«Bisogna parlare con il cuore e non ascoltare la mente»

Gianni Mariani, nativo di Spoleto, ha lasciato il lavoro e fisarmonica in braccio ha deciso di cambiare tutto. Da alcuni anni vive a Pola e si esibisce come artista di strada

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«Bisogna parlare con il cuore e non ascoltare la mente»

Tra i musicisti che occupano le vie del centro ce n’è uno che si distingue per una padronanza dello strumento, una presenza distinta e un tocco di classe che manca a tutti gli altri. Fare l’artista di strada è un mestiere che talvolta si confonde con una mancanza di conformismo che rasenta atteggiamenti di totale rifiuto della vita in società, quasi che fosse l’ennesima forma di vagabondaggio. A volte è vero il contrario e allora il viaggio, pur cominciando con un rifiuto, si trasforma in accettazione. Gianni Mariani è un musicista sui generis. Un anno fa ha lasciato il posto fisso, la città di origine e il Paese che ne ha fatto un italiano, un interprete e un idealista. Dare dell’idealista a qualcuno, oggi, è come sparargli in faccia un’ingiuria. L’accezione nobile del termine si è persa per strada ma noi abbiamo deciso di riesumarla di proposito. Attratti dal cappello a quadri con gli occhiali verdi enormi sulla tesa del cappello e l’uccellino accanto, ci avviciniamo per scambiare due chiacchiere. Le due chiacchiere si trasformano in una cerimonia di presentazioni e convenevoli, che a sua volta si trasformano in un appuntamento per un’intervista in piazza Primo maggio, altro quartier generale del nostro esuberante fisarmonicista. Veniamo a saperne di più: è nato a Spoleto in provincia di Perugia, d’anni 56, bella presenza, fisionomia, statura e abbigliamento tipicamente italiani. Glielo chiedono in continuazione: ma come si fa a lasciare l’Umbria per l’Istria, l’Italia per la Croazia, l’Occidente per l’Oriente, un’economia tra le prime al mondo per una in eterna via di sviluppo?

Come, dunque, e perché questa scelta di vita, che sembra di un’ispirazione quasi religiosa?

Ho in mente un libro che ha fatto una grande differenza in me: s’intitola “Il potere di adesso” di Ekhart Tolle, il quale dice, e io ci credo, che la gente ha due grandi virus peggiori di quello che hanno fatto diventare famoso. Uno è che le persone sono attaccate ai ricordi del passato, per cui vivono una vita ancorata a credenze che hanno imposto loro gli avvenimenti della vita. E l’altro è che le persone delegano la propria felicità a un evento futuro: dicono “quando avrò più soldi, quando cambierò lavoro, quando avrò un compagno, farò questo e farò quello”… Il fatto è che continuando a procrastinare si arriva alla fine della giostra e a quel punto scatta una consapevolezza e viene fuori la verità: allora si capisce se il partner era quello giusto o se ce lo siamo tenuti perché non abbiamo avuto il coraggio di ascoltare il cuore, oppure se abbiamo fatto il lavoro che non ci piaceva piuttosto di scegliere una strada diversa. Ragionavo in questi termini quando uno-due anni fa, in Italia sono cominciate delle compressioni delle libertà piuttosto incisive. Premetto che ho lavorato per 34 anni come dipendente ragioniere e che ho abbandonato tutto questo per inseguire un sogno di libertà. Adesso mentre suono osservo la gente e ti dico che che è lo stesso modo di vivere che

c’è in Italia. Secondo me la gente sta in gabbia, ma non lo sa. Bisogna chiedersi: che cosa ami, come puoi essere utile agli altri? Ecco, a partire da queste domande è possibile crearsi un’occupazione che sia anche una fonte di sostentamento. Ovviamente molto difficilmente come dipendente: il posto fisso ormai fa parte del passato. La creatività le scuole in Italia non gliela insegnano ai bambini, gli insegnano a fare i dipendenti. E quando i ragazzi hanno smesso di studiare sono buoni soltanto a fare i dipendenti. E così comincia la catena della frustrazione: la mente produce 60.000 pensieri al giorno, quasi tutti negativi. Bisogna parlare col cuore e non ascoltare la mente.

Il cuore ha detto vai a suonare oppure vai in Croazia?

