INTERVISTA Cristian Fabbi. Le diversità vanno accettate e non omologate

Intervista col neo presidente di Reggio Children

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INTERVISTA Cristian Fabbi. Le diversità vanno accettate e non omologate
Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Reggio Children e la sua nobile missione internazionale votata alla difesa e alla promozione dei diritti e delle potenzialità dei bambini, torna a omaggiare Pola con la presenza del suo neo eletto presidente, Cristian Fabbi, che ieri si è reso ambasciatore dei pregi di un progetto educativo diventato punto di riferimento riconoscibile in tutto il mondo. È bastato il suo biglietto da visita – Early Childhood Care and Education international consultant | UNICEF Consultant | President of Reggio Children – per rendere onore alla Comunità degli Italiani polese che l’ha invitato ed elevare ulteriormente di rango il programma della 20.esima edizione della Conferenza internazionale scientifica promossa dalla Facoltà di Scienze per la formazione dell’Ateneo Juraj Dobrila, in collaborazione con la Facoltà omologa di Zagabria. Non è difficile ricordare con piacere i momenti più significativi e creativi della mostra-atelier” Mosaico di grafiche, parole e materia”, sbarcata alla Galleria dei Sacri Cuori nel settembre del 2021, grazie alla mediazione del Consolato generale d’Italia a Fiume e ai tanti patrocinatori (Unione Italiana, Città di Pola, Regione istriana) e copromotori-collaboratori (CI di Pola, ente prescolare italiano Rin Tin Tin e Museo archeologico istriano). Ora, la collaborazione continua, oltre che per portare una straordinaria modalità di promuovere approcci pedagogici tesi a valorizzare l’intelligenza e le potenzialità nei bambini, anche per generare nuove idee e propositi. Di progettualità comuni si è parlato ieri dietro le quinte del convegno tra Cristian Fabbi e Tamara Brussich, presidente della CI polese. E nel frattempo si è trovato il tempo per intraprendere anche una breve conversazione.

A che cosa si deve la sua venuta a Pola?
“Intanto, devo dire che è un piacere essere qui, vicini alla Comunità italiana in Istria, anche perché il nostro percorso è iniziato già qualche anno fa con la mostra a Pola. Una ragione della mia venuta è la relazione che stiamo costruendo nel tempo che ci piacerebbe rafforzare ulteriormente attraverso questa conferenza ed altri eventi, perché sì, il Reggio Emilia approach è ormai conosciuto in tutto il mondo, ma proprio per questo sono le comunità italiane che ci stanno sollecitando tanto. La nostra prima mostra dopo il Covid è stata fatta proprio qua e si è dimostrata di buon auspicio fino a rafforzare il nostro desiderio di continuare questo dialogo”.

Su che cosa si concentra il suo intervento di oggi?
“Sull’argomento generale: la diversità e l’interdisciplinarietà, due parole che riguardano anche il nostro modo di lavorare. Noi poniamo al centro dell’approccio educativo la teoria dei 100 linguaggi, la metafora per cui ogni bambino e ogni bambina è portatore dei propri linguaggi e delle proprie differenze, mentre la nostra finalità è quella di dare importanza alle differenze anziché omologarle, valorizzare le diversità nell’apprendimento e fare in modo che il sistema scolastico, a partire dalla prima infanzia rispetti, queste differenze invece che cercare di uniformarle. Perché questo è un po’ il tema profondo della libertà, della libertà di scelta, dell’autodeterminazione che costruisce già il pensiero, in quanto le neuroscienze ci dicono che i primi sei anni di vita sono quelli decisivi per l’apprendimento.”

