Casa di rifugio di Pola. I telefoni non smettono di squillare

Anche a causa della pandemia ultimamente si assiste a un aumento del numero dei casi di violenza sulle donne. Ne parliamo con Jadranka Černjul che gestisce le strutture d’accoglienza

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Casa di rifugio di Pola. I telefoni non smettono di squillare

Da più parti si sente dire che i casi di violenza domestica con vittime le donne, i bambini o entrambi, sarebbero di colpo aumentati nel giro di un anno, complice, o piuttosto causa diretta, la pandemia scatenata dal coronavirus. Ne parliamo con Jadranka Černjul che da diversi anni a questa parte gestisce i rifugi istriani aperti per offrire accoglienza (sistemazione) o solo consulenze legali e psicologiche alle donne vessate dai partner. La nostra domanda è questa: è possibile affermare con certezza e quindi con dovizia di prove che la pandemia abbia effettivamente scatenato un’epidemia di violenza domestica collaterale?

 

 

Quattro chiamate in un giorno
Il problema, secondo Jadranka Černjul, va collocato essenzialmente in un quadro sociale più ampio rispetto a quello che tendono a dipingere del fenomeno i mass media. “Risponderei perciò affermando che: primo, sì, è vero, ultimamente si assiste a un innegabile aumento di episodi di violenza contro le donne. E, secondo, non è possibile ricondurre l’effetto a una causa esclusiva. Mi spiego. Anche senza andare a scomodare le statistiche, che aggiorniamo due volte l’anno, una volta per semestre, osserviamo che i nostri telefoni non smettono di squillare e questa e per noi una prova tangibile di disagio. Guardi, soltanto ieri abbiamo avuto quattro telefonate da parte di altrettante donne che finora non erano state schedate nei nostri archivi. Dunque, in un solo giorno, quattro nuovi casi di dichiarato maltrattamento senza entrare nelle tipologie della violenza, se fisica, se psicologica, se intimidatoria, o di qualunque altra natura. Ora, per noi la tendenza degli ultimi mesi o anni che dir si voglia è di netto aumento del fenomeno. Quanto alle cause però, non me la sento di attribuire tutta la responsabilità alla pandemia”.

Jadranka Černjul

Condizioni economiche e sociali
Come possiamo distinguere allora le cause dagli effetti e viceversa? Quale giudizio possiamo trarne? A questo punto Jadranka Černjul allarga il discorso della pandemia al quadro più ampio della congiuntura, delle condizioni economiche e sociali in cui sono venute a trovarsi numerose famiglie di Pola e dell’Istria nell’ultimo paio d’anni. E afferma: “No, guardi, non è possibile dire che le cose vanno peggio perché c’è il Covid, il lockdown, perché uomo e donna si sono trovati di colpo chiusi in casa. Non è così che sono andati gli eventi. Per prima cosa, dobbiamo ammettere che il nostro lockdown è stato relativamente liberale: nessuno ci ha fisicamente rinchiusi in casa. In secondo luogo tutte noi abbiamo un cellulare accanto o un telefono da qualche parte: se anche dovesse succedere il peggio, è sempre possibile allertare qualcuno sul momento. Piuttosto bisognerebbe considerare le conseguenze del fallimento del cantiere navale e di altre industrie, i mancati incassi della stagione turistica, la disoccupazione, il calo del potere d’acquisto, l’impossibilità di trovare impiego e tutte queste cose insieme. Questi sono i veri fattori scatenanti: la situazione economica alla base della situazione psicologica. I padri di famiglia sono andati all’estero in cerca di lavoro, a Monfalcone o in Germania. In un certo senso le famiglie sono state lacerate”, dice la nostra interlocutrice e continua: “I soggetti più labili tra i nuovi disoccupati si sono dati all’alcol, alle scommesse e così hanno finito per mandare in fumo anche quel poco di risparmi che ancora si potevano trovare sotto il cuscino. Le donne che erano solite arrotondare col servizio negli alberghi e nelle pensioni ora ammettono che non hanno un soldo in tasca, e ‘non perché il marito non gli passa i soldi per la spesa’ – questo è come se fosse scontato – ma perché non ci sono più le scorte dell’estate. Insomma, se c’è una molla che scatena la violenza, non è tanto il Covid o perlomeno non è solo il Covid, ma piuttosto una rete di molle scatenanti che si moltiplicano e si rafforzano a vicenda”.

Il numero dei reati è in calo
Eppure i dati diffusi dalla Questura sembrano non corroborare questa tesi dell’escalation. Se le chiamate al Rifugio aumentano, le denunce penali sono nella norma o anche un po’ sotto: l’anno scorso i reati schedati in Questura erano 93 ovvero il 4 per cento in meno rispetto al 2019. Anche i reati minori sono andati calando: del 18 per cento. “È vero, c’è questa discrepanza tra numeri e numeri, ma io vi assicuro che le nostre chiamate hanno una voce e che quella voce ha un volto e un nome dietro l’apparecchio. Le vittime hanno timore di denunciare. Anche questa paura è ciò che fa della vittima una vittima. E se non è la paura, certamente si tratta di sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine, della magistratura. La lentezza nell’evasione delle pratiche, i ritardi, la scarsa efficienza, l’attesa infinita di un’ingiunzione, di una sentenza, di una misura cautelativa, sono tutto fattori che trattengono le donne dall’azione. Guardi, mesi fa abbiamo avuto un femminicidio a Gallesano. Il colpevole è noto, i fatti sono stati accertati sul posto: dov’è l’epilogo giudiziario? Dov’è la sentenza? Non ne sappiamo assolutamente nulla. Le pratiche staranno viaggiando da un ufficio all’altro. In condizioni di simile inefficienza delle istituzioni, è forse strano che le donne non sporgano denuncia?”

Due rifugi e altrettanti consultori
Tutte cose su cui riflettere. A ogni modo, dall’anno della fondazione, il 2006, la Casa rifugio istriana è cresciuta e ha guadagnato nuove sedi. Ora conta due rifugi e due consultori, ma non per niente: si è trattato di necessità. Da allora ad oggi, 251 vittime hanno chiesto e ottenuto accoglienza: 114 donne e 137 bambini. La sistemazione d’urgenza è stata accordata a 104 vittime, nella fattispecie 51 donne e 53 minori. I servizi di consulenza sono stati forniti a circa 900 donne, mentre le telefonate di sostegno sono state più di un migliaio. La Casa rifugio accetta donazioni per la causa della lotta alla violenza domestica al conto corrente HR7324840081502023083 aperto alla Raiffeisenbank. Per avere un libro di poesie in dono in cambio del versamento è necessario dichiarare il proprio contributo alla Fondazione di partenariato sociale ([email protected]).

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