AIDS. Vitali diagnosi e cura tempestive

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AIDS. Vitali diagnosi e cura tempestive

​Negli anni Ottanta il primo accenno alla sola sigla – AIDS – faceva accapponare la pelle. Oggi, al contrario, pochi pensano ancora alla Sindrome da immunodeficienza acquisita come a una malattia incurabile e mortale perché in caso di diagnosi tempestiva, la patologia è trattabile e il pazienze debitamente curato può vivere a lungo al pari di chiunque altro. Ma è questo un motivo per ignorarne il rischio e sottovalutarla? Ne parliamo con il medico epidemiologo Jasna Valić dell’Istituto regionale di salute pubblica (caporeparto del Servizio di Epidemiologia), che mette subito le cose in chiaro: “Bando alle chiacchiere sulla paura che può suscitare o meno la malattia, perché stiamo parlando di una patologia infettiva molto seria, che resta pur sempre mortale quando non diagnosticata e curata per tempo. A tutt’oggi dobbiamo parlare di una malattia cronica: quando il paziente la contrae, deve curarsi per tutto l’arco della sua vita, proprio come fa il diabetico con l’insulina. La terapia coniuga tre tipi di medicinali antivirali distinti semplicemente perché il virus è in grado di sviluppare presto una resistenza contro uno solo dei medicinali proposti. Le cure somministrate in realtà non uccidono il virus in sé, ma ne frenano la moltiplicazione e quindi anche la propagazione. Tuttavia prima di parlare delle cure, si preferisce parlare di prevenzione, che è la nostra principale occupazione”.

I veicoli di contagio

Anche in questo caso, naturalmente, vale il consiglio buono per tutte le malattie di cui conosciamo la causa scatenante: prevenire è meglio che curare. Gli adulti lo sanno, ma ai giovani bisogna tornare a insegnarlo sempre da capo, di anno in anno. “I veicoli del contagio – ci ricorda la dottoressa Valić – sono tre, e tre soltanto. Il primo e il più diffuso è il rapporto sessuale non protetto in tutte le sue forme. All’insorgere, la malattia non dà sintomi riconoscibili e chi la trasmette lo fa involontariamente da portatore sano inconsapevole. Le persone HIV positive sono tali per anni prima di venire a conoscenza della propria condizione perché la malattia ha un’incubazione eccezionalmente lunga e in questa sua caratteristica giace la gran parte del suo pericolo. Per sfatare un altro mito, tutte le forme di rapporto sessuale non protetto sono ugualmente rischiose: il rapporto orale e anale non meno di quello vaginale. I giovani devono quindi ricredersi su alcuni pregiudizi che li portano a considerare il rapporto orale sicuro. Gli altri due veicoli di contagio sono la trasmissione per via sanguigna (oggi quasi esclusivamente dovuta a scambio di siringhe infette tra i tossicodipendenti che consumano eroina per via endovenosa) e la trasmissione da madre a bambino nel momento del parto. Ciò detto, è chiaro che abbiamo tutte le carte in regola per proteggerci. Il virus è presente nel sangue e nei liquidi seminali e vaginali. A dire il vero è presente anche in altri liquidi corporei ma in quel caso è ritenuto inerte. Quindi, la malattia va evitata con la semplice astinenza, la pratica sessuale con un partner solo, oppure con la pratica di rapporti sessuali sempre protetti, in tutte le loro forme. Ai giovani va spiegato che il preservativo dev’essere sempre a portata di mano, ma bisognerebbe insistere anche sulla necessità di condurre una vita sessuale meno dissoluta, più casta insomma, perché la promiscuità aumenta il rischio di contrarre non solo l’AIDS ma anche tutte le altre malattie sessualmente trasmissibili, che sono tante e non vanno sottovalutate. Le ragazze dovrebbero stare in guardia anche più dei loro coetanei per il semplice fatto che la mucosa vaginale matura lentamente e raggiunge la piena maturità soltanto verso i vent’anni. Quindi, i rapporti sessuali precoci, e a maggior ragione la promiscuità, comportano maggiori rischi”.

Nuovi contagi in aumento

Veniamo alla statistica. Quanti sono i malati di AIDS oggi? Quante le battaglie perse e quanti i pazienti in cura con aspettative di vita migliori di quelle su cui si poteva contare in passato? La dottoressa Valić ci rammenta che il primo caso di contagio in Croazia si ebbe nel 1985 e che il Paese dispone di una struttura molto valida per trattare i casi di AIDS a livello nazionale: la Clinica per le malattie infettive “Dr.Fran Mihaljević” di Zagabria. Da allora a oggi i nuovi contagi sono andati via via aumentando, dalle poche decine di nuove diagnosi l’anno (negli anni Ottanta), a un sensibile aumento dei sieropositivi negli anni Duemila, fino all’impennata incontestabile a cui si assiste dal 2015 in qua, quando si contano più di 100 nuove diagnosi l’anno. Dal 1985 a oggi a livello nazionale si contano 1.618 contagiati, di cui 465 hanno sviluppato la malattia (il 33,8%) e di cui 251 (il 18,2%) sono nel frattempo deceduti. L’HIV non ha risparmiato l’Istria: dal 1985 in qua 66 persone hanno contratto il virus, 30 hanno sviluppato la malattia (il 45,5%) e 13 (il 19,7%) sono morte. La patologia in sé colpisce più uomini che donne, data la promiscuità maschile di norma superiore a quella femminile, dal che deriva la disparità nella distribuzione del contagio tra i sessi.

L’anonimato è garantito

Naturalmente persiste ancora lo stigma del malato di AIDS nonostante le efficienti misure di privacy adottate, l’efficacia della cura, la divulgazione delle nozioni scientifiche e la negazione dei pregiudizi. Pertanto il test è sempre anonimo e gratuito, è possibile sottoporvisi anche a Pola nell’ambulatorio dell’Istituto per la salute pubblica della dottoressa Valić, senza impegnativa e senza dichiarazione di dati personali. La provetta che conterrà il campione sanguigno da analizzare è in codice, nessuno del personale infermieristico e medico saprà mai a chi è appartenuto il campione. In caso di dubbio, perplessità e desiderio di liberarsi per sempre di un timore che può rovinare la qualità della vita, è meglio verificare. “Fare il test è un atto di coraggio, conclude Jasna Valić, ma è anche un dovere verso sé stessi e la comunità”.

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