Barbariga. Gli archeologi studiano la struttura portuale

Individuata una costruzione lunga ben 57 metri, conservata in situ in tre file di blocchi di pietra

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Barbariga. Gli archeologi studiano la struttura portuale
Sott’acqua tra le pietre. Foto: JERKO MACURA/CITTÀ DI DIGNANO

Il Museo archeologico dell’Istria (MAI) è impegnato in ricerche nell’area costiera di Barbariga vecchia, località del porto romano. Guida la campagna Ida Koncani Uhač.

L’interesse degli archeologi è concentrato sui resti dell’antica struttura portuale nella baia di Barbariga, probabilmente in funzione del vicino oleificio, per il trasporto dell’olio via mare. La località era stata oggetto di studio già negli anni Cinquanta, quando se n’era occupato l’archeologo Štefan Mlakar, del MAI.
A Barbariga è stata individuata una struttura di proporzioni monumentali, lunga ben 57 metri, conservata in situ in tre file di blocchi di pietra. Il sondaggio ha consentito di risalire al blocco di base. La struttura è larga da 16 a 24 metri. a forma di “L”. I blocchi hanno dimensioni a loro volta notevoli: 3,1×2,6 metri. Quanto venuto alla luce finora è un’ulteriore conferma che il Dignanese anche nell’antichità era noto per la produzione dell’olio d’oliva. L’oleificio in questione disponeva di 20 presse, il che lo rendeva il più grande in Istria e probabilmente oltre. La località è datata al I secolo. La vicina Punta Barbariga conserva i resti di un villa con peristilio. Facendo un po’ di conti, l’oleificio lavorava le olive prodotte su un’area da 240 a 300 ettari. Imponente, vero? Ecco un dato più ragguardevole: tutto il possedimento occupava una superficie di 900 ettari.

La squadra che studia il porto romano.
Foto: CITTÀ DI DIGNANO

Finora in mare sono stati ritrovati ceramiche, frammenti di vasellame e anfore. Tra queste hanno destato particolare interesse quelle prodotte nel Fasanese, quali anfore del tipo Dressel 6A. La maggior parte di queste è databile al I secolo, il che coincide con… l’età del vicino oleificio. Chi partecipa alla campagna di ricerca in corso? Accanto alla responsabile dr sc. Ida Koncani Uhač, la restauratrice del MAI Andrea Sardoz, i sub Sandra Kamerla Buljić, Moreno Almassi, Neven Kelemen, Antonio Ribić e Lucio Lorencin, il fotografo Jerko Macura e le archeologhe Dolores Matika e Dušanka Romanović del Museo archeologico di Zara. Per la cronaca, i resti dell’impianto portuale di età romana sono stati definiti dall’archeologa Sara Popović, dell’ArheoProjekt, che ha “sorvolato” la zona.
La ricerca viene condotta nell’ambito del progetto “Istarsko podmorje” (Fondali istriani) per documentare, censire e redigere la topografia delle località sottomarine legate alla storia romana.

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