Pola. Conversione a tutto relax

Il primo giorno lavorativo del 2023 abbiamo visitato il mercato e dialogato con i concittadini. Il passaggio dalla kuna all’euro non ha prodotto particolari difficoltà. «L’importante è non avere il conto in banca vuoto», dicono i consumatori

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Pola. Conversione a tutto relax
Nei supermercati tutti i conti quadrano (c’è la cassa che fa di conto). Foto: DARIA DEGHENGHI

Primi acquisti in euro in città. Siamo tutti lì con la mano tesa, il palmo pieno di monetine, a guardare impalati e sentire come tintinnano. Certi commenti suscitano risate a crepapelle. Una signora, divertita, ci dice “ora osservo attentamente anche le kune come se non le avessi mai viste prima”. C’è del bello in tutta questa situazione del cambio della valuta a Capodanno: tutti i discorsi in strada e in casa vertono su questo unico argomento. Perfino le battute “normali” sono state adeguate al caso. Una pensionata alla fermata dell’autobus cerca di convincere un’altra che una terza, defunta, non era buona di cuore: “Creda a me, signora, che la conoscevo meglio di quanto conoscessi i soldi. O l’euro, se preferisce”.

Clienti rilassati
Vediamo come vanno i primi acquisto dell’anno nei supermercati. Nei centri della grande distribuzione in periferia tutto fila liscio come l’olio. Evidentemente le grandi catene commerciali non hanno lasciato nulla al caso e i vari scompartimenti dei banchi cassa sono sono ben riforniti di banconote e di monete di entrambe le valute: la kuna che stiamo abbandonando e la moneta unica europea che abbiamo adottato. Anche i clienti sono piuttosto rilassati. Chiediamo in giro agli acquirenti come se la cavano con la doppia valuta in circolazione e le risposte sono tutte positive. Un’anziana ci scherza sopra: “L’euro? Non mi preoccupo. Non ci faccio caso. Se funziona la carta e se il conto in banca non è vuoto, quale sia la valuta con cui si paga è irrilevante”. Parole sante. Una giovane donna confessa: “Meno male che gli importi sono segnalati anche in kune, altrimenti dovrei pensarci un po’ su. Se continueranno tutto l’anno con la doppia indicazione, tanto meglio: avremo tutto il tempo di abituarci. Non ho fatto ancora provvista di euro, devono finire le kune che avevo in casa…”.

Tutto funziona
Una donna di mezza età in “tournée” per i supermercati ci racconta: “Vengo ora da un negozio dove ho pagato in kune e mi hanno reso il resto in euro, quindi mi sa che tutto funziona a dovere. Ma guardi che si fa tanto rumore per nulla perché quel che conta è il potere d’acquisto, non la valuta. Quello che si possiede, si spende. Se i soldi scarseggiano, ci guardiamo bene dallo spendere”. Un simpatico vecchietto si diverte e aggiunge: “L’euro? nessun problema, sempre che ce ne siano, si capisce, ma mi sa che sarebbe stato meglio un cambio di ‘uno sta a uno’. Un euro per ogni kuna in tasca: questa sì che sarebbe stata una pacchia, ragazzi”.

Conducente e… cassiere
Vediamo la situazione in autobus, perché è qui che le cose si complicano. Finché si paga con la prepagata o con l’abbonamento, tutti i conti tornano, ma quando c’è da mettere mano al portafogli e da restituire il resto sono guai. Ovviamente l’autista deve badare a guidare e come responsabilità gli basta e avanza, visto che ha sulla coscienza almeno una cinquantina di passeggeri per corsa e a centinaia durante il turno. Il prezzo del biglietto con la prepagata ora costa 90 centesimi (prima erano 7 kune). I prezzi sono stati arrotondati per difetto su decisione del sindaco con una delibera dell’ultima ora nel 2022. Ma c’è anche chi paga in contanti salendo a bordo e qui le cose si complicano. Il biglietto in questo caso costa 11 kune, la passeggera ci mette una banconota da 20 kune, l’autista non ha euro da restituire (e anche ad averne si suppone non abbia il tempo per far di conto e… far quadrare i conti) per cui chiede gentilmente di restituire le monete della kuna. La risposta, naturalmente, è affermativa perché nessuno ha voglia di trattenere l’autobus fermo sulla strada. Alla fermata successiva una coppia chiede di pagare in euro, l’autista ne chiede tre e nessuno protesta. L’autobus è davvero l’ultimo posto al mondo dove fare i pignoli pur di avere indietro quei cinque centesimi che mancano all’appello.

Carta di credito, la soluzione migliore
In un negozio di calzature in via Flanatica le commesse sono tutte impegnate a fare di conto con i calcolatori in mano. “Lei come paga? Kune o euro?” è la domanda che si ripete in continuazione. In realtà, la confusione è totale anche per via dei saldi di fine stagione. Nei negozi d’abbigliamento e calzature i prezzi ora sono quattro: quello iniziale in due valute, e quello finale, sempre in due valute. Bravo chi ci capisce qualcosa. Fatto sta che i commessi preferiscono incassare gli euro, ma sono costretti ad accettare le kune. “In tutta onestà – confessano – preghiamo Iddio che ci paghino con la carta”. Ai clienti decisi di pagare in kune dicono: “Porti pazienza, abbiamo bisogno di tempo per aggiornarci”.

Mercato verde (quasi) deserto
Al mercato ortofrutticolo si compra e si vende poco perché i giorni che seguono Capodanno sono sempre giorni di “vacche magre”. Si compra e si vende poco anche perché gli ortolani si concedono una piccola pausa a partire dal primo gennaio. Inoltre, i rivenditori (chi compra all’ingrosso per rivendere al dettaglio) non si faranno vedere più fino a primavera inoltrata. Chi rimane sono soltanto i piccoli produttori che “devono mandare avanti la baracca”. Una delle poche “venderigole” che troviamo in piazza del Popolo ci mostra i primi euro in monete con i simboli nazionali sul rovescio: “Guardi, sono i centesimi con l’effigie di Tesla, li ho avuti stamane. Gli anziani comprano già con la valuta europea: ieri hanno avuto la prima pensione in euro. Ma lei paghi come le pare, io ho fatto provvista di monete di euro. Secondo me, nel giro di quattro o cinque giorni non ci saranno più kune in circolazione e non ci penseremo più”. Ben detto. Non pensarci più è sempre il miglior modo per voltare pagina e andare avanti.

Gli euro? C’è tempo…
Al piano superiore del mercato coperto il primo caffè, il primo succo di frutta e il primo bicchiere di vino al bar si paga ora in kune ed ora in euro. Ervino ci racconta d’aver comprato un chilogrammo di mele al supermercato, di averle pagate con una banconota da 100 kune per ritirare gli euro del resto: un modo come un altro per liberarsi della vecchia valuta senza andare in banca. Franco ci offre un caffè che paga con gli euro avanzati dalle spese fatte a Trieste. Dice che conviene sempre fare la spesa a Trieste, anche se la benzina costa un occhio della testa, perché si può condividere la macchina con un gruppo di amici. Claudio invece paga in kune: “Ne ho solo una cinquantina e devo ben spenderle finché valgono. Agli euro non ci penso ancora: quando verranno, verranno”. E non solo verranno – bisogna aggiungere – ma così come vengono così se ne vanno…

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