Il Politecnico diventa Università

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Il Politecnico diventa Università

Inutile negarlo, tra la struttura economica della nostra città e il suo ambiente sociale vi è una rottura di equilibrio. Scoglio Olivi non equivale a Pola, è “solo” la sua anima pulsante, il suo cuore operaio, non è l’essenza, ma un fattore che ne determina gli umori e che, per il suo malessere incurabile, sta sicuramente giocando un ruolo che decreterà l’insorgenza di una crisi urbana. Fenomeno ricorrente nella storia di Pola. Una città che anche per chi preferisce non vedere e non intendere, ha imboccato la traiettoria della de-industrializzazione, e dei grossi mutamenti strutturali, qualora per la secolare tradizione cantieristica verrà davvero decretata la fine.

Una crescita universitaria

Di strano c’è che dentro a quest’atmosfera da clima discendente, si fanno maturare i presupposti per una crescita universitaria, creando l’illusione di un futuro di prosperità per le venture generazioni. Da una parte la Juraj Dobrila, sta marciando a spron battuto per smaltire la serie di iter procedurali necessari all’inaugurazione di una Facoltà di medicina, mentre in contemporanea, l’ospedale sta attraversando uno dei più gravi scompensi dovuti alla carenza di quadri professionali. Dall’altra parte, il Politecnico di Pola, sta per introdurre novità puntando sull’elevazione di rango. Il punto di partenza è l’ennesimo cambiamento della denominazione, alla ricerca di ulteriori termini che ne risaltino quanto più l’importanza e che permettano l’eventuale introduzione di nuovi percorsi di studio. L’istituto di studi superiori, operante negli ambienti comunicanti tra due edifici adiacenti agli indirizzi Riva 4 e Riva 6 (quasi dirimpettai all’isola dell’Arsenale), sta cercando di sfruttare la propria comodità logistica e di crescere con l’offerta formativa. È un mondo universitario a parte, del tutto separato dall’Alma Mater “Juraj Dobrila”, che per antonomasia viene chiamata Università istriana. Il fatto è che si è presto pronti a fare confusione. L’istituto “Politehinka Pula – Politecnico di Pola”, Scuola superiore tecnico-professionale, cambia nome, mantenendo una dicitura bilingue (croato-italiana) e si ribattezza in Istarsko veleučilište-Università istriana. Un gran bello scompiglio di terminologie e denominazioni derivanti soprattutto dal fatto che la realtà universitaria croata non corrisponde a quella italiana. I politecnici italiani sono intesi come grosse istituzioni conglobanti campi di studio e ricerca comprendenti macro aree di ingegneria e anche architettura, design industriale. Trattasi di una dimensione non equivalente all’offerta formativa di quest’istituto d’istruzione superiore. Liberandosi dall’appellativo di Politecnico, d’altra parte, questo adotta il termine croato di “Veleučilište”, inesistente nella terminologia italiana, onde per cui, ecco che nella traduzione si presta il nome di “Università” che in ogni caso ha un’altra accezione. Pazienza. Bisognerà fare l’abitudine.

I corsi a disposizione

In ogni caso il mutamento denominativo per la scuola universitaria rappresenta una crescita di livello con cui notificarsi nel registro nazionale delle istituzioni universitarie, previo nullaosta dell’ente fondatore, ossia la Regione istriana (la faccenda è all’ordine del giorno alla prossima seduta assembleare, del 29 aprile). Acquistando la nuova denominazione viene riconosciuto l’orientamento di tipo universitario che è in grado di offrire più indirizzi di studio di carattere scientifico-tecnologico. A disposizione corsi di laurea di primo livello (ingegnere baccalaureato in politecnica) e quella specialistica (di master nella gestione dei processi), nonché un corso breve (biennale) di diploma professionale in politecnica. Tra i programmi formativi più recenti indirizzati alla laurea breve, vi è anche quello di ingegneria meccatronica, inaugurato l’anno passato. Per argomentare meglio la necessità di crescita “denominativa” e dello sviluppo quantitativo dei programmi di studio l’anzidetta istituzione si rifà al dato stando al quale soltanto il 72 per cento dei laureati istriani riesce a trovare un’occupazione nel giro di 1-3 anni, il resto rimane arruolato nell’esercito dei disoccupati. Un’altra motivazione punta, inoltre, sulla rivendicazione di quadri giudicati mancanti. Servono professioni tecniche e mansioni da ingegneri. Che dire? Meglio non immaginare una formazione per… ingegneri navali, come nemmeno un fantascientifico futuro di sola meccatronica e robotica. A un certo punto raggiungere l’obiettivo di garantire l’acquisizione di metodi e contenuti scientifici generali e specifiche conoscenze professionali, potrebbe rivelarsi anche inservibile.

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