciakavo sul Narodni koledar za Istru e a partire dal primo numero pure sul quotidiano Naša Sloga (edizione dell’Anno Domini 1871). Questa costruzione risale al remoto 1882, all’epoca quando iniziava la grande espansione economico-industriale, civile, militare e culturale della città, che portava alla nascita di interi nuovi rioni urbani. Se fino ad allora Monte Zaro era stato soltanto il brullo Colle del teatro e nulla più (in riferimento al luogo ancora memore del grande teatro romano andato distrutto nel corso dei secoli), da quel momento nasceva anche il quartiere residenziale con tanto di ville neo-rinascimentali e stile liberty fatte sorgere in cima all’area e a fianco della scalinata. Ma la bretella era stata anche via della Specola, i riferimento all’Osservatorio di Monte Zaro. Ricordi.

Pochi e malconci
In verità, il numero dei gradini di questa salita è molto piccolo. Non sono più di 49, intercalati da piani inclinati costituiti da un’interessante pavimentazione fatta di pietre levigate di fiume. Tanti di questi bei ciottoli, grazie alla loro forma liscia e arrotondata, di varia pezzatura, sono ancora memori delle scivolate di generazioni e generazioni di persone che hanno abitato questa città. Non ne uscirono incolumi nemmeno gli allievi del vecchio e bravo Ginnasio scientifico italiano Leonardo da Vinci, che negli anni dell’immediato dopoguerra qui venne ghettizzato in attesa di sentenza… La gioventù entrava dall’odierna via Dobrila attraverso il portone retto dalle cariatidi del bellissimo Palazzo Jaschi, quello appartenuto da uno dei medici più ricchi di Pola, Giuseppe Jaschi (e a suo fratello), facente parte del team di 23 dottori (settore civile) che negli anni della Prima guerra mondiale si prendevano cura della salute dei cittadini di Pola.
Tornando agli allievi del “da Vinci”, gli stessi finivano per uscire dal cortile esterno ubicato in cima, sul retro, e slittare giù per la pavimentazione (tanto meglio se lubrificata da pioggia e umidità) della scalinata a ripiani. Nulla di storico, ma sono piccoli, ultimi sprazzi di ricordi cittadini, che ancora sopravvivono e riescono ad emergere generando sensazioni miste di ilarità e malinconia. Molto poetico e ottocentesco, non c’è che dire, questa Signora scalinata. E anche autentica per una città che non mostra altre architetture austroungariche di analoga duttilità d’impiego e fattura, nonché di altrettanto simile rischio di… frattura. Tutto perfetto, a parte l’usura del tempo, che più passa e più fa sparire i ciottoli. Uno al mese, di volta in volta, pezzo per pezzo, ad ogni centesimo passaggio o anche meno, quanto basta per generare affossamenti e buche irrimediabili. E quelle sì che rappresentano un rischio di seri infortuni. Chi scende ogni giorno giù da Monte Zaro sa benissimo che la gradinata è conciata sempre peggio, vuoi per l’inarrestabile degrado naturale, vuoi per la mancanza di manutenzione. La riqualifica è ormai diventata una necessità impellente, lo hanno fatto presente con espressa richiesta d’intervento gli abitanti di Monte Zaro durante l’ultimo incontro del Comitato di quartiere con il sindaco della Città, Filip Zoričić. Quel che è peggio, chi abita da quelle parti è anche testimone del fatto che le pietruzze vengono pure staccate e rubate (forse per gusto vandalico o magari inserirle quale elemento decorativo di qualche giardinetto privato, vallo a sapere).

A pesca di «sassi»
Anni or sono, l’Ufficio ministeriale di sovrintendenza del patrimonio storico-culturale con sede a Pola aveva persino predisposto degli interventi di restauro e conservazione. Ciò nonostante, trascorso un altro po’ di tempo, riecco la devastazione nuovamente presente e visibile. Guaio è che non si può completare il mosaico con dei pezzi mancanti qualsiasi, ma con sassetti pescati esclusivamente dal fiume (ovviamente della stessa forma, spessore e colore) e in regola con una documentazione che la Città già possiede e forse tutta da rifare, in base a radiografia dello stato di salute delle “Stube” di Jurina e Franina.
Quello che la gente di Monte Zaro invoca è un intervento quanto più veloce, altrimenti le stesse rischiano di diventare un paziente con necessità di rianimazione, con tanto di danno per quello che è un riconoscibile angolo storico della Città, vicino al teatro Ciscutti, anima culturale dell’urbe del Novecento.

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