Gli ingredienti di un’infanzia felice: amore, sostegno e comprensione

Giornata Internazionale dell’Educazione non violenta. Riflessioni e consigli degli esperti

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Gli ingredienti di un’infanzia felice: amore, sostegno e comprensione
Lena Radunić, Ivona Močenić e Ivana Sokolov. Foto: Marko Mrđenović

Sono passati pochi giorni, ma l’attenzione resta alta nei confronti dell’educazione non violenta sui bambini. Il 30 aprile si è celebrata in tutto il mondo, con più di 500 manifestazioni, la Giornata Internazionale dell’Educazione non violenta – International Day to #EndCorporalPunishmet”, un’occasione per ricordare che pratiche educative violente, degradanti e umilianti sono purtroppo diffuse in tutto il mondo e rimangono ancora oggi la forma più comune di violenza contro bambini, bambine e adolescenti. Si stima che circa il 65 p.c. dei e delle minorenni di età compresa tra 2 e 14 anni abbia subito punizioni corporali (punizioni fisiche o aggressioni psicologiche) da parte dei genitori. Inoltre, secondo i dati raccolti in 30 Paesi, sei bambini su dieci tra i 12 e i 23 mesi sono soggetti a disciplina violenta e di questi almeno la metà è esposta ad abusi verbali. Insomma, pare che educare i figli rappresenti ancora un bel problema per i genitori, spesso in bilico tra l’uso delle buone maniere, del dialogo e della comprensione, la determinazione di regole ferme o addirittura il ricorso a punizioni più severe. La realtà è questa e va affronta per quello che è. Come nel loro piccolo cercano di fare il Centro famiglia e la Casa rifugio per donne vittime di violenza e maltrattamento, le cui responsabili, Jelena Pereša e Jadranka Černjul, ieri mattina, hanno partecipato in qualità di relatrici a una Conferenza dedicata proprio all’educazione non violenta e ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Un sostegno ai genitori
All’iniziativa – ospitata negli spazi della Facoltà d’Economia e Turismo “Dr. Mijo Mirković” su iniziativa del Consiglio per la prevenzione della criminalità della Città di Pola – hanno preso parte anche Irena Mosić Šajatović, psicologo presso la Scuola elementare “Šijana”, e Nikolina Gobo, dell’Ufficio cittadino dell’Istituto nazionale di assistenza sociale. La Conferenza si è aperta con un breve saluto alla vicesindaco, Ivona Močenić, all’assessore alle Politiche sociali e Giovanili, Ivana Sokolov, a Lena Radunić, dell’assessorato alla Cultura, ai membri del Consiglio cittadino per la prevenzione della criminalità, e alle tante studentesse presenti. Marina Diković, docente presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Pola nonché direttrice del Centro di competenze professionali nella formazione e moderatrice della Conferenza ha invitato la prima ospite ad esporre il suo punto di vista. Il microfono è stato quindi ceduto a Jelena Pereša, soffermatasi sui servizi del Centro famiglia, che spaziano dalla formazione degli esperti del settore dell’istruzione e dell’educazione al sostegno alla genitorialità e alla collaborazione con gli asili e le scuole. La responsabile del Centro ha proseguito dicendo che anche a Pola è stata rilevata la necessità di sostenere i genitori nell’interpretazione del loro ruolo educativo.

I bambini sono come spugne
“I bambini sono come spugne. Assorbono tutto. Sono in grado di percepire tutto quello che succede intorno a loro. Fanno un sacco di domande e non smettono mai di chiedere. E questo, a volte, porta i genitori all’esasperazione e a chiedere aiuto agli esperti”, ha detto Pereša, la quale nel nel suo intervento ha sostenuto che, indipendentemente dallo stato d’animo dei genitori, i bambini – cambiati rispetto al passato – non possono essere educati con il pugno di ferro. “L’autorevolezza, gli schiaffi, le sculacciate e le botte non funzionano più. Anzi, sono controproducenti”, ha commentato la responsabile del Centro famiglia, che ai genitori cerca di spiegare come i bambini, per crescere felici necessitano di amore, sostegno, comprensione e tempo. “Soltanto così – ha continuato Pereša – riusciremo a crescere un bambino e un futuro uomo e donna che saprà affrontare i conflitti senza dovere ricorrere alla violenza. Anche Irena Mosić Šajatovic si è soffermata sui programmi portati avanti non soltanto dall’elementare di Siana, ma da tutti gli istituti scolastici in generale, come ad esempio l’organizzazione di workshop e incontri con i genitori.

Serve una prevenzione continua
L’accento è stato, però, posto alla prevenzione. Prevenzione che non può e non deve essere limitata alle sole ore di educazione civica. “La prevenzione richiede un’azione continua, dal primo all’ultimo giorno di scuola”, ha detto la psicologa, aggiungendo che in questo senso il corpo docente gioca un ruolo fondamentale. “Alla pari dei genitori, anche gli educatori, gli insegnanti e i professori devono essere un esempio da seguire”, ha spiegato Mosić Šajatovic. “I bambini imparano a comportarsi anche da noi”. Così la rappresentante dell’elementare di Siana, che ha quindi sottolineato come un aspetto fondamentale degli educatori/insegnanti è quello di saper creare un rapporto di fiducia con i bambini e gli alunni, che a loro volta avranno una persona con cui confidarsi. Detto questo, la psicologa ha dichiarato che oltre alle botte esistono molte altre forme di violenza, come l’aggressione verbale o la violenza virtuale. L’intervento successivo è stato quello di Nikolina Gobo. La rappresentante dell’Istituto nazionale d’assistenza sociale, dopo avere elencato le diverse leggi contro la violenza in famiglia e sui minori, ha ricordato che chiunque sia in possesso di informazioni circa un possibile caso di violenza su un minore è tenuto a denunciare il fatto agli organi competenti entro 24 ore dal momento in cui ne è venuto a conoscenza.

No all’approccio violento
Gobo ha successivamente spiegato che le conseguenze di un approccio violento all’educazione dei bambini non sono soltanto i lividi. “Spesso, i bambini e i ragazzi vittime di violenza in famiglia presentano disturbi psichici ed emotivi”, ha spiegato l’esperta, aggiungendo che gli attacchi di panico, l’ansia, la chiusura in sé stessi, la ricerca di un rifugio sicuro nel mondo virtuale e l’autolesionismo sono i comportamenti più comuni.
Infine, l’ultima a intervenire è stata Jadranka Černjul, la quale ha ricordato che dal giorno della sua inaugurazione nel 2005 a oggi la Casa sicura (Sigurna kuća Istra) ha offerto supporto, aiuto e ospitalità a diverse centinaia di donne (e ai loro bambini) vittime di violenza in famiglia. Al pari delle colleghe, anche la responsabile della Casa sicura ha posto l’accento sulla prevenzione, considerata l’unica chiave per interrompere un circolo vizioso di violenza in continua crescita. Jadranka Černjul ha, però, auspicato maggiori finanziamenti da parte delle istituzioni.

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