Il mio cuore m’ha detto: l’Italia non è un Paese dove tu puoi rimanere, dove potrai esprimerti come artista. Quello che faccio qui ho provato a farlo in molte città italiane: nel giro di qualche secondo i Carabinieri e i Vigili urbani ti cacciano via. Ti dicono che non si può, che c’è la regola. Ma quale regola? Non c’era nessuna regola. E quindi io, visto che in Italia non ti lasciano neanche suonare, ho deciso di fare fagotto. Inizialmente avevo scelto la Romania, ma poi un amico imprenditore edile spoletino che costruisce case a Cittanova, m’aveva suggerito di venire in Istria. Ho cambiato rotta e ho vissuto qualche mese ad Orsera ma poi ho scelto Pola: non è la più bella ma è la più completa. Cerco di suonare con un obiettivo, che non è quello di riempire la borsa di kune, ma di muovere le emozioni della gente. Se tutti sorridono sono contento e anche se non offrono nulla sono contento lo stesso. La mattina mi alzo e mi chiedo: come posso oggi migliorare la mia vita grazie alla mia musica, e così si parte. Sono tutti tristi? Va bene, io sarò entusiasta. Mi metto l’uccellino qui, le mollette, le cannucce colorate… ho scelto di sorridere.

Non ha cambiato idea? Non si è pentito? Non le mancano la famiglia, gli amici?

Voglio essere sincero: nessun posto al mondo sta aspettando solo me o solo te. Dovunque tu vada, ci sono degli ostacoli da superare. Ma il problema non sono gli ostacoli, ma la nostra reazione agli ostacoli. Ecco questo degli affetti è il tasto dolente: ho lasciato mia mamma e mi emoziono solo a pensarci. Comunque ci telefoniamo in diretta, ormai si può. Però a un certo punto il cordone ombelicale va tagliato. Penso che il ruolo del genitore sia quello di mettere al mondo un figlio e dargli il massimo senza l’aspettativa che poi quando sei anziana o anziano il figlio debba sacrificare per forza la sua vita per te. Mia madre ha rispettato la mia scelta. Anzi ora ci rendiamo conto che a distanza siamo in grado di realizzare una comunicazione più sincera di prima quando ci si vedeva faccia a faccia. Se mi chiedi come andrà, non so rispondere. Vivo con l’incertezza: è facile che un giorno, se non mi va più di restare, io me ne vada anche da qui.

Una volta che si decide di essere liberi, si può esserlo ovunque?

Esatto, non si torna più indietro. Non si torna più in gabbia. Lotti e vivi, perché l’incertezza è anche una grande maestra di vita, t’aiuta a crescere, a diventare indipendente, autonomo, altrimenti abbiamo sempre bisogno di qualcuno o qualcosa per sentirci completi.

Tornando alla musica, come sceglie le canzoni da proporre, quali compositori preferisce?

Devo dire che apprezzo molto il vostro Oliver, che non conoscevo prima di venire qui ma oggi ne curo un repertorio vastissimo. La sua non è musica che ti permette di esibire le doti del virtuoso, ma è musica che parla all’anima, che muove le emozioni. Mi è piaciuto talmente tanto che l’ho fatto conoscere in giro per il mondo con la mia pagina e i miei follower. Poi curo un repertorio italiano che qui conoscono benissimo, e tante canzoni tedesche, per i turisti. Ogni giorno inizio la mia esibizione con ‘Ein bischen Frieden’ e i tedeschi rispondono col sorriso. Ho le mie strategie, riconosco i turisti da lontano. I tedeschi da come vestono, da come reagiscono alle mie canzoni. Disgraziatamente devo anche confessare che i tedeschi e gli istriani sono più generosi degli italiani. Non è una sensazione: ormai ho tirato le somme e lo accetto, anche se non so spiegarmi i motivi. L’italiano che viene qui in vacanza dà tutto per scontato e per dovuto.

Sogni nel cassetto?

Vorrei fare un concerto all’Arena di Pola. Scrivilo.

Guardi che l’Arena è tosta…

Però io c’ho 160mila follower sulla mia pagina Facebook: la fisarmonica di Gianni Mariani.

Caspita, ma allora ci guadagna con la pubblicità. Si può?

Certo che si può, ma non lo faccio. Non voglio presentare dei prodotti in Rete. Mi sentirei uno stupido e poi sacrificherei la mia musica. Anche questa è una scelta. Perché rovinare tutto: stanno ascoltando la mia musica e poi sul più bello il video s’interrompe per far partire la pubblicità. No, no e poi no. Non si può fare.

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