
Lo utilizziamo quotidianamente in famiglia, per strada, con amici e conoscenti, ma cosa sappiamo realmente dell’istroveneto? Quali legami ci sono ancora tra il dialetto parlato nella nostra penisola e quello parlato in Veneto? Tra i due prevalgono le affinità o le divergenze? Come lo vivono le persone che lo parlano? Il volume “Un ponte tra Veneto e Istria” a cura di Nicola Bergamo cerca di dare una risposta a queste e a molte altre domande. Il manuale è stato realizzato con il contributo della Regione Veneto, grazie alla legge regionale sugli “Interventi per il recupero, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale risalente alla Repubblica Serenissima di Venezia nell’Istria, nella Dalmazia e nell’area mediterranea”.
Il progetto vede come ente capofila il Comune di Villorba, in provincia di Treviso, mentre le istituzioni partner sono il Comune di Verteneglio, l’Istituto Comprensivo di Villorba e Povegliano, la SEI “Edmondo De Amicis” di Buie, l’Unione Italiana e il Centro italiano “Carlo Combi” di Capodistria, in collaborazione con le CI di Verteneglio e Buie.
Giovedì sera negli ambienti del sodalizio di Verteneglio il volume è stato presentato da Nicola Bergamo, curatore della pubblicazione, e da Daniele Marcuglia, uno degli autori. Oltre ai due studiosi, in “Un ponte tra Veneto e Istria” sono presenti interventi di alcuni illustri connazionali, quali Marino Dussich, Kristjan Knez, Lucia Moratto Ugussi e Nadia Diracca Moratto. A loro si aggiunge l’articolo sulle logge istriane di Rosanna Potente, esperta di storia dell’arte.
All’incontro, tra il pubblico accorso per l’occasione, erano presenti anche Jessica Acquavita, vicepresidente della Regione istriana in quota CNI, Neš Sinožić, sindaco di Verteneglio, Erik Persel, presidente della Comunità degli Italiani di Verteneglio e Lorena Lubiana Bellè, presidente del sodalizio di Villanova.
Svariati contributi
Tra i vari progetti che si sono svolti nel corso degli anni a tutela del patrimonio veneto nel territorio, se ne aggiunge uno rivolto allo studio del dialetto, che prende in considerazione le divergenze e le analogie tra le due parlate della medesima famiglia.
“La cosa singolare è che in quest’ambito pochi studi riguardano la lingua veneta, quindi con Daniele Marcuglia e Rosanna Potente noi abbiamo messo assieme una piccola squadra e abbiamo dato spazio agli studiosi locali Marino Dussich e Lucia Moratto Ugussi, che purtroppo recentemente è venuta a mancare. A loro si è aggiunto Kristjan Knez del Centro ‘Combi’ – spiega Nicola Bergamo, curatore del libro –. Abbiamo fatto un lavoro in parallelo tra Verteneglio e Buie e poi Villorba, intervistando adulti, ragazzi e soprattutto le scolaresche. Queste ultime hanno fatto un gemellaggio: partiti da un questionario da compilare, sono finiti a fare due vacanze; i ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Villorba e Povegliano sono venuti qui e in seguito gli alunni della SEI “Edmondo De Amicis” di Buie sono andati in Veneto”. Cos’è emerso dai risultati di questa ricerca? Una volta analizzati tutti i dati, la conclusione è stata quella attesa o sono venuti a galla elementi che hanno sorpreso i ricercatori?
“Ci siamo stupiti perché partivamo dal fatto che nel 1970 un’importante dialettologa veneta, Gianna Marcato, aveva fatto delle interviste da cui emergeva che tutta una serie di persone nate tra il 1910 e il 1950 si vergognava delle radici venete e del dialetto e cercava di fare tutto il possibile per cancellarle – afferma Bergamo –. Si voleva eliminare quest’influenza linguistica, perché in sostanza il contadino veneto era un uomo perdente nei confronti della società industriale che stava emergendo. Quello che volevamo verificare era se dopo 50 anni le persone si vergognassero ancora di parlare il dialetto. In realtà è emerso che dalla parte trevigiana c’è interesse e simpatia per il dialetto, ma manca la competenza. Invece a Buie abbiamo trovato una situazione di competenza linguistica simile a quella che poteva esserci in Veneto circa 50 anni fa: il dialetto è ancora usato ed è uno strumento vitale della comunità. Sotto alcuni profili però ‘el talian’ sta subendo l’attacco del croato, ad esempio, i giovani quando scrivono in dialetto usano l’alfabeto croato”.
Una scoperta positiva
Lo studioso ci confida che per lui la CNI ha rappresentato una scoperta positiva: “La diffusione del dialetto in questa zona per me è stata un’assoluta novità. Quando sono venuto in Istria è stato molto curioso girare per questi paesi a me sconosciuti e lontanissimi e trovare persone che parlavano correntemente l’istroveneto. Poi, sono rimasto sorpreso anche dalla curiosità e dall’interesse che gli abitanti hanno manifestato per questo progetto, sia le persone qui presenti, ma anche tutte quelle che sono venute a farsi intervistare”.
Neš Sinožić, sindaco del Comune di Verteneglio, ha rimarcato l’importanza del dialetto per i cittadini del luogo, che spesso lo considerano la loro madrelingua. “Secondo me, Verteneglio è una delle poche realtà istriane dove l’istroveneto viene parlato quotidianamente; anche noi dell’amministrazione comunale la usiamo tutti i giorni. Capire che le nostre radici sono le stesse di quelle degli abitanti di Villorba ci dà una base solida per costruire un futuro inclusivo, essendo da sempre l’Istria terra di frontiera – commenta il primo cittadino –. Questo volume va a costruire un ponte al di là del confine che è una linea immaginaria che divide gli individui. Noi volevamo collegare e far capire, in primis ai più giovani, che le persone sono le stesse e che la lingua è molto simile, anche se da secoli non siamo più sotto la stessa amministrazione”.
La vicepresidente della Regione istriana, Jessica Acquavita, nel suo intervento ha voluto porre l’accento sull’importanza e sulla bellezza della parola ponte, vocabolo che unisce al di là delle divisioni e dei confini. “Da anni stiamo partecipando a progetti volti a valorizzare e tutelare il nostro patrimonio. Questo volume si inserisce in questa serie, proponendo un’altra bella collaborazione, quindi complimenti per l’ottimo lavoro”.
L’intervento di Daniele Marcuglia si è basato sul confronto delle tradizioni popolari in Veneto e in Istria. Dallo studio nato soprattutto dal paragone di alcuni ambiti specifici quali le feste popolari, i riti nel corso dell’anno e i cibi peculiari è emersa tutta una serie di somiglianze, più evidenti delle divergenze. I risultati sono il frutto di un confronto di fonti bibliografiche e di interviste ad anziani e altre persone che hanno messo in evidenza “i secolari legami politici, storici e geografici presenti tra le due aree così simili tra loro, pur nelle differenti vicende storiche dell’ultimo periodo”.
Un volume importante, volto a renderci più coscienti del nostro dialetto, delle sue radici e delle influenze che subisce, analizzando il passato, ma con uno sguardo rivolto al futuro.

Foto: NICOLE MIŠON
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