Il cortile fai da te della «Martinuzzi»

Gli alunni delle seste, settime e ottave classi impegnati in questi giorni in lavori di giardinaggio

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Il cortile fai da te della «Martinuzzi»

Uno zero in condotta li ha condannati ai lavori forzati? Mai visto una scuola pullulare di allievi che sgobbano in piena estate a meno che non si tratti di giorno di pagelle. All’elementare italiana “Giuseppina Martinuzzi” hanno compiuto una “mission impossible”. È una situazione che non trova precedenti: ragazzi prelevati dalla spiaggia, tolti dai trastulli vacanzieri, ingaggiati per un esperienza di lavoro che richiede impegno intellettivo e manuale. Fossero stati i genitori ad aver cercato di strapparli dal PC e dalla TV per alimentare la laboriosità non ci sarebbero mai riusciti. Qual è la formula magica che spinge a tanta opera di entusiastico volontariato dopo il classico anno pedagogico che ha stufato e fatto perdere la pazienza tra controlli, compiti e interrogazioni? Il sistema da calamita è stato architettato dal collettivo di lavoro: direttrice Susanna Cerlon e corpo insegnanti che senza proporre paesi dei balocchi, attività adrenaliniche, ludiche e miracolose hanno offerto con semplicità un’esperienza di lavoro in grado di coinvolgere i ragazzi in operazioni pratiche di lavoro tecnico e di giardinaggio per un approccio didattico e giocoso con le tematiche del verde e dell’educazione ambientale.

Itinerari didattici inediti

Ed eccoli qua, numerosi, alunni e alunne delle quinte, seste e settime classi durante la gran calura estiva, a fabbricare panchine per l’atrio dell’istituzione e ad ampliare il bellissimo angolo di giardino scolastico. Sotto l’occhio vigile degli insegnanti coordinatori Alessandro Lakoseljac in primis, Andrea Močinić, Paola Marinčić e Mirka Cerni, stanno ponendo attenzione sul futuro aspetto del cortile interno scolastico, esplorando assieme itinerari didattici inediti e modalità di miglioria di rapporto tra l’architettura scolastica e gli spazi aperti. Come mettere in comunicazione l’edificio con un ortogiardino, che è anche spazio sociale, usato dal gruppo prescolare Delfini operante in seno alla “Martinuzzi” e che nel contempo fa anche parte della quotidianità scolastica? Continuare a rinverdire, ad abbellire e a ingrandire il mini orto botanico creato anni or sono dalla compianta insegnate Marinella Matić e dal suo gruppo di giovani biologi è un’operazione che viene accompagnata da un piccolo processo di modificazione del modo di pensare le relazioni sociali, la comunicazione, e in special modo l’educazione degli adolescenti, ribelli per “colpa” dell’età.

Dialogare e studiare

Sotto l’ombrellone in riposo conn succo di frutta

L’aspetto più interessante dell’osservarli in azione è quello di non aver notato alcuno con cellulare alla mano. Tutti intenti a dialogare, a studiare l’arte del giardinaggio: si potano le siepi dell’elicriso, per poi raccoglierne i fiori da cui si cercherà di ricavare una pomata, si strappa il manto erboso ormai secco, si innaffia, si rimuove la terra. E qui il lavoro diventa duro. Colpa del materiale edile da risulta che a suo tempo era stato collocato per imbonire la superficie. Infilare il forcone è un impresa. Ma un’aggiunta di humus toglierà d’impaccio. Così alle piante di rosmarino, di salvia e di lavanda se ne aggiungeranno altre per affiancare le rose, i gerani e delle bellissime ortensie, mentre il futuro riserva anche altri progetti tra i quali un orticello o giardinetto da organizzare a castello proprio sopra l’area del serbatoio interrato, porzione ancora libera che non si può certo coltivare nella maniera più tradizionale. Sarà sicuramente bella l’attesa della crescita biologica dei vegetali da coltivare in una corrispondenza concettuale semplice da percepire. È l’analogia creativa del crescere, come sviluppo delle potenzialità intellettuali e fisiche dei ragazzi in una ricerca della qualità della vita che sappia pervadere ogni aspetto della loro esperienza umana e sociale fin da giovanissimi. E se sotto il maxi ombrellone si compie l’orticoltura pochi metri più in là è aperta la bottega degli apprendisti falegnami. Nel pieno rispetto della natura, anche in questo caso. Il materiale da riciclare e da riutilizzare è il pellet regalato dall’azienda commerciale Pevec. Serve per costruire delle panchine. Lo scopo? Collocarle nell’atrio con il prossimo anno scolastico dove potranno sedere i ragazzi durante il riposo tra un’ora e l’altra, invece di essere costretti a fare ressa, appiccicati nei corridoi.

L’officina di falegnameria

Falegnameria: come costruire una panchina

Nell’officina di falegnameria, la manovra è già più complessa: chiodi da togliere e da piantare, legno da piallare e raschiare, tavolette da unire, trapani da metter in moto, seghe da manovrare. Il bello deve appena venire, quando si lavorerà ad arte con i pennelli, vernice e lacca per creare della panchine multicolor. Entro il 12 luglio dovrà essere tutto finito. I materiali impiegati nel corso delle attività da team building sembra davvero una rilettura degli strumenti didattici: rudimentali, adatti alla semplicità di realizzazione. Sono stati acquistati dalla scuola e torneranno utili anche in seguito, per tante attività pratiche e di manutenzione. Come mai trascorrere le vacanze in questo modo? “Tanto abbiamo moltissimo tempo a disposizione. E allora perché non aiutare la scuola a raggiungere un obiettivo. Tra l’altro è divertente”: è il commento di Elia Da Ponte. “Stare a casa tutta l’estate diventa noioso e qui mi diverto. Più con questa fase tecnica che con quella di verniciatura che arriverà”: parole di Oscar Penso. Conferma invece Barbara Gessica Bahtak: “Giardinaggio? Ho voluto proprio scoprire come si fa. Tanto meglio se farà apparire la scuola più bella e allegra”.

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