Reggio Children è ormai famoso, ma non guasta ripetere quello che lo stesso rappresenta e quello che, lei da presidente, riserva per il futuro.
“Reggio Children è una società del Comune di Reggio Emilia che ha come scopo principale, se non unico, promuovere il Reggio Emilia Approach alla prima infanzia in tutto il mondo. Noi lavoriamo adesso in 141 Paesi, abbiamo ovunque tantissimi contatti, un network di 32 soggetti che ci promuovono a livello locale in varie parti del mondo, dall’Asia, all’Europa agli USA ecc. Il nostro scopo principale è quello di far conoscere la metodica reggiana che nel mondo è considerata ‘una’ delle pedagogie emergenti se non ‘la’ pedagogia emergente per la prima infanzia. Quindi, Reggio Children crea relazioni internazionali promuovendo quello che accade nelle scuole comunali della località dell’Emilia Romagna. Quanto al futuro, abbiamo due o tre linee di lavoro che ci interessa sviluppare. Una è quella delle policy, cioè aiutare i territori, le comunità, le Regioni e gli Stati a costruire delle politiche per la prima infanzia che permettano di lavorare in un modo coerente con il nostro approccio, perché è accaduto negli anni che molti insegnanti si sono, sì, entusiasmati, ma non hanno potuto trovare il clima favorevole per applicare la pedagogia reggiana a casa propria. Si devono generare delle policy che permettano di lavorare. Abbiamo iniziato quest’anno con L’Ecuador, con il Kosovo e altri. Per una ragione di una disponibilità maggiore abbiamo lavorato prevalentemente con istituzioni private, grandi e piccole. Il 90 per cento dei nostri steakholders erano del settore privato. Un altro obiettivo che noi ci diamo per il futuro, invece, è quello di riequilibrare questa situazione e di lavorare anche con il pubblico.”

Di che cosa si è occupato finora, prima di diventare presidente di Reggio Children?
“Io ho lavorato per 5 anni all’Unesco a Ginevra, occupandomi di prima infanzia nei Paesi in via di sviluppo, prevalentemente in Africa. Continuo ancora a lavorare in piccola parte per l’Unicef, in Albania e in Kosovo. Ho sempre indirizzato la mia attività verso l’infanzia a livello internazionale. Dopo aver fatto il master a Reggio children, ho colto l’opportunità per dirigermi in Camerun, Ghana, Ciad, Guinea. È stato bellissimo”.

Lei che ha viaggiato tanto e conosciuto tante realtà, cosa dice della nostra, della CNI e delle sue istituzioni formative?
“La percezione che io ho è che siete una comunità molto vivace. Questa è la prima parola che mi viene di usare: vivace e molto attiva. Vedo che fate un sacco di cose belle, che siete molto presenti, visibili e pienamente integrati, che fate parte del contesto e che il contesto vi riconosce. Il fatto di proporre all’interno di questa Comunità questa conferenza dell’Università è un segno molto chiaro di forte integrazione tra la realtà italiana e quella croata. Un tanto, secondo me, è un risultato molto bello. Ciò che state dando è una bella immagine di tolleranza, integrazione e solidarietà. L’apprendimento dell’italiano e del croato nelle scuole, poi, è un segnale di riconoscimento reciproco un grande raggiungimento”.

È soddisfatto degli esiti della vostra mostra alla Galleria di Pola. È riuscita a fare eco?
“Il fatto che era stata la prima nel dopo Covid per noi ha significato tanto. Ci eravamo un po’ spaventati. Il nostro è un approccio molto relazionale e il fatto di essere chiusi significava chiudere. Il fatto di creare l’atelier e proporre attività aveva reso la mostra viva, aveva donato quella vivacità di cui ho parlato prima. Sì, da noi se ne è parlato, anche con il sindaco. Ci aveva chiesto: com’è andata, com’è andata? C’era stato tanto interesse, non solo di riaprire dopo il lockdown, ma anche perché la mostra era stata rivolta a una comunità italiana. In genere, le nostre esposizioni vanno negli Stati Uniti, in Svezia, E avere una mostra in italiano fuori dall’Italia è stata una novità per noi dirompente che ci ha fatto molto piacere. Spero che questo sia stato l’inizio, non un evento fine a sé stesso, ma il principio di un percorso, perché sento qui presente una grande curiosità e vivacità. Reggio è stata tra l’altro inserita in una lista di eccellenze italiane del Ministero ed è giusto che le comunità italiane ne debbano fruire”.

Cosa si potrebbe fare assieme, tra Reggio e le scuole italiane in Istria?
“Iniziare un percorso di formazione comune, perché come sta emergendo anche dalla giornata di studi di oggi, la formazione degli insegnanti è fondamentale. Fare un percorso formativo per gli insegnanti delle scuole qui a Pola, in Istria… ma a noi piacerebbe molto che gli insegnanti tornassero a trovarci per fare conoscenza con le scuole di Reggio Emilia e il nostro Centro internazionale in quanto luogo di apprendimento che per certi versi ha le stesse vibrazioni di questa vostra Comunità. Non siamo lontani per non intraprendere una forma di scambio che sicuramente farebbe crescere tutti quanti. Non sarebbe costoso, dal momento che c’è un grande investimento nella prima infanzia nell’Ue. Quella dovrebbe essere la strada.”